Ruvo: trarre il bene dal male, anche dal Covid
Un viaggio in quattro tappe, nelle Caritas cittadine, per fare memoria di quanto vissuto durante il lockdown e segnalare le attuali esigenze.
Mentre attendo di incontrare Raffaella Scarongella e Nicola Cappelluti, volontari della Caritas cittadina di Ruvo, nella nuova sede di Arco Miavo (ex Curia vescovile), vedo uscire la signora Maria, sorridente, non perché avesse ottenuto qualcosa, ma perché orgogliosa di ringraziare la Caritas e poter comunicare di aver ripreso a lavorare senza più bisogno dell’assistenza che invece è stata necessaria durate il lockdown. Così come Domenico (nomi di fantasia) che aveva chiesto aiuto per un’ultima bolletta, l’ultima, perché ha da poco ricominciato a lavorare come cameriere, recuperando la sua autonomia economica. Come loro e le rispettive famiglie, circa 70 nuovi nuclei familiari si sono rivolti in Caritas, tra marzo e maggio, oltre i 120 gia iscritti.
Seicentoquaranta interventi dal 1° marzo al 17 maggio, con un incremento di quasi il 50% rispetto all’attività ordinaria.
Pacchi viveri, contributi per farmaci, pagamento utenze, ricariche bombole di gas, buoni spesa al supermercato, pasti pronti, attivazione internet per far fronte alla didattica a distanza, contributo per fitti… Sono le voci preminenti di un servizio silenzioso ma efficacissimo e, aggiungerei, “Provvidenziale”, che la Caritas di Ruvo, coordinata dalla inossidabile Laura Caputi e in stretta sintonia con la Caritas diocesana e il suo attuale direttore don Cesare Pisani, svolge da decenni, intensificato negli ultimi mesi. Se vogliamo stare ai numeri, Nicola Cappelluti segnala che “sono stati circa 12.600 euro i soldi investiti di cui, nota non secondaria, 10.000 destinati a famiglie ruvesi e 2600 a famiglie comunitarie ed extracomunitarie”.
Il morso del virus quindi ha inciso profondamente la città, soprattutto da fine marzo a inizi giugno, ma non dal punto di vista virale, per fortuna.
Chi sono stati gli utenti “nuovi” che, con grande dignità, sono entrati in Caritas? “Addetti alla ristorazione e all’edilizia, in tutte le sue branche. E un’altra categoria su tutte – ammette amaramente Raffaella – cioè le donne separate, con figli, così tante che ci hanno fatto scoprire un volto sconosciuto della città”.
“Nella prima fase il problema è stato di tipo alimentare – prosegue Raffaella – strettamente legato quindi alla necessità di fare la spesa. Nella seconda fase il problema forte, ancora persistente, è la capacità di pagare l’affitto di casa, sotto intimazione di sfratto da parte dei proprietari che temono, tutt’ora, l’insolvenza prolungata a causa della mancanza di lavoro. La Caritas è intervenuta per scongiurare lo sfratto. Solo in qualche caso (ma solo in qualche caso?!, ndr), è stata condonata la mensilità”.
Fino a quando il Comune non si è organizzato con la distribuzione dei buoni-spesa, la Caritas è stato punto di riferimento quasi unico, per circa un mese, anche grazie alla rete di associazioni attive a Ruvo. Ma qui c’è anche il lato buono della medaglia. “Se la Caritas non fosse stata pronta ad inizio pandemia – sottolinea Nicola – la situazione sarebbe stata ancora più tragica. E a far fronte a questo è stato il grande cuore dei Ruvesi: circa 8000 euro donati, su iban o in contanti, che hanno consentito di gestire l’emergenza, a cui si sono aggiunti i fondi Caritas derivanti dall’8xMille. Donazioni in denaro da privati e in alimenti da parte di supermercati, raccolta viveri nei condomini, pane e spesa “sospese” in diversi negozi. “Onore e riconoscenza, quindi, a tutti coloro che hanno aperto il cuore e il portafogli e sono davvero tanti. Grazie!”.
“Ma il Covid è stato anche una occasione di grande cambiamento in positivo – concordano Raffaella e Nicola – reso visibile dalla nuova sede che il Vescovo Domenico ha deciso di assegnare alla Caritas, dal 12 maggio, in quanto nella precedente, su corso Jatta, si agiva in condizioni ormai inadeguate. Il centro cittadino ha quindi irrobustito e reso più efficace e dialogante il suo servizio di coordinamento con le Caritas parrocchiali che sono quindi il terminale operativo della Carità. Va rimarcato con forza il grande aiuto che le Caritas parrocchiali hanno garantito nelle settimane più difficili di lockdown. Non è mancato il rischio di contagio, sfiorato da vicinissimo, tanto dai volontari quanto dalle persone che sono entrate nel centro di ascolto cittadino. Ascolto che è divenuto l’obiettivo specifico dell’attività Caritas, accanto a quello della interazione con le associazioni del territorio (ecclesiali e laiche) della rete cittadina Diamoci una mano presente da diversi anni, con cui “abbiamo seguito e sostenuto gli interventi a favore della povertà con l’iniziativa della raccolta alimentare, addirittura fatta ad un ipermercato di Bari”. Proprio questa rete ha dato vita all’Emporio Solidale LegAmi, aperto tutti i venerdì (orari: 11-12 e 17-19) per coloro che vogliono donare generi alimentari a lunga conservazione e/o prodotti per l’igiene della persona e della casa. L’emporio ha sede in una struttura adiacente la Parrocchia di Santa Lucia ed è a disposizione di tutte le persone più bisognose. Qualcosa di analogo al Social Market Solidale di Molfetta o ad altri servizi presenti in Italia. Intensa e fattiva la collaborazione con il Comune, partecipando al COC (Centri Operativi Comunali), sia nella distribuzione dei buoni sia nella conoscenza dei casi e delle situazioni reali delle famiglie che non sempre corrispondono ai dati identificativi burocratici (ISEE, reddito reale…).
L’attività Caritas continua anche in questo tempo estivo, sempre previo appuntamento: 080 3615745 – 377 3225719. “L’esigenza maggiore, in questo periodo – concludono Raffella e Nicola – è legata al pagamento di utenze. La ripresa lavorativa sta facendo migliorare la situazione”.
“Sono stati mesi di grandi cambiamenti – ribadiscono -, ma anche in positivo”. Lo dicono loro che in questi mesi hanno gestito personalmente gli ascolti, dovendo anche proteggere gli altri volontari. Ed è anche a loro e a tutti i volontari che la città dice: Grazie!
di Luigi Sparapano