Umanità e competenza contro la violenza domestica. Molti casi a Ruvo di Puglia
“Vasi di porcellana” sono le donne che si presentano nei Centri AntiViolenza o si incontrano per strada, nei luoghi di lavoro, a scuola e, magari, vivono proprio accanto a noi.
Sono fragili, sospettose e reticenti, oppure fingono sicurezza, ma il linguaggio del corpo non mente perché esso urla una richiesta di aiuto. Da accogliere con tatto, rispetto e pragmatismo.
Un compito che spetta soprattutto agli operatori sociali, alle associazioni di volontariato, ai gruppi o cittadini a cui era rivolta la tappa ruvese del primo ciclo di incontri dedicati alla “violenza domestica”. Gli incontri sono previsti nell’ambito di “Fenice”, programma promosso dall’Ambito Territoriale di Corato-Ruvo di Puglia-Terlizzi e realizzato dal Centro Antiviolenza “RiscoprirSi…”.
L’incontro si è svolto nello stesso giorno in cui è stata data notizia della prima sentenza sulla “violenza domestica” (CEDU, sez.I, sentenza 02/03/2017, n° 41237/14) con cui la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha condannato lo Stato italiano per non aver protetto, adeguatamente e in tempi ragionevoli, una donna e suo figlio dagli atti di violenza domestica posti in essere dal marito della donna, atti che hanno, poi, condotto all’omicidio del figlio stesso e al tentato omicidio della moglie.
La violenza tra le quattro pareti è un fenomeno molto diffuso anche a Ruvo di Puglia, come hanno rivelato le diverse testimonianze degli operatori presenti all’incontro.
Un filo rosso collega le tristi esperienze narrate dinanzi all’avvocatessa Roberta Schiralli, socia e consulente legale presso il CAV “RiscoprirSi”, e all’assessora alle Politiche Sociali Monica Montaruli: la difficoltà delle vittime a riconoscere la violenza o, se riconosciuta, a parlarne. Perché si vuole proteggere la persona con la quale si vuole condividere la vita. Anche se fa del male.
Il modo più semplice, tuttavia, per abbattere il muro di dolore è l’ascolto “empatico” e razionale. E’ sufficiente dire «Ti do un numero. Ti ascolteranno e ti saranno vicini».
Magari, si potrebbe suggerire di non subire violenza anche per amore dei figli, vittime di “violenza assistita” che è un reato.
Quindi, non è necessario proporre soluzioni drastiche, suggerite sull’onda dell’emotività e senza avere la necessaria competenza e professionalità. Perché non è possibile trovare soluzioni rapide, definitive e semplici. Ma solo il fatto di ascoltare e di parlarne aiuta molto.
A Ruvo di Puglia, questo è possibile recandosi presso lo Sportello del CAV “Riscoprirsi”, il lunedì pomeriggio, dalle 17.30 alle 19.00, in via Solferino 1. Possono rivolgersi tutti coloro che sono vittime di violenza, a prescindere dal proprio orientamento sessuale. Sono garantiti anonimato, riservatezza e gratuità. I servizi offerti sono: ascolto (anche telefonico h24), aiuto e sostegno psicologico, psicoterapia, consulenza legale civile e penale, orientamento per inserimento sociale e lavorativo, attività di rete con i servizi territoriali (tel. 0883 764901; cell. 380 3450670).
Schiralli ha spiegato, inoltre, come la violenza domestica formi un cerchio, un ciclo dove la tensione culmina nell’aggressione, fisica o psicologica, cui segue il pentimento e perdono con il ritorno a uno stato di affettività. Momentaneo.
Per interrompere questo circolo, è fondamentale il contributo della vittima stessa che deve avere consapevolezza della violenza ma è importante che altri ne riconoscano i segnali e agiscano “in punta di piedi”. E negli “altri” sono ricomprese anche le istituzioni, le Forze dell’Ordine, come sottolineato dall’assessora Montaruli, che devono essere adeguatamente preparate ad affrontare questo problema e devono formare una rete tra loro e con i cittadini.
Le scuole sono molto sensibili a queste tematiche. Schiralli ha raccontato come, al termine dei convegni dedicati alla violenza domestica, alcune ragazzine si avvicinino a lei, consegnando un numero di telefono. Perché vogliono parlare, ne hanno bisogno; perché vogliono avere la forza di dire “No” al fidanzatino che impone loro di non andare in gita scolastica. Perché, nel loro cuore, sanno che questo non va bene, non è amore.
Una considerazione molto importante è emersa, infine: è necessario imparare a chiamare le cose col proprio nome. «Non esiste l’amore malato, l’amore criminale. L’amore è amore, è il bene. Non è violenza. Mai» conclude Schiralli.
Il prossimo incontro si svolgerà lunedì 6 marzo a Terlizzi.