TORNANO LE “QUARANTANE” IN CITTA’
Collocate questa mattina le Quarantane nel cielo della città. La foto si riferisce all’installazione in Piazza Dante da parte di Matteo Miccoli.
Michele Pellicani ci parla di uno dei personaggi simbolici, più strani e allo stesso tempo interessanti del periodo quaresimale ruvese, è la Quarantana: un fantoccio dalle sembianze di vecchia vestita di nero.
“Questa tradizione è strettamente legata al Carnevale. La Quarantana viene considerata la “moglie” di Carnevale che, nell’usanza ruvese, è identificato dalla maschera di Mbà Rocchetidde Cape de Rafanidde. La “vecchia donna in gramaglie” viene posta a penzoloni per le vie del paese a partire dalla mezzanotte del martedì grasso, dopo aver dato alle fiamme suo marito. “E mùrt Carnevòle e na’nze chjange chiue”. Questo detto popolare, ancora oggi molto diffuso, sta ad indicare che non si tratta di una morte per cui piangere, ma una morte da festeggiare perché pone fine a un anno di amarezze e da inizio ad un nuovo ciclo di vita. Le origini della Quarantana derivano dagli antichi riti del mondo greco, trasmessi poi alle popolazioni della Magna Grecia. Funzioni propiziatorie aveva, infatti, il culto a Dionisio, dio della fertilità, nelle cui feste venivano appesi agli alberi gli “oscilla”, dischi decorati, che esposti all’azione del vento esercitavano un’azione apotropica, atta ad allontanare gli spiriti malefici. Gli stessi riti vennero poi ripresi dagli antichi romani nelle feste dedite al culto di Bacco. Con il passare del tempo questi rituali si sono fusi con le tradizioni carnevalesche e quaresimali locali, e hanno dato origine alle Quarantane. Numerosi significati accompagnano la Quarantana: la veste nera simboleggia la penitenza; il fuso e una canocchia sono il simbolo del lavoro femminile e del tempo che passa, con diretto riferimento alle parche della mitologia; un melograno (simbolo della resurrezione del dio Dionisio), oggi sostituito da un’arancia, è il simbolo dell’inverno che va via; le sette penne di gallina, conficcate nel frutto, rappresentano le settimane della Quaresima, e vengono tolte una per settimana sino al giorno di Pasqua; l’aringa è il simbolo dell’astinenza, poichè nel periodo quaresimale sostituiva carne, grassi, uova e latticini. Persino le padelle venivano ripulite con cura per sviare gli odori tentatori delle succulente pietanze consumate nel periodo carnevalesco. Il giorno di Pasqua, al passaggio della processione della statua del Cristo Risorto, una delle poche in Puglia, avviene il rito-spettacolo dello scoppio della Quarantana, tra il tripudio generale dei presenti. In passato dal modo in cui veniva inghiottita dalle fiamme, i nostri avi traevano gli auspici per la successiva annata agraria. La sua esplosione rappresentava, e rappresenta tutt’oggi, la vittoria della vita sulla morte, delle gioie sugli stenti e sui sacrifici, e della primavera sul freddo inverno”.