Un convegno e uno spettacolo teatrale per parlare di orfani bianchi e “sindrome Italia”
Sabato e domenica a Ruvo di Puglia, doppio appuntamento dedicato al tema della condizione delle “badanti” e dei loro orfani bianchi.
Sabato 24 marzo, ore 18.00, nella sala conferenze di Palazzo Caputi, si terrà un incontro pubblico organizzato dal Comune di Ruvo di Puglia – Assessorato alle Politiche Sociali e Assessorato alla Cultura, in collaborazione con Nina Balan, Kuziba Teatro e Teatro Comunale Ruvo di Puglia
All’incontro parteciperanno Silvia Dumitrache, presidentessa dell’Associazione “Donne Rumene” in Italia ed esperta sul tema della cosiddetta “sindrome Italia” e degli orfani bianchi, l’autrice e regista Raffaella Giancipoli, il critico teatrale Nicola Viesti,giornalista del Corriere del Mezzogiorno e Nina Balan, cittadina rumena che vive con tutta la sua famiglia a Ruvo di Puglia e che ha curato la consulenza linguistica dello spettacolo.
Modererà l’Assessora alle Politiche Sociali del Comune di Ruvo di Puglia Monica Montaruli.
Domenica 25 marzo, alle ore 21.00, presso il Teatro Comunale di Ruvo di Puglia, per la rassegna “Profeti in patria”, andrà invece in scena lo spettacolo “L’estranea di casa” di e con Raffaella Giancipoli (Kuziba Teatro).
Chi sono queste donne che arrivano dalla Romania, dalla Polonia, dall’Ucraina, dalla Moldavia, cioè chi sono prima di essere badanti? Chi sono state? Cosa hanno lasciato a casa? Cosa immaginano per il futuro?
Sono donne che abbandonano la propria famiglia per occuparsi della famiglia di qualcun altro.
1.700.000 donne migranti: filippine, sudamericane, ucraine, polacche, moldave, rumene. Grazie al passaparola tra connazionali sono incoraggiate a partire. Spesso scelgono di andarsene di notte, mettendo a letto i figli come tutte le sere e poi loro si sentono dire al mattino: “la mamma non c’è stamattina, è partita, qualche settimana e poi torna”. Le donne intanto arrivano in Italia, sole. Trovano presto lavoro e convivono con la nonna o il nonno fino a quando l’anziano muore. E tutto ricomincia, nella solitudine e troppo spesso nel dolore.
Un paradosso reso ancor più stridente dal conseguente e tragico fenomeno degli orfani bianchi: bambini rumeni e moldavi orfani di madri vive, madri partire, che vivono altrove, in case e in famiglie di altri mentre loro restano soli o vengono affidati a sorelle, zie, nonni o ai padri. Solo in Romania questi orfani sono 350.000, dal 2008 ad oggi 40 di questi bambini si sono persino tolti la vita.
Fare la badante non è solo un lavoro, ma una condizione dell’intimità caratterizzata da una strutturale sospensione; una modalità dell’esistenza che porta a vivere una doppia vita: da un lato la vita di prima, quella nel proprio paese, una vita in attesa di essere vissuta di nuovo, nella quale le donne migrate sono presenti attraverso regali, soldi, telefonate e pensieri; dall’altro lato la vita di ora, quella in Italia, una vita temporanea sì, ma vissuta in carne e ossa, ventiquattrore su ventiquattro. Ciò che più colpisce ascoltando le loro storie, guardando i documentari che le riguardano, leggendo libri che parlano di e con loro, è il grande paradosso della loro condizione: hanno dovuto abbandonare figli, mariti, fratelli e genitori, sradicarsi volontariamente dai propri affetti e dalle proprie relazioni per trasferirsi in Italia, dove il lavoro che le aspetta, le chiama a dare affetto, a ‘tenere insieme’ le nostre famiglie occupandosi dei componenti più deboli: gli anziani.
Lo spettacolo “L’estranea di casa” nasce proprio da qui, dall’improvviso risveglio dal torpore dell’abitudine, dalla necessità di fermare un attimo lo sguardo sulle donne che da anni attraversano vite parallele alle nostre senza essere viste veramente. O meglio, senza essere viste se non come badanti, una categoria che le spersonalizza.
Luca Basso