UN ANNO SENZA “IL PRESIDENTE”. IL FIGLIO MICHELE: “I RICORDI LO TENGONO IN VITA CON NOI”
“Come può uno scoglio, arginare il mare”… specie se quel mare si chiama flusso della vita, di chi rimane e di chi va via. Il lutto è qualcosa che lascia il vuoto, un punto fermo che origina nell’uomo un percorso differente. E l’idea che non si vada mai via da qui, che si viva nei ricordi degli altri, prolungando quella conoscenza interiorizzata, vicina al cuore, ma terribilmente lontana.
“Anche se non voglio, torno già a volare”…con la multipla di colore verde o il motorino e l’innata allegria, il piacere di vivere la vita. Per gli altri, con un grande egoismo verso sé stesso e i familiari prossimi. Un anno senza Mimmo Ciliberti è sembrato una vita intera. Senza il suo sorriso, il suo buonumore: il vuoto colmato dai ricordi, come se nulla fosse accaduto. “La grande considerazione della gente nei suoi confronti era inimmaginabile”. Con un minimo di commozione a 365 giorni da quel momento drammatico, parla Michele Ciliberti, uno dei due figli maschi del Presidente. Lui e Pucci, suoi orgogli, anche se i complimenti sono rimasti nei cuori degli altri: “Noi Ciliberti siamo molto riservati e spesso conserviamo per noi le attenzioni belle. Non mi faceva giocare per paura che qualcuno lo criticasse per il fatto di far giocare il figlio a discapito degli altri. Così cominciai a fare l’arbitro, ma non mi ha mai detto cosa ne pensasse di me. L’ho saputo dagli altri”.
Un grande affetto che ha circondato la famiglia Ciliberti: “E’ bello che la gente ti fermi per strada e ti racconti aneddoti. Ti tengono vivo, lo fanno sentire qui con noi. Non se n’è mai andato”. Il racconto è di un uomo laborioso dedito al lavoro e agli altri, con la grande passione per il calcio e per le cose fatte per bene. Un calcio lontano da quello attuale, una scuola calcio palestra di vita piuttosto che sfilata di moda per raccomandati: “Era un calcio poetico dove ci si sbucciava le ginocchia, si lottava per un obiettivo comune e soprattutto si faceva squadra. Oggi si punta molto sui borsoni, i kit firmati, all’epoca si arrivava al campo con la busta di plastica e si badava a a sfornare talenti raccolti tra le strade. Si puntava sui valori, sul rispetto delle regole”.
Un orgoglio reciproco lato padre, sponda figli: “Era un moto perpetuo. I tesserati diventavano primogeniti e spesso venivano prima di quelli reali. Avrei voluto dire qualche volta in più quanto fossi onorato di lui come padre”. Innamorato del Bari, ha seguito l’Inter, prima di innamorarsi dell’azienda Juventus: “Le sue due fedi sono state quella bianco-rossa e quella del Ruvo. Tutto il resto lo seguiva per scrutarne segreti e imparare qualcosa dagli altri. Nell’ultimo periodo ha seguito fortemente la Juventus un pò perchè in molti l’attaccavano e lui ne prendeva le difese e un pò per le caratteristiche quasi perfette dell’azienda“.
La sua opera che continua si tramanda di giorno in giorno nelle storie e nei racconti di chi l’ha conosciuto e vissuto. “Un presidente, c’è solo un presidente”, cantano gli angeli ultras, mentre si gioca a calcio sulle “distese azzurre e le verdi terre”.
Una Celebrazione Eucaristica alle ore 18.00 lo ricorderà presso la Chiesa di San Giacomo Apostolo.