Cultura

“U’Aggigghje de le Revetole” e l’anima contadina ruvese

Vividi bozzetti di antica quotidianità evochiamo, nella nostra mente, quando ascoltiamo canti in vernacolo, accompagnati da strumenti musicali, alcuni dei quali autentiche testimonianze del patrimonio folklorico, come il putipù e il triccheballacche, dalle sonorità gioiosamente del Sud e orgogliosamente protagonisti di spettacoli di cultura popolare locale.

E’ quello che avviene quando si assiste a uno spettacolo del gruppo culturale folklorico “U’Aggigghje de le Revetole”, nato, «come l’Araba Fenice» dalle ceneri del gruppo folk ruvese “U’Aggigghje”, «per volere di alcuni componenti dello storico gruppo», si legge nel profilo del blog dell’associazione.

Lo storico gruppo “U’Aggigghje”

«Abbiamo aggiunto “de le Revetole”  per il duplice significato del nome. Infatti, i ruvesi, nel dialetto antico, anche nei paesi limitrofi, erano e sono chiamati “Revetole”. Inoltre, tale parola indica il rovo, la pianta che cresce sul ciglio delle strade nel nostro agro, simbolo del nostro carattere un po’ ruvido e aspro» racconta Angelo Fiore, presidente dell’omonima associazione culturale e folklorica nonché direttore e fisarmonicista del gruppo.

“U’aggigghje”, invece, fa pensare a vivaci germogli, alla rinascita, all’allegria delle feste contadine per i generosi raccolti o si inaugurava la stagione agricola, una gioia che leniva la fatica e l’asprezza del lavoro nei campi, in una comunità dedita prevalentemente all’agricoltura. E non sempre il cielo e la terra erano e sono clementi.

Quando nasce “U’Aggigghje de le Revetole”?
«Si dovrebbe dire che ri-nasce nel 2013, quando io e altri quattordici componenti del vecchio gruppo folk “U’Aggigghje”, nato nel 1975 e scioltosi a fine anni Ottanta, abbiamo deciso di rispolverare l’antico repertorio e, al contempo, di ampliarlo con musiche, canti, liriche dei nostri poeti vernacolari, come Nicola Campanale, Pietro Stragapede, Nicola Stragapede. L’associazione culturale “U’Aggigghje de le Revetole”, accreditata nell’Albo delle associazioni culturali rubastine, è nata con l’obiettivo di raccogliere, conservare e tenere sempre vive le tradizioni autentiche dei ruvesi, valorizzandone le radici contadine».

Custodi dell’autentico spirito ruvese, fra terra, musica e poesia. Quali sono le fonti da cui attingete per recuperare tale ricchezza?
«I ricordi dei nostri concittadini più anziani, le foto, gli oggetti ritrovati e riscoperti nei mercatini delle pulci, nelle botteghe e negozi di antiquariato. Li abbiamo studiati, analizzati e, da lì abbiamo ricostruito gli ambienti, usi e costumi dei ruvesi dall’Ottocento ai giorni nostri. Si tratta di un tesoro che, col passare del tempo, diventa più consistente e di valore inestimabile».

Un tesoro di oralità e oggetti che fanno pensare alle mani ruvide che li hanno sfiorati, ai dialoghi, ai battibecchi e alle conversazioni che avranno udito, alla luce di una lampada ad olio, nel dialetto rubastino.

“U’Aggigghje de le Revetole” durante la seconda edizione de “La Sagra della civiltà contadina e degli Antichi Mestieri” a Ruvo di Puglia (ph. Veronique Fracchiolla)

Quindi i costumi che indossate durante gli spettacoli sono fedeli riproduzioni degli “abiti della festa” dei nostri avi?
«Sì. Abbiamo preso spunto dalle fotografie d’epoca custodite dalle varie confraternite ruvesi che ritraggono feste e processioni locali e le dirò una cosa in più. Tra i nostri progetti figura la realizzazione di un Museo della civiltà contadina a Ruvo di Puglia, che custodisca reperti del mondo agricolo e della quotidianità contadina ruvese. Le cantine di molti nostri palazzi d’epoca sono scrigni di questi oggetti che censiti, catalogati ed eventualmente restaurati, potrebbero narrare la nostra storia e tramandarla alle future generazioni».

Un racconto che affascinerebbe e incuriosirebbe i più giovani, senza dubbio. Ma uno spaccato della vita non bucolicamente idilliaca dei ruvesi di un tempo è restituito dalle poesie dei nostri poeti vernacolari, dalle canzoni nate dalla sapienza e dal vissuto popolare. Si pensi alla canzone “Quanne la panze ste vacande” sui tempi di magra che solo eventi particolari quanto rari interrompevano con l’uccisione di un maiale da cui si ricavava “La salsizze”, una pietanza che l’omonimo  canto suggerisce di mangiare in allegria e in condivisione per cui la padrona del maiale appena ucciso non si incupisca nel far partecipare tutta la comunità alla sua buona sorte.

Siete molto apprezzati a Ruvo di Puglia e nei dintorni.
«E’ un fatto che ci onora. Dal primo spettacolo, nel 2013, per il cinquantesimo anniversario della istituzione della Pro Loco di Ruvo di Puglia, passando per eventi benefici, rievocazioni storiche, le due edizioni de “La Sagra delle civiltà contadina e degli antichi mestieri” – che ritornerà –, la Sagra del Fungo Cardoncello di Gravina in Puglia sino alla “Sagra degli antichi sapori” a Corato, è stato un crescendo con lo spettacolo “La civiltà contadina”. Tanto che al gruppo si aggiungono persone provenienti da altri paesi, come Francesca, ballerina di tarantella pizzicata, da Corato o Pasquale da Terlizzi ed Antonio da Trani, talentuosi percussionisti».

Un “aggigghje” che contagia non solo i ruvesi, quindi. Nell’ultima esibizione coratina, per esempio, Angela, suonatrice di organetto, dopo aver assistito allo spettacolo ha espresso il desiderio di entrare tra gli “aggigghjuse” dell’associazione ruvese.

Chi può far parte del gruppo?
«Chiunque. E’ sufficiente avere passione, voglia di stare insieme e, perché no?, al bisogno anche un po’ di disciplina. Ci riuniamo una volta a settimana per approfondire le lezioni di canto e per migliorare il nostro repertorio, provando e riprovando musiche, canti e scenette. A dire il vero, cerchiamo una sede associativa più ampia, come per esempio l’ex Biblioteca Comunale in Largo Le Croci o la ex sede dell’Ufficio Sanitario e per questo confidiamo nell’appoggio dell’amministrazione comunale di Ruvo».

Quali “fonti di sostentamento” ha l’associazione?
«Siamo un’associazione no-profit e, quindi, ci sosteniamo col tesseramento e con le elargizioni provenienti dagli spettacoli, in luoghi pubblici e privati, che sono affini alle attività legate all’associazione. E’ un po’ difficile, ultimamente, trovare piazze disponibili anche a causa delle incognite relative alla sicurezza. Predisporre delle misure adeguate, quali l’innalzamento di barriere New Jersey, comporta costi per le pubbliche amministrazioni e Comitati Feste Patronali già oberati da problemi economici. Nonostante tutto, cerchiamo di andare avanti anche perché alla nascente paura tutti dobbiamo – e facciamo bene – opporre la gioia di vivere».

Oltre che nei dintorni, avete pensato di portare lo spirito dei ruvesi anche nel resto d’Italia e…oltre confine?
«Dal prossimo anno, associandoci all’UFI (Associazione Folklorica Italiana), sarà più semplice essere inseriti in un circuito internazionale che ci porterà lungo lo Stivale ed all’estero».

Progetti in cantiere per gli “Aggigghjeuse”?

«Ci stiamo preparando per il Natale. Canteremo nenie natalizie durante la nona edizione del “Presepe Vivente per le strade del borgo antico” (16, 17, 26, 30 dicembre 2017 e 4, 5 gennaio 2018). Inoltre, il 23 dicembre, nel contesto della seconda edizione di “Luci e suoni d’artista”, nei pressi della capanna a Piazza Dante, presenteremo il nostro concerto di musica popolare “La Civiltà Contadina”. Le esibizioni folkloriche natalizie a titolo gratuito sono una delle tradizioni più radicate del nostro gruppo. A tal proposito, mi piace ricordare quando in Piazza Menotti Garibaldi, a “re vigne de la chiazze”, nella mattina della Vigilia, alcuni componenti del gruppo “U’Aggigghje” travestiti da pastori, con un asinello, percorrevano le viuzze del centro antico e raccoglievano doni da portare ai bimbi meno fortunati. La notte di Natale, poi, sempre in Piazza dell’Orologio, si celebrava la Messa, animata da canti e nenie natalizie in dialetto ruvese. Sarebbe bello ritornare a queste tradizioni, ma gli asinelli…dove li troviamo?».

Con questa scherzosa conclusione, si conclude la conversazione con Angelo Fiore il quale, con gli altri “aggigghjeuse”, dà risalto all’«arte di custodire le tradizioni», mission dell’associazione folklorica.

(Fotografie © U’Aggigghje de le Revetole)

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