Religione

SALVATORE BERNOCCO SU "LUCE E VITA": "Ruvo e i sui molteplici aneliti"

Aspettando il Vescovo, Salvatore Bernocco ha scritto quanto segue sul numero 6 di Luce e Vita del 7 febbraio.
“Ruvo di Puglia, cittadina abitata da 25.600 anime. Città a prevalente vocazione agricola e artigianale in cui si respira ancora aria pulita, frutto della sua collocazione collinare. Sopravvivono antiche tradizioni popolari ed ecclesiali, in primis il celebre Ottavario del Corpus Domini e le solenni processioni della Settimana Santa che vedono l’affluenza a Ruvo di migliaia di persone provenienti anche dai paesi limitrofi.
L’attaccamento alle tradizioni è un elemento su cui riflettere perché potrebbe essere inteso e vissuto in senso deleterio, cioè come folklore, non già come momento di discernimento e di conversione, aspetti su cui i nostri Vescovi e sacerdoti hanno in più occasioni richiamato l’attenzione del popolo dei fedeli.
Credo che, al di là di episodi più o meno edificanti, la popolazione ruvese abbia conservato una sincera devozione alle tradizioni dei padri, senza le quali un popolo non ha radici né solide fondamenta. Senza il “culto” delle tradizioni non vi sono neppure in nuce le direttrici del futuro, poiché nulla si crea dal nulla, ma tutto ha un’origine che non va dimenticata e che va salvaguardata dalle inique contaminazioni, da quanti sono consapevoli che non tutto va conservato e che non tutto ciò che appare nuovo va immesso acriticamente nell’ambito delle tradizioni, sostituendole in parte o del tutto.
Ritengo che il nuovo Pastore della Diocesi abbia un compito primario da affrontare: farsi portatore di una visione di Chiesa inclusiva, dialogante, ma ferma nella difesa dei suoi valori e delle tradizioni che ad essa fanno riferimento, non per affermare un primato o per esercitare un potere sulle coscienze, ma per indicare, con mansuetudine e rispetto, la retta via agli uomini che hanno smarrito il senso della vita, affermare le verità evangeliche, riscoprire il gusto della Parola di Dio, in un ineliminabile rapporto di collaborazione e di condivisione con i laici impegnati e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
In un’epoca caratterizzata dal bombardamento mediatico e da soluzioni taroccate al problema del senso della vita, è compito della Chiesa tutta rievangelizzare le comunità, offrire spunti e strumenti utili al ben-essere delle società nelle sue varie articolazioni, economica, civile, politica, amministrativa, spesso viaggianti su binari divergenti, per cui è come se si fosse perduto per strada il senso di un progetto comune, di una comune identità nella molteplicità delle opinioni e dei punti di vista del bene pubblico e comune.
La società ruvese vive una fase piuttosto delicata, contrassegnata da spinte e controspinte che come esito producono una sorta di sensazione generalizzata di immobilismo e spaesamento, specie nel contesto politico-amministrativo. E si avverte un diffuso senso di confusione della politica, il che potrebbe essere letto anche in chiave positiva. Difatti è possibile che dal caos, dalla dialettica (talvolta esasperata e becera, non funzionale all’utile comune), possa sorgere qualcosa di nuovo e di consono e trovi casa il comune auspicio di una città governata da uomini e donne competenti, affidabili, fattivi e che si rispettino a vicenda, dando un segno di discontinuità rispetto a certe vicende amministrative sature di polemiche, personalismi, approssimazioni, lotte intestine che contribuiscono al dilagante fenomeno della disaffezione della gente dalla politica.
La corruzione – argomento su cui torna spesso papa Francesco – non consiste solo nell’illecito accaparramento di denaro o di altre utilità, ma nel corrompimento dei valori che sostanziano e rendono vitale una comunità: onestà, integrità, carità, competenza. Questi valori danno linfa all’albero comunitario. Una comunità, invece, in cui il particulare guicciardiniano e certo infimo machiavellismo la fanno da padroni, sperimenterà lo sfilacciamento sociale ed il venir meno del senso comune di appartenenza ad un comune destino.
Il nuovo Vescovo (lat. tardo episcŏpu(m), dal gr. epískopos, propr. ‘ispettore, sorvegliante’), sulla scia dei suoi autorevoli predecessori, sorvegli quindi amorevolmente e con acume su questa comunità; preghi per noi, specialmente per chi è chiamato ad amministrare il paese; sappia rinvigorire e rinsaldare i legami fra il clero locale; voglia stare vicino ai bisognosi e alle famiglie in difficoltà della città con ogni premura, confidando nel senso operoso di solidarietà e di carità delle istituzioni civili ed ecclesiali.
Voglia, infine, benedirci, affinché le stridule sirene dell’egoismo non prevalgano sull’amore e l’agape fraterna”.

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