Sport

STORIE DI SPORTIVI RUVESI: EMILIO CAROFIGLIO E LA PASSIONE PER LA PALLAVOLO

Il martedì, su Ruvesi.it, è il giorno dedicato alle storie degli sportivi ruvesi, ai loro racconti e alle loro passioni.

Oggi chiameremo un time-out per raccontare la storia di Emilio Carofiglio e dell’amore, nato quasi per caso, per la pallavolo.

Da piccolo – inizia a raccontare lo sportivo ruvese – la mia passione più grande è sempre stata il calcio, essendo tifoso della Juventus. Alle scuole medie avevo una Professoressa appassionata di pallavolo che, durante le sue ore di attività motoria, ci insegnava i fondamentali di questo sport. Qualche anno dopo, quando frequentavo il primo superiore presso il Liceo Scientifico di Ruvo di Puglia, lessi su una bacheca un annuncio inerente a dei corsi di pallavolo. Letto l’avviso chiamai subito i miei compagni di classe delle scuole medie per proporre questa nuova avventura. 

Durante le prime lezioni di pallavolo indossavo perfino le scarpette da calcio e mi divertivo a fare punto con le rovesciate.

Nella mia crescita sportiva è stata importante la pazienza e la fiducia che hanno avuto in me alcuni allenatori, uno fra tutti Franco Cassano. Lui mi ha permesso di fare il centrale, insegnandomi la tecnica e i segreti di questo ruolo. 

All’età di 18 anni mi sono reso conto che le scuole di pallavolo di Ruvo di Puglia non potevano darmi più di tanto e quindi ho iniziato ad allenarmi a Molfetta.

Lì mi si è aperto un mondo. Ho conosciuto Luciana Volpicella, allenatrice che ha avuto tanta fiducia in me. Lì è iniziata la mia esplosione: sono migliorato tantissimo a livello tecnico, ho trovato dei compagni importanti e ho iniziato ad avere le prime belle prestazioni“.

Continua: “E’ stato un anno importante per me, che mi ha fatto crescere come giocatore, tanto da ricevere la chiamata in serie D dell’Andria. Esperienza iniziata grazie al mio amico Davide Caldarola, con cui ho condiviso tantissime esperienza nel campo da gioco. Con l’Andria abbiamo vinto il campionato di serie D passando in serie B2, in cui abbiamo esordito giocando contro la squadra salentina di Acquarica del Capo. L’anno successivo fui convocato nella prima squadra, per disputare il campionato di serie B2.

A dirigere quel gruppo c’era Julian Lozowy, allenatore argentino che aveva tanta fiducia in me, tanto da farmi giocare, alla prima di campionato, contro Ottaviano (squadra che vinse il campionato senza alcuna sconfitta). Lui, senza dubbio, è l’allenatore che mi resta più nel cuore. 

Ad Andria ho giocato per quattro anni. Due anni fa, poi, è arrivata la chiamata dal Taranto. Società che stava costruendo una squadra per salire in A3 e, infatti, ci eravamo quasi riusciti. Dopo un campionato di quasi tutte vittorie ci siamo classificati per i play-off, vincendo la semifinale contro Modica. Però, purtroppo, perdemmo la finale per 3 set a 2. Siamo stati eliminati a un passo dalla promozione. Questa è stata la sconfitta più brutta della mia carriera, anche se, è stato l’anno sportivo più intenso“.

“L’anno scorso – aggiunge – è arrivata la chiamata di Civita Castellana. Altra squadra realizzata per fare un passo importante e salire in serie A.

E’ stata la mia prima esperienza fuori dalla Puglia. Un campionato perfetto in cui abbiamo anche disputato la Coppa Italia contro il Bari. Esperienza interrotta a causa della pandemia che ha bloccato tutti i campionati. Questo è stato un altro momento difficilissimo per me.

Quest’anno vesto la maglia del Molfetta. E’ una squadra a cui tengo tantissimo perché è stata importante per la mia crescita personale. Era la squadra che seguivo da piccolino dagli spalti e non ho esitato ad accettare questa proposta. Ci stiamo togliendo belle soddisfazioni, dobbiamo continuare così, sperando che vada tutto per il meglio”.

Conclude: “Lo sportivo che ammiro di più è Cristiano Ronaldo, non tanto per quello che ha vinto, ma per come è cresciuto nel corso degli anni costruendosi in palestra, negli allenamenti, nella sua dedizione al lavoro, nel suo sacrificio. E’ unico nel suo genere. Non è nato con il talento, ma è diventato, con gli allenamenti e con il sacrificio, una macchina perfetta per il gioco del calcio

La pallavolo per me è passione, solo dopo è diventata un lavoro. E’ unione, affinità, gruppo, adrenalina. Sono tanti fattori che, mischiati, creano un mix letale. Ogni momento è importante per me, dalla preparazione al giorno della partita. Spero che tutto questo non finisca mai. Non riesco a immaginare un futuro senza pallavolo“.

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