“Punto e a capo…In nome dell’amore” : salvarsi dalla violenza con l’amore e i centri antiviolenza
Tra il pubblico ci sono sedie vuote su cui è scritto “occupato”. Poi, un po’ prima che inizi la presentazione del libro, l’Assessora alle Politiche Sociali, Monica Montaruli, su quelle stesse sedie mette dei bigliettini.
La presentazione ha inizio. L’Assessora invita chi siede accanto a quei posti “occupati” di leggere i bigliettini.
E ha inizio una serie di presentazioni che sono spaccati di vita dolorosi: c’è Ester, ragazzina sedicenne violentata da un suo compagno di classe; Maria, di sessant’anni, in ospedale a seguito delle percosse di suo marito; Silvia, una quarantenne, che dà a suo marito lo stipendio, e tante storie che hanno un denominatore comune: c’è la violenza ma anche la speranza che tutto possa finire. “Perché queste donne si rammaricano di non essere presenti alla presentazione per diversi motivi ma si legge anche la volontà, la speranza di far cessare tutto che è il primo passo verso la liberazione. Sono donne vittime di violenza ma sono anche donne vive” dice l’Assessora Montaruli.
In questo modo singolare e incisivo ha inizio la presentazione del libro “Punto e a capo…In nome dell’amore” (ed. Gelsorosso) di Patrizia Rossini, scrittrice e dirigente scolastica a Bari, che narra la storia di Nina, nome di fantasia di una donna che ha vissuto la violenza dall’età di quattro anni sino a quarant’anni, figlia di una donna anaffettiva nei suoi confronti e di un uomo che abusa di lei, quando decide di dire “basta”, quando decide di abbandonare “l’ultimo vagone sporco su cui viaggia rannicchiata, per difendersi dal mondo” e sale sul primo vagone, con i finestrini puliti, da cui si può guardare il mondo con occhi speranzosi.
“Ho sentito la necessità di scrivere questo libro per un dovere sociale, affinché chi lo legge possa cogliere la violenza che gli è intorno, latente anche dietro un trucco impeccabile, o un sorriso” dice l’autrice. Con questo libro vuole raggiungere tre obiettivi: fornire degli indicatori, delle “spie rosse” al lettore per allertarlo, fargli riconoscere la violenza e denunciarla; dimostrare alle vittime che, nonostante tutto, si può essere resilienti, cioè essere sempre più forti, più attaccate alla vita per avere la forza poi di interrompere la spirale di violenza – purtroppo molte donne vittime di violenza subiscono dei traumi (“paragonabili a quelli vissuti dai sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti” – precisa l’Assessora Montaruli). Il terzo obiettivo è la condivisione della situazione in cui si vive, l’incontro con persone che aiutino a uscire fuori dalla violenza, dalla convinzione che “forse me la sono meritata”.
“Punto e a capo…” ha quindi due significati: continuare a vivere la condizione di vittima della violenza, lasciandosi travolgere dalla spirale di violenza o uscirne, cambiando vita, magari con l’aiuto dei Centri Antiviolenza.
Durante la conversazione, l’attrice Antonella Ruggiero della Compagnia Teatrale “La luna nel letto” ha fatto un intenso reading di alcuni brani del libro.
E qui interviene la dott.ssa Patrizia Lomuscio, del Centro Antiviolenza “Riscoprirsi” di Andria che opera presso il CAV di Ruvo di Puglia in via Solferino 1/B, dove possono rivolgersi tutte le vittime di violenza di ogni tipo e che può essere contattato H24 al numero 0883/764901.
La dott.ssa Lomuscio afferma che per uscire dalla spirale di violenza, dove a uno schiaffo, per esempio, seguono le scuse del carnefice di cui la vittima si fida fino a quando gli episodi si reiterano con più frequenza e maggiore violenza, bisogna rivolgersi a questi centri o parlarne con qualcuno di fiducia. Quando si ha sentore di una condizione di violenza (urla e pianti della vicina di casa, di bambini) si dovrebbe contattare la Procura e dichiarare che si segnala una situazione di pregiudizio, che ci potrebbe essere una vittima di violenza per allertare gli opportuni controlli: in tal modo non si rischia di fare accuse ingiuste ma allo stesso tempo si incentiva ad essere più collaborativi perché spesso la paura di affrontare, come testimoni, giudici e aule di tribunale prevale e induce a “voltarsi dall’altra parte”.
I figli, poi, a volte sono il motivo per cui molte coppie decidono di curarsi e di uscire dalla violenza; altre volte, la maggior parte, non accade, divenendo vittime loro stesse.
Come si può uscire da questo? Prendendo consapevolezza e facendo formazione nelle scuole, anzi anche nelle scuole di infanzia abbattendo molti stereotipi che si apprendono in famiglia, sensibilizzare attraverso campagne di informazione, anche presso medici e studi legali e soprattutto non facendo tagli di spesa che vadano a incidere su queste strutture (ma anche sul Welfare in generale).
La presentazione di “Punto e a capo…In nome dell’amore” conclude la rassegna letteraria settembrina di “Evoluzioni”, ma “dal 12 ottobre avrà inizio un altro ciclo di incontri letterari” ha dichiarato l’Assessora alla Cultura Monica Filograno, che ha ringraziato tutti per essere intervenuti a questo e a tutti gli incontri letterari di grande spessore umano.