“Presidente, ora tutto è nelle sue mani”. Lo afferma il dr. Spaccavento che lascia il Progetto Ospedale Unico per protesta contro le lungaggini e il mancato rispetto degli impegni presi
“Come ho annunciato, – afferma Spaccavento – essendo passato anche luglio senza che la decisione sia presa, confermo la mia decisione di abbandonare la responsabilità del Progetto Ospedale Unico. Rimango ovviamente convinto della assoluta validità del Progetto, unica soluzione possibile per evitare il dissanguamento sanitario di questo meraviglioso Territorio.
Ma devo trarre le necessarie conclusioni da questa attesa ormai quasi biennale, che oggi non ha neanche più le motivazioni del recente passato, come le campagne elettorali, da cui siamo giustamente restati fuori. Il momento è perfetto. Il progetto è perfetto. Il clima partecipativo è perfetto. Eppure non si decide. Devo quindi prendere atto che sono in gioco fattori a me e a noi ignoti, capaci di fermare un lungo e meraviglioso processo democratico, di scelta e partecipazione informata dal basso. Pensavamo che la Carta di Ruvo potesse essere il manifesto di questo clima nuovo“.
“Che la realizzazione – prosegue Spaccavento – dell’Ospedale Unico sarebbe stata una pietra miliare e in fondo solo il primo passo di questo nuovo processo decisionale nuovo, confortante, condiviso, esaltante. L’entusiasmo dello stesso Presidente Emiliano ce lo confermava. Forse ci siamo sbagliati. Forse siamo stati troppo idealisti. Forse abbiamo sperato ciò che non si deve sperare, in una terra condannata alla disperazione… O forse sono intervenuti fattori a noi ignoti, che hanno costretto e costringono il Presidente a questa lunga e ormai opaca e incomprensibile stasi. Fatto sta che che ancora una volta c’è qualcosa che riesce a frenare ancora una volta tutto quanto. Ma noi non siamo qui per ogni stagione, e la misura ormai è colma. Abbiamo firmato col presidente Emiliano la Carta di Ruvo e l’abbiamo rigorosamente e fermamente rispettata“.
“Ci aspettavamo e ci aspettiamo – conclude – che questo valga per tutti i contraenti e non abbiamo perso la speranza che la autorevole controparte mantenga la sua parte di impegno. Ma tutto deve avere un fine e un limite, e il mio è arrivato.
In questo due anni ho dovuto subire di tutto, attacchi professionali e persino personali, dettati magari da invidia, cattiveria, ignoranza – eppure resi possibili proprio da queste lungaggini, che ostacolavano noi, ma fornivano il pretesto a gente di bassa lega umana e culturale per attacchi di lega bassissima. Ho sopportato tutto per il fine più alto dell’Ospedale Unico, per avere finalmente sul nostro Territorio un presidio all’altezza del servizio che deve svolgere. Ma un presidio DEFINITIVO, dove che sia la sede scelta. Non temporaneo come è scritto nel Piano di riordino. Non pannicelli caldi. Perché la situazione è drammatica. Urgono soluzioni serie e di lungo periodo“.
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