Pino Minafra: «Il mio “Fantozzi” è dedicato a tutti noi, comici e tragici dinanzi al Potere»
Il Fantozzi Ragionier Ugo, matricola 1001/bis, siamo tutti noi. E’ inutile negarlo. Tutti noi ci sentiamo, spesso, impotenti dinanzi alle angherie, anche sottili, del Potere. Tutti noi ci riconosciamo nel travet nato dalla mente di Paolo Villaggio, scomparso ieri: era il 1971 quando, per i tipi della Rizzoli, fu pubblicato il romanzo “Fantozzi”. Quattro anni più tardi, lo stesso artista genovese avrebbe dato il volto a Ugo Fantozzi, nel primo film della saga.
Si è riconosciuto nel travet, nell’impiegato umiliato da colleghi e superiori, anche il trombettista Pino Minafra che, in quasi tutti i concerti con la sua Banda, ripropone il brano “Fantozzi”.
«Il brano fu composto per una Big Band tedesca – ci confida il Maestro – e nacque in un momento delicato della mia vita dove mi sentivo più fragile del solito, impacciato di fronte a molte situazioni che la vita ti pone, comiche e drammatiche. E’ una specie di autoritratto, di ritratto di persona imbranata schiacciata dalla complessità quotidiana. Ma esprime anche quello che il sistema subdolo ci impone, rendendoci tutti Fantozzi. Regole, burocrazia, abnorme complessità di cui siamo vittime e che ci rendono impacciati, impotenti, ridicoli, balbuzienti, supini al potere del nulla. Spesso mi riconosco in questa figura comica, appunto, imbranata e drammatica. Forse questo brano sarà riproposto al Festival Talos».
Il video che proponiamo risale a un tour in Austria, nel 1997, in occasione del Jazz Festival Saalfelden. Con lui suona la Banda.
Pino Minafra la dirige con la sua folle conduction, emette suoni gracchianti, interagisce con i musicisti e il pubblico, si sdoppia in Potere e in Fantozzi. La musica è allegra, ma si percepisce anche una vena di malinconia. In fondo, si narra la storia di un “perdente”, dello schlemiel, l’antieroe costantemente umiliato che, tuttavia, cerca di ingraziarsi i più “forti”, trasformandosi in “buffone” tragicomico.
Ma il Maestro Minafra, al suo “Fantozzi”, restituisce dignità con il gesto dell’ombrello, che conclude l’esibizione. Un gesto di ribellione contro il Potere, di qualsiasi forma sia rivestito.
(Foto in evidenza © Diego Amenduni)