Storie di angeli su formelle di ulivo. Riace, prima tappa della mostra “Mediterraneo senza spettatori – Naufragi con Angeli”
Ruvo di Puglia – Riace.
Due comunità legate da simbolici rami di ulivo, il cui legno tormentato si è trasformato in tante minuscole “tele” che accolgono ritratti di angeli, nati dalle acque del Mediterraneo.
Chi sono gli angeli? Gli angeli sono loro, i migranti, che, con la morte nel cuore, lasciano le terre devastate dalla guerra, dalla carestia, alla ricerca di un posto dove vivere. Semplicemente. Perché è insita in ogni essere umano – ogni essere umano! – l’istinto di sopravvivenza e la ricerca delle migliori condizioni di vita possibile. Ma ai migranti questo non è sempre garantito. Perché, spesso, il mare diventa coltre delle loro speranze. Questo avviene sotto gli occhi di “non spettatori”, persone non più capaci di entrare in empatia con l’altro. Ed ecco che la mostra itinerante “Mediterraneo senza spettatori – Naufragi con Angeli” cerca di restituire loro dignità. E’ una mostra di formelle di ulivo, decorate con disegni realizzati da bimbi, migranti, persone con un vissuto lacerato. I disegni sono storie di angeli, a cui è dato un nome con dei piccoli componimenti poetici, gli “haiku”. Non più numeri, i migranti “riacquistano” identità. La mostra è arricchita dalle fotografie di Donato Anselmi, Domenico Mastandrea e Marco Volpe, che hanno conferito un particolare significato alle formelle,
La mostra foto-iconografica, ideata e organizzata dalla Fondazione “Angelo Cesareo” di Ruvo di Puglia, in collaborazione con l’omonima associazione, e presentata a Ruvo di Puglia nel corso di una conferenza stampa, si è inaugurata nella città divenuta famosa per la scoperta dei due Bronzi e divenuta simbolo di accoglienza dei migranti, sin dal 1998, quando sbarcarono i primi curdi. Uno di loro, Baharam Acar, è stato ospite nell’incontro dedicato al “modello Riace”, il 28 aprile scorso, presso il Centro “L.I.N.E.A. Comune” di via Romanello.
“Mediterraneo senza spettatori – Naufragi con Angeli” che, da agosto sino ad aprile 2018, attraverserà l’Italia, toccando tappe dense di significato e valore, è stata accolta a Riace dal 3 al 6 agosto, in concomitanza con la rassegna “Riaceinfestival – Festival delle Migrazioni e delle Culture Locali”. Perché Riace, grazie a un “utopista realista” come il sindaco Mimmo Lucano, è divenuta un esempio di perfetta integrazione tra diverse culture. Ed è diventata un piccolo centro rinato a nuova vita grazie alla condivisione di cibo, spazio e saperi tra i riacesi, quelli rimasti, e i migranti.
Delle giornate riacesi è stato scritto un diario che riflette le impressioni, le riflessioni, le cronache di Nicola e Rosanna Cesareo, di Paola e Gianni Todisco, presidente dell’omonima associazione, di Mariella Milani, di Domenico Mastandrea, di Nicoletta Venuti e Walter.
Ecco alcuni brani, tratti dalla pagina Facebook “Mediterraneo senza Spettatori: Naufragi con angeli”.
«Arrivo nella Città dei Bronzi. 2 Agosto 2017. Dopo un non breve viaggio,…giungiamo, con il nostro carico di icone su formelle di ulivo e fotografie da Ruvo di Puglia, a Riace… Appena il tempo di sbarcare nel casolare assegnatoci a Riace Marina corriamo subito a Riace superiore. Ci chiama Gianni Todisco, il quale , già da qualche giorno , ha raggiunto , la nostra località per predisporre logisticamente l’allestimento della mostrar e curare il laboratorio di icone». La mostra-evento, infatti, intende arricchirsi, ogni volta che si raggiungerà una tappa, di nuove formelle, di nuove interpretazioni, di nuovi angeli attraverso laboratori artigianali. Il laboratorio è in un frantoio che si affaccia su un Belvedere. «La notizia che ci viene subito comunicata da Gianni è l’intensa partecipazione non solo dei cittadini di Riace, ma soprattutto degli ospiti emigranti a detto laboratorio».
Ma non sono solo riacesi e migranti coloro che sono interessati a creare formelle. «Protagonisti, in questi primi giorni di laboratori che – ci racconta Gianni – non sempre è stato semplice gestire, sono stati africani, una famiglia di siriani, curiosi turisti “dell’anima”, svedesi, svizzeri, tanti altri liberi “pensatori ” e artisti del disagio, che hanno voluto così dare un personale contributo al tema del laboratorio degli Angeli del naufragio».
Ci si sofferma sulle due icone realizzate da Nicola e Gina Summo, i genitori di Antonio, la più giovane delle ventitré vittime del disastro ferroviario del 12 luglio 2016. Antonino, nuovo angelo.
E’ il 3 agosto, giorno dell’inaugurazione della mostra e del Festival di Riace. «Verso le 21.30, arriva il sindaco Mimmo Lucano con i suoi amici e collaboratori». Il padre novantenne del primo cittadino, un maestro in pensione, tira fuori da un pozzo, accanto al laboratorio-frantoio dove sono esposte le fotografie e le formelle ruvesi e riacesi, un pezzo di legno, frammento, probabilmente, di un antico naufragio nel Mediterraneo. Su quel pezzo di legno, in stretto dialetto riacese, legge: «Li angeli du puzzu». Momento di grande significato perché forse è quel che rimane un barcone naufragato, un barcone carico di angeli che dal pozzo, dal fondo del mare sono saliti in cielo. «Angeli senza nome degli abissi. Angeli che avranno un nome».
Il 4 agosto giungono Pasquale e Barbara De Palo. I De Palo portano una lettera del sindaco Pasquale Chieco da consegnare al collega riacese. «Ma il fatto, nuovo e inatteso, è la scoperta di una presenza, nel casolare, accanto al nostro appartamento, di una comunità di ospiti rifugiati/immigrati. Sono, in maggior parte, del Bangladesh, e, data la giovane età, a noi sembra una nidiata. La scopriamo, questa nidiata, mentre pigola e canta, ride e, seduta su un tronco d’albero che si trova a terra, ci saluta, sorridendoci». Contattano il loro referente-capo, che conosce discretamente l’italiano, e gli chiedono se è possibile parlare con qualcuno di loro della mostra: vogliono coinvolgerli. Conoscono Arifmia e Babul, due adolescenti. «Uno, più estroverso, Arifmia, ci mostra subito le sue competenze professionali: oltre che saper disegnare (ci mostra immediatamente alcuni suoi disegni su Venezia e Roma), si esibisce nelle sue capacità canore, cantandoci ”Sono un italiano”( forse il nostro terzo inno dopo ”Mameli” e ”O’ sole mio”) e poi una struggente canzone del suo Paese. L’altro, Babul, è un timido cucciolotto, che ci sorride con un disarmante, sperduto candore. Proveranno anche, con un italiano sincopato e totalmente arrancato, a raccontarci qualcosa di loro».
Gli ultimi due giorni scorrono rapidissimi. Nel frattempo, li raggiunge Domenico Mastandrea, con la famiglia. Sono giorni in cui ci si sofferma a riflettere su quello che si sta vivendo, sulla straordinaria umanità. Su Raffaele, ad esempio, «antico cittadino riacese che di questo paese conosce tutta la storia e la cronaca. Sembra che fosse lì, nel lontano 1971, mentre scoprivano e poi sollevavano dal mare i celebri bronzi». Raffaele sempre pronto a offrire una birra, che parla di politica, che chiede in regalo una formella segnavia a lui dedicata. Poi c’è Rosy, dal Camerun, coi suoi bambini. Perfettamente integrata a Riace, dove si è inaugurato il primo presidio ambulatoriale.
Al sindaco Lucano sono consegnati la lettera del primo cittadino di Ruvo di Puglia, con i suoi saluti, la formella di ulivo a lui dedicata, che ritrae «l’Arcangelo Domenico» e un manifesto cartonato su Pasolini, che ha dato voce e forza agli ultimi. Come Mimmo Lucano.
La mostra foto-iconografica termina il 6 agosto. Ma non cessa il legame tra Ruvo di Puglia e Riace, nella quale si daranno vita ad altri laboratori, si creeranno occasioni di condivisione di saperi e conoscenze, grazie anche al supporto di Daniela Maggiulli, anello di congiunzione tra le due città, anzi tra Riace e qualsiasi comunità sia interessata a seguire, a recepire la lezione di Lucano. Che non vuole salire in cattedra, ma è consapevole che sia assurdo bloccare i porti, fermare i flussi migratori. «Il viaggio racconta la vita delle persone, fermare un viaggi è fermare la vita».
La prossima tappa di “Mediterraneo Senza Spettatori: Naufragi con Angeli” sarà Aliano, la città lucana dove fu esule lo scrittore e pittore Carlo Levi e che fu l’aspra scenografia del suo “Cristo si è fermato a Eboli”.
(Fotografie © Pagina Facebook “Mediterraneo senza Spettatori: naufragi con Angeli”)