Un ruvese a Lusaka: storia dell’imprenditore Donato Elicio
La caparbietà è una dote che non manca a Donato Elicio, imprenditore ruvese che ha fondato, in Zambia, la “DO.&TO. Import-Export Ltd”, un’azienda attiva nella distribuzione di prodotti alimentari e “no food”, dopo un periodo denso di difficoltà e sconforto, dovuto alla perdita del lavoro.
Lui è riuscito a superare tutto questo grazie all’amore della sua famiglia e alla proverbiale cocciutaggine ruvese, appunto. E tutto questo emerge dall’intervista.
Come è maturata la sua decisione di trasferirsi in Zambia?
«Per rispondere a questa domanda devo narrarle una storia un po’ lunga, che ha inizio con la perdita del lavoro. Avvertivo la responsabilità, come padre, di garantire ai miei figli, Vito e Francesca, quello di cui avevano goduto fino ad allora.
Sono stati momenti difficili, per non dire drammatici dal momento che perdere o dover cambiare lavoro a trentasette anni, perché la tua azienda chiude a causa della crisi, apre delle incognite angoscianti.
Perso il lavoro, ho trascorso un anno e mezzo con la forza di un leone, pronto a far tutto pur di portare a casa lo stipendio, ma più il tempo passava, più mi accorgevo che la mia voglia di continuare a lavorare si scontrava con una domanda di lavoro non consona alla mia età ed esperienza…Molto amaro constatare questo!
Ero lì che vagavo fra il “che fine farò?”, i miei figli e la consapevolezza di avere ancora tante forze a disposizione per rimettermi in gioco. Non potevo esternare le mie paure alla mia famiglia:dovevo sempre sorridere».
Cosa ha fatto in quel periodo?
«Non sono stato con le mani in mano e, da buon figlio di coltivatore diretto, ho lottato in tutti i modi per avere uno “stipendio”.
Al contempo, ho iniziato a studiare l’inglese, chiave d’accesso alle aziende estere. Accolsi l’invito di mio cugino, S.E. Mons. Nicola Girasoli, che Benedetto XVI aveva da poco nominato Arcivescovo e Nunzio Apostolico di Zambia e Malawi, a raggiungerlo in Zambia, ex colonia britannica, per perfezionare la conoscenza della lingua e, soprattutto, per recuperare le forze che stavano venendo meno anche a causa della scomparsa della mia amatissima sorella Lella. Ero distrutto».
Come è stato l’impatto?
«Il contrasto stridente tra estrema povertà ed eccessiva ricchezza, la sensazione di non produrre nulla per i miei figli, il futuro incerto mi indussero a partire dallo Zambia, dopo aver ringraziato mio cugino».
Quindi torna in Italia.
«Sì, ma dopo tredici mesi trascorsi tra colloqui e lavori in campagna, senza alcuna prospettiva, decido di tornare in Zambia, con i suoi contrasti, è vero, ma forse ricca di opportunità. Magari questa terra avrebbe dato ascolto alle mie forze».
E, una volta in Zambia, fonda la “DO.&TO. Import-Export Ltd”.
«Precisamente. Incontro un connazionale, Antonio Sciarrino, per me diventato un fratello, e fondiamo questa azienda, importante per noi e per la popolazione locale».
Lei in Zambia è un immigrato: ha trovato difficoltà all’inizio come imprenditore?
«Beh. Non ho trovato agevolazioni, ma alla fine sono riuscito a superarle. Certo, il regime fiscale è molto rigoroso e le tasse sono alte. Tutto sommato, ripeto, ho costruito una bella realtà. Io credo che chi ha veramente “fame” ed è perseverante può raggiungere i propri obiettivi, ovunque si trovi. Io e tutti gli altri immigrati in Zambia, così come tutti gli immigrati stranieri in Italia, abbiamo saziato la nostra fame e ce l’abbiamo fatta».
Come vive il suo distacco con la famiglia e con Ruvo di Puglia?
«Lo vivo abbastanza bene perché grazie a Skype e ai social sono vicino alla mia famiglia e ai miei amici. E anche a Ruvo di Puglia, certo, anche se non è la stessa cosa passeggiare per le vie della mia città e vederla in foto. Amo follemente Ruvo di Puglia, città di cui sento il profumo già quando l’aereo sorvola l’Italia, nei rari momenti in cui vi giungo.
Vorrei stare costantemente a contatto coi miei figli, con la mia famiglia, i miei amici: mi manca enormemente abbracciarli, dare loro pacche sulla schiena ma, ripeto, i social sopperiscono alla mancanza di contatto “face to face”.
Ai miei figli faccio sentire la presenza morale quotidiana. Mia figlia Francesca ha tredici anni e frequenta la 3^ media, mio figlio Vito diciotto anni e frequenta l’ultimo anno delle scuole superiori…Sono il mio orgoglio e credo di esserlo anche io per loro!
Vivo i loro momenti, condividiamo tutto, sono anche presente a scuola, contattando i docenti tramite mail e telefono e, se sono a Ruvo di Puglia, partecipo alle riunioni di classe. Quando Francesca era più piccola, ho fatto salti mortali, venendo in Italia anche quattro volte all’anno, facendo loro una sorpresa, sempre: bussavo al campanello e al “chi è?” ho sempre risposto “Papà!”. Volevo dimostrare che 11.500 chilometri di distanza non mi avrebbero mai impedito di essere con loro, per aiutarli o per vivere i momenti importanti. Il 18 dicembre scorso, dopo nove anni di distacco, di pianti, nove anni di alti e bassi, mi ha raggiunto Vito e ha potuto vedere la bellissima realtà che ho costruito, gli ottimi rapporti che ho instaurato con le popolazioni locali».
Come sono i paesaggi dello Zambia?
«Meravigliosi. Natura selvaggia, clima mite, panorami mozzafiato e incontaminati».
A proposito, che rapporti ha instaurato con gli abitanti di Lusaka?
«I rapporti con la popolazione locale sono ottimi, perché io non dimentico mai che lo Zambia non è la mia terra e che devo rispettarla, devo rispettare le usanze locali, la sua identità. Poi ci sono anche molti connazionali, che condividono i miei principi, motivo per cui, nel 2013, con loro ho fondato l’associazione “Italiani in Zambia”. Ci trovate su Facebook: potrete vedere cosa facciamo. Credo che diverse culture possano convivere se c’è armonia e rispetto reciproco».
Lei fa anche molta beneficenza.
«Le rispondo solo che nessuna persona al mondo è in grado di aiutare tutti, ma se lungo il nostro cammino ci fermassimo ad ascoltare il più bisognoso e ad aiutarlo, sarà pure una goccia d’acqua ma quella goccia riempirà l’oceano».
Cosa consiglia a chi non riesce a trovare un lavoro e non intravede alcuna luce in fondo al tunnel?
«Gli direi di non mollare mai, di trovare le motivazioni giuste. Siamo figli di contadini, abbiamo la “tigna” ruvese, la caparbietà. Siamo vincenti».