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“Rap Rashid”, una poesia per il ragazzino “con la pagella in tasca”

È stata scritta di getto, dal poeta e flautista Vincenzo Mastropirro, la lirica “Rap Rashid” in memoria del “ragazzino senza nome”, con la pagella dagli ottimi voti cucita in tasca, annegato nel Canale di Sicilia il 18 aprile 2015, nel naufragio di un peschereccio su cui viaggiavano 950 profughi.

È nata da un moto improvviso del cuore,  quando ha visto “Tesori perduti”, la vignetta disegnata da Makkox per “L’Espresso” e pubblicata l’11 gennaio scorso, la quale ricorda, fiabescamente, la triste vicenda della giovane vittima proveniente dal Mali, unico dato identificativo appurato con certezza grazie al lavoro di Cristina Cattaneo, medico legale del Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense. Dal 2014 Cattaneo, in collaborazione con l’Ufficio del Commissario straordinario del Governo per le Persone Scomparse, conduce un progetto teso a restituire l’identità alle vittime di interrotti viaggi della speranza.

(“Tesori perduti” di Makkox per “L’Espresso”)

“Rap Rashid” sarà musicata da Mastropirro e, unitamente all’opera pop-art  di Giulio Giancaspro “Rashid sotto il mare” – formerà una cartolina-manifesto contro l’odio, la chiusura dei confini. Il lavoro di Giancaspro evoca marchi commerciali, pubblicità come quella che scorre dopo i TG che narrano di sbarchi, naufragi, delusioni, speranze: un amaro contrasto.

Già nell’antologia di versi e saggi  “La pacchia è strafinita”, Mastropirro aveva espresso il suo dissenso contro le politiche di controllo delle migrazioni e le esternazioni del vicepremier e Ministro degli Interni  Matteo Salvini.

Ora torna alla poesia civile, con una lirica sincopata che si ispira alla vignetta di Makkox in cui il ragazzino, ormai divenuto creatura marina, mostra ad amichevoli pesci, orgoglioso, i frutti del proprio lavoro a scuola.

Mastropirro ha immaginato un nome per il ragazzo che è divenuto simbolo dei tanti migranti morti in mare, senza volto, senza nome, animati dal disperato amore di vivere almeno serenamente in una terra lontana: perché il cuore era sempre ancorato al luogo natìo.

“Rap Rashid” si sviluppa su due livelli: il dialogo tra Rashid e  «Matteo» (Salvini) – e tra i pesci e ancora «Matteo». Una filastrocca ironica e struggente che trova il suo epilogo – in dialetto –  nella durezza della realtà.

Al bambino con la pagella in tasca

Rap Rashid

Mi chiamo Rashid/ ho imparato a nuotare/ non voglio morire /ma devo morire/ così è deciso.

Mi chiamo Matteo /anch’io so nuotare in questo mio mare/ mi spiace per te/ ma devi morire.

 Io sono Rashid /bambino felice/ son morto nel mare con tutti i miei amici/ giochiamo coi pesci.

Io sono Matteo/ anch’io son felice/ ti ho visto morire in fondo al mio mare/ non puoi più fiatare.

 Io sono una triglia/ piacere Rashid /noi spigola e orata io polpo di mare son io un’anguilla.

Son buoni sti pesci/ ribatte Matteo /sornione e beato/ vi posso pescare e posso mangiare.

 Ma certo Matteo/ puoi anche mangiarci /lo senti il profumo?/ è quello di un bimbo che abbiamo beccato.

Madonna, che schifo /

non è uno schifo/è solo Rashid che tu hai affogato/ con noi ha giocato.

 Che schifo di gioco/ non mangio più pesce/

 va bene Matteo/ torniamo a nuotare/ e insieme a giocare.

Rashid è con noi un bravo bambino /un pesce di mare/ un bel sirenetto/ è murte pe’ viue.

(Foto in evidenza © Giulio Giancaspro)

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