Cultura

Storia ruvese e statistica in un saggio di Vito Ricci

«Antroponimia a Ruvo di Puglia tra XII e XIV secolo: alcune analisi statistiche» è il saggio di Vito Ricci, ruvese d’adozione, pubblicato nel volume «Metodi e Analisi statistiche 2016» del Dipartimento di Scienze Economiche e Metodi Matematici dell’Università degli Studi di Bari.

Un contributo interessante e inedito sulla storia di Ruvo di Puglia. Ne parliamo con l’autore, statistico con la passione per la storia e per l’arte.

Si dedica alla narrativa, alla poesia e saggistica storica e, quando il tempo lo permette, ama girare per le città d’arte. Può contare su una guida d’eccezione: sua moglie, Elisabetta Serafino, guida turistica accreditata della Pro Loco di Ruvo di Puglia con cui Vito Ricci collabora nella redazione del periodico “Il Rubastino” e “Studi Rubastini”. Ha scritto una dotta prefazione per “Ruvo, intorno alle mura”, secondo volume dei “Quaderni del Centro Studi” del Centro Studi “Cultura et Memoria” di Ruvo di Puglia.

«In questo saggio, ho cercato di approfondire tematiche a me particolarmente molto care come la storia economica e quella sociale. Ho approfondito gli aspetti di carattere qualitativo sull’onomastica rubastina in epoca medievale esaminando l’obituario della Cattedrale (Matricula) e, dai nomi in esso presenti, ho ricavato molte informazioni interessanti, sia da un punto di vista storico sia da un punto di vista statistico. Mi ha piacevolmente sorpreso il fatto che il contributo sia stato accolto, vista la sua natura alquanto inconsueta. È un contributo un po’ tecnico in quanto tratta aspetti di tipo quantitativo attraverso l’analisi di alcuni indicatori statistici. Alcuni aspetti che sono emersi sono la maggiore ricchezza e variabilità dei nomi femminili rispetto a quelli maschili, la stratificazione della storia dei nomi che, su una base latina, ha visto innestarsi i nomi cristiani e quelli lasciati dalle diverse dominazioni che si sono avvicendate nel Mezzogiorno».

Cosa è l’antroponimia?

«L’antroponimia, ovvero lo studio dei nomi e delle forme cognominali, è un ramo dell’onomastica. Sin dal 1932, il medievista francese Marc Bloch metteva l’accento sull’importanza dello studio dei nomi osservando che la scelta dei nomi di battesimo, la loro natura, la loro frequenza relativa, sono altrettanti tratti che, convenientemente interpretati, rivelano delle correnti di pensiero o di sentimenti ai quali lo storico non dovrebbe restare indifferente».

Statistica e storia. Materie apparentemente distanti ma con un denominatore comune: i numeri.

«E’ vero. Alle superiori avevo un professore di storia fissato con le date ma, nonostante tutto, riuscì a infondermi una forte passione per questa materia. Leggevo saggi, narrativa, guardavo film, programmi tv dedicati ad essa. Poi il dolore per una vicenda amorosa – purtroppo o per fortuna – interrottasi bruscamente si è trasformato in una forte energia che ho trasfuso nelle ricerche storiche, intraprese in modo più approfondito».

Quale epoca la affascina in modo particolare?

«Il Medioevo. Tra il 1999 e il 2000, mi sono dedicato alla ricerca storica su Palese, mia città natale, e ho realizzato un sito web. Dopo qualche anno, la ricerca su Palese è confluita nella pubblicazione edita in occasione del centenario della sua parrocchia. Dopo questa prima esperienza, mi sono imbattuto nei Templari. Rimasi impressionato da queste figure di monaci guerrieri dalla lettura del romanzo di Eco “Il pendolo di Foucault”. L’interesse si trasformò in sete di conoscenza e scoprii che questi cavalieri erano stati presenti in Puglia. All’epoca lavoravo a Roma e ricordo che mi recai alla Biblioteca Nazionale per reperire materiale. Scrivevo durante i viaggi settimanali di ritorno a Bari. Volevo creare un sito web dedicato ai Templari in Puglia ma questo progetto sfumò».

Lei, però, non si è abbattuto…

«No. La ricerca rimase diversi anni nel cassetto, è vero, ma, nel frattempo, scrivevo per un blog, dedicato a Modugno, articoli culturali e miei contributi su Palese. Parlando con il responsabile di questo blog, venne fuori la storia dei Templari: storia interessante, che decidemmo di pubblicare sul blog a puntate. Fortuna volle che quei contributi fossero letti dal professor Raffaele Licinio, medievalista dell’Università di Bari, all’epoca direttore del Centro Studi Normanno-Svevi,  e ideatore del sito www.storiamedievale.net. Il professor Licinio apprezzò molto il mio rigoroso lavoro sui Templari in Puglia e mi presentò all’editore Ponticelli. Intanto, ero invitato come relatore ai convegni sul tema e divenni socio della Libera Associazione Ricercatori Templari Italiani (LARTI)».

Parliamo ora di Ruvo di Puglia, città che lei ama e da cui è stato adottato.

«Certo. Frequentavo spesso Ruvo di Puglia, venendo a visitare il Museo Jatta e la Cattedrale e proprio questo gioiello architettonico è stato teatro del mio incontro con Elisabetta. Se prima ero affascinato da Ruvo di Puglia, ora la amo. A parte gli scherzi, di questa città, oltre la bellezza artistica, mi ha colpito la presenza dei Templari e l’esistenza della commenda dell’Ordine di Malta, dedicata a S. Giacomo, che ha attirato subito la mia attenzione, spingendomi a studiare dei documenti inediti provenienti dagli Archivi dell’Ordine a Malta. Queste ricerche sono sfociate in un contributo apparso in un volume di “Studi Rubastini”. Ho avuto, poi, modo di conoscere la storia di Ruvo di Puglia, in particolare per il periodo medievale e quello della prima età moderna, approfondendo alcuni aspetti anche su sollecitazione del Presidente della Pro Loco, Rocco Lauciello, che mi ha consentito di presentare il frutto delle mie ricerche in occasione degli Incontri Culturali a Calentano, l’estate scorsa».

Cosa ha scoperto della Ruvo di Puglia medievale?

«Innanzitutto, rispetto a Corato e Terlizzi, mancano fonti medievali in loco. All’inizio ho trovato difficoltà nella stesura proprio per la mancanza di fonti dirette, poi per l’assenza di studi specifici sull’argomento e per la presenza di alcuni errori e imprecisioni nella storiografia rubastina. Ma, alla fine, ce l’ho fatta: ho portato a termine una ricerca su Ruvo di Puglia medievale, sulla città, il castello e i feudatari, dai Normanni agli Aragonesi, sino all’avvento dei Carafa. Affascinante e al contempo difficile la ricerca, per la mancanza delle fonti a cui ho accennato, ma anche per l’aver scoperto alcuni particolari inediti o poco noti».

Quindi presto conosceremo un altro tassello della storia della nostra città?

«Sì. Molto probabilmente il mio lavoro sarà pubblicato nel corso dell’anno. Esso è stato molto apprezzato da un medievalista francese, profondo conoscitore del Mezzogiorno italiano durante il Medioevo, che mi ha fatto l’onore di scrivere la prefazione».

Oltre la pubblicazione sulla Ruvo di Puglia medievale, quali progetti ha in cantiere?

«A maggio 2017, parteciperò a un convegno a Firenze dove parlerò dell’obituario di Ruvo di Puglia e di un altro che si trovava a Giovinazzo, presso la Cattedrale. Poi ho in mente altre ricerche sulla storia di Ruvo di Puglia tra Cinquecento e Seicento, basate su materiale storico inedito».

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