Sport

STORIE DI SPORTIVI RUVESI: MIRKO CANTATORE E L’AMORE PER IL KARATE

Il nostro viaggio alla ricerca delle storie degli sportivi ruvesi prosegue con la storia di Mirko Cantatore e della sua passione per il karate.

Il ruvese vanta di un palmarès di tutto rispetto: due volte campione d’Italia, due titoli italiani a squadre in prestito alla società “Kodokan” di Firenze, un titolo italiano per rappresentative regionale, settimo classificato al campionato europeo per regioni. Tutte le competizioni citate sono state effettuate nella Federazione Fijlkam, l’unica riconosciuta dal Coni e autorizzata per l’accesso alle gare di qualificazione per le Olimpiadi.

Un viaggio che, quest’oggi, non può non cominciare dall’isola Okinawa, a sud-est del Giappone, luogo in cui nacque questo sport nel XV secolo.

Etimologicamente il termine giapponese “karate” è composto da due caratteri: “kara“, che significa vuoto e “te” che significa mano. Ovvero disciplina che si pratica senza armi, a “mano vuota“.

Ma si tratta di un insegnamento che non è solo uno sport che insegna a parare o a colpire, è un vero e proprio stile di vita.

Il karate – racconta Mirko Cantatore – è stato amore a prima vista. Ho iniziato la mia avventura nel lontano 2003, alla tenera età di sette anni, spronato da mio padre ad abbracciare la sua stessa passione, tramandata anche a mio fratello“.

Non è facile spiegare – continua – cosa sia indossare il kimono. Si ha la sensazione di essere un guerriero che indossa un’armatura che ti permette di sconfiggere qualsiasi cosa, qualsiasi avversario, qualsiasi tua insicurezza.

Ed è proprio il guerriero un attore fondamentale nella crescita di ogni neofita. Ad esso, infatti, sono accostate delle caratteristiche che vengono tramandate dal maestro a ogni allievo. Si tratta delle regole del “Bushido”, appunto la via del guerriero. Esse insegnano a ogni praticante un concetto di cavalleria, ovvero integrità, rispetto, coraggio eroico, onore, compassione, onestà e sincerità, impegno e lealtà.
Questi valori sono la colonna portante del karate e delle arti marziali“.

Un percorso fatto al fianco di Giuseppe Di Domenico, campione del Mondo e d’Europa nel 2002. “E’ stata una persona molto importante nella mia crescita agonistica – aggiunge il ruvese – è stato mio idolo ma non solo, anche maestro, amico e fratello“.

Una carriera fatta di alti e bassi, di gioie e dolori ma, senza dubbio, di costanza, determinazione e tanta passione.

La mia vittoria più bella – continua – è stata il secondo titolo italiano singolo che, sommato ai vari Campionati Italiani di diverse tipologie, in realtà è il quinto.

E’ stato il successo che mi ha dato la possibilità di credere ancor di più nel mio sogno, ovvero quello di diventare un professionista. 

La mia carriera, però, è stata segnata anche da momenti difficili. Nel dicembre 2013 ho subito un infortunio alla schiena che mi ha tenuto fuori dal tatami per nove mesi. Nel 2015, invece, dopo un secondo infortunio, questa volta alla mandibola, ho subito una sorta di trasformazione, sia come uomo che come sportivo.

Dopo una prima fase di riabilitazione, ho iniziato il mio percorso nell’insegnamento che mi ha portato a creare una nuova realtà nella vicina Mariotto.

Ogni giorno, grazie alle mie esperienze e al mio amore per questo sport, provo a insegnare ai miei allievi i principi del bushido e a essere non solo un maestro, ma anche un amico e un fratello“.

La pandemia da Covid-19, purtroppo, ha messo in seria difficoltà anche questo sport. Conclude il ruvese: “Questo allontanamento dai corsi ha portato a un annullamento di tutti gli insegnamenti fatti negli ultimi anni e a una paura che circonda gli sport da contatto al chiuso.
Ho fiducia nelle istituzioni anche se, per gli sport come il mio, non vedo un roseo futuro“.

 

 

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