Quando la Vergine Maria e San Giuseppe presentarono Gesù al Tempio…
In tempi difficili come questi, dove la malinconia grava sulle nostre vite che auspicano un immediato ritorno alla normalità, rinfocolare la fede officiando i culti della religione cristiana diviene un’operazione più che mai necessaria per affidarci alla potenza di Dio, il quale osserva gli uomini in modo buono e misericordioso. Ed ecco che quaranta giorni dopo la nascita di Cristo, divenuto per tutti il Salvatore del mondo, si celebra la Festa della Candelora la cui solennità liturgica ricorre il 2 febbraio.
La cerimonia religiosa, secondo quanto esposto nel tredicesimo capitolo dell’Esodo ai versetti 2.11-16, affonda le radici in un provvedimento della legge mosaica in virtù del quale ogni primogenito maschio, considerato offerto al Signore, doveva essere inevitabilmente riscattato dai genitori con l’esecuzione di un sacrificio. Inoltre, la donna era considerata impura indipendentemente dal fatto che il nascituro, di sesso maschile o femminile, fosse primogenito o no: l’impurità durava 40 giorni se il figlio era maschio e 66 giorni se era una femmina. Da qui la cerimonia del 2 febbraio che intende commemorare simultaneamente la purificazione della vergine Maria nonché la Presentazione di Gesù al Tempio. Il momento saliente del rito è caratterizzato dalla consueta benedizione delle candele, da cui la festa prende il nome, simbolo di Cristo che è luce per le genti.
La devozione è particolarmente sentita in Italia Meridionale e si lega ad un ricco repertorio di proverbi dialettali che pronosticano il tempo atmosferico dei giorni successivi alla Candelora. Anche a Ruvo si riverbera questa tradizione alla quale va aggiunta la venerazione della sacra icona, ritornata fortunatamente nella chiesa di San Domenico dopo il furto subito nella notte tra il 30 e il 31 luglio del 1991.
La tela, la cui attribuzione ha dapprima oscillato tra Corrado Giaquinto e Paolo de Matteis e che viene ora assegnata al genio di Giuseppe Mastroleo, illustra l’episodio della Presentazione di Gesù al Tempio riproducendo fedelmente la narrazione del Vangelo di Luca (Lc 2, 21-35).
Al centro del dipinto spicca l’austero Simeone che regge tra le braccia Gesù bambino sgambettante, dal quale si propaga la luce su buona parte della scena. Nell’abbozzo di tempio, vagheggiato da una colonna coperta da un ampio drappo verde che si staglia sullo sfondo, si susseguono diverse figure sia in primo piano sia marginali: accanto a Simeone si trova inginocchiata la Vergine con mani protese e coperta da un manto blu cobalto, subito dietro san Giuseppe si serve del bagliore di un cero per illuminare maggiormente il luogo ombreggiato, alle spalle una donna dona una cesta votiva contenente due tortore, poi un sacerdote. Ad indicare la centralità dell’azione sono due santi gesuiti genuflessi: si tratta di S. Ignazio di Loyola e S. Francesco Saverio, rispettivamente il fondatore della Compagnia di Gesù nonché protettore della Confraternita di Ruvo e il pellegrino-missionario, come si evince dal tipico vestiario (bordone, mantellina, conchiglia di San Giacomo, borraccia), ripreso in atto di venerazione.
Quest’anno, nel rispetto delle misure prescrittive imposte per il contenimento del contagio da Covid-19, la festa si limiterà alla celebrazione delle Sante Messe durante tutto l’arco della giornata e vedrà la partecipazione pomeridiana di S.E. Mons. Felice di Molfetta, vescovo emerito della Diocesi di Cerignola- Ascoli Satriano. Tuttavia la distanza sociale e le severe norme igienico-sanitarie non scalfiranno l’amore dei fedeli verso questa manifestazione religiosa che, seppure in forma ridotta, saluterà gioiosamente l’arrivo della festa patronale dedicata a San Biagio.