Cronaca

Pedofilia, rito abbreviato per Gianni Trotta, ex sacerdote. Il Vescovo Cornacchia: «Ignaro di tutto»

Sarà processato, con il rito abbreviato, Giovanni Trotta, di 56 anni, già “Don Gianni”, accusato di violenza sessuale aggravata, produzione e diffusione di materiale pedopornografico e adescamento di minori. Avrebbe  commesso questi reati in due piccoli centri del Foggiano e, in uno di essi, le vittime sarebbero state i giovanissimi atleti della squadra di calcio. Tutto avviene nel 2014 e Gianni Trotta è, per tutti, “Don Gianni”, un prete affabile, sportivo.

Solo che lui non è più sacerdote dal 16 marzo 2012 quando, dopo tre anni dalle prime denunce per molestie nei confronti di minori, la Congregazione per la dottrina della fede, l’ex Santo Uffizio, emana un provvedimento di condanna con cui gli viene inflitta la massima pena prevista dal diritto canonico, la riduzione allo stato laicale.

La Congregazione, guidata all’epoca dal Cardinale Joseph Levada, impone al Vescovo «che la nuova condizione di sacerdote dimesso non dia scandalo ai fedeli ma, se sussiste il pericolo di abuso per minori, l’Ordinario può divulgare il fatto».

Col nome di Ordinario, nel diritto canonico, s’intendono, «oltre il Romano Pontefice, i Vescovi diocesani e gli altri che, anche se soltanto interinalmente, sono preposti a una Chiesa particolare o a una comunità ad essa equiparata a norma del can. 368[1]; inoltre coloro che nelle medesime godono di potestà esecutiva ordinaria generale, vale a dire i Vicari generali ed episcopali; e parimenti, per i propri membri, i superiori maggiori degli istituti religiosi di diritto pontificio clericali e delle società di vita apostolica di diritto pontificio clericali, che possiedono almeno potestà esecutiva ordinaria» (Codice Diritto Canonico, can. 134 par. 1).

Si considerino, ora, queste due parole: «scandalo» e «può». Due parole che sono la cifra dell’atteggiamento assunto dai religiosi dinanzi a queste scelleratezze. Il «può» indica una facoltà, non un dovere, un obbligo che se almeno non sentito come precetto autoritario, dovrebbe scaturire dalla coscienza, dagli autentici valori professati da Cristo. Ma una coltre di silenzio avvolge i «delicta cum minoribus», «delicta contra sextum Decalogi praeceptum cum minoribus». Il latinorum di manzoniana memoria usato per descrivere il turpe delitto della pedofilia o «delitti con minori contro il sesto precetto dei Dieci Comandamenti», cioè il «non commettere adulterio». Delitti intesi come «scandalo» per i fedeli, ossia sconvolgimento della coscienza, della sensibilità, della moralità degli stessi «suscitato da atto o discorso contrario alle leggi della morale o del decoro». Come se violare il corpo e distruggere l’anima di una persona fossero riconducibili alla morale e al decoro, non alla dignità della persona, dei bambini.

Secondo il diritto canonico, tuttavia, il provvedimento della Congregazione è inattaccabile: è stato inflitto il massimo della pena e la legge italiana non impone la denuncia.

Ma torniamo ai fatti. Svestito dell’abito talare, Don Gianni si trasferisce in un altro paese e allena una squadra di calcio giovanile ma, dopo qualche tempo, viene allontanato dai dirigenti per “motivi etici” in quanto circolano voci che lo vedono come un molestatore di ragazzini.

Il 15 novembre 2014 avviene la tragica scoperta. Su mandato del Pm di Bari, Simona Filoni, a cui un genitore ha denunciato la molestia sessuale, via chat, nei confronti della figlia di undici anni per opera di Trotta, l’abitazione dell’ex sacerdote è perquisita e si scoprono filmati, foto, dvd, chat dove protagonisti sono i bambini.

All’epoca, Vescovo della Diocesi Lucera-Troia (dal 2007 sino al 2015) è Monsignor Domenico Cornacchia, l’attuale Vescovo della Diocesi Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi. «Ma io non sapevo nulla di Trotta. Non era un presbitero diocesano; avrebbero dovuto controllare il suo superiore generale e provinciale» commenta il Vescovo, interpellato dal quotidiano “La Repubblica”, non intendendo rilasciare, al momento, altre dichiarazioni.

Nell’udienza preliminare, iniziata il 7 febbraio, dinanzi al gup del Tribunale di Bari Roberto Oliveri del Castillo, a Trotta è concesso di essere processato con il rito alternativo. Già condannato in primo grado, a ottobre del 2015, a otto anni di reclusione per violenza sessuale aggravata su un undicenne e produzione di materiale pedopornografico, è ora accusato di altri nove casi di abusi su minori, tra i 12 e i 13 anni, che facevano parte del gruppo di giovani calciatori a cui apparteneva il primo ragazzino.

Monsignor Giuseppe Giuliano, che da pochi giorni ha preso possesso della diocesi Lucera-Troia come nuovo vescovo, è affranto. «Non sapevo nulla. Tremo a pensare a quei bambini. È troppo tutto questo male».

Qualche tempo fa, un sacerdote, a proposito degli abusi su minori perpetrati da religiosi, aveva sottolineato che «una foresta che cresce non fa rumore, un albero che cade sì», a restituire l’immagine di una Chiesa fatta di uomini e donne che lavorano per gli ultimi, senza clamori, ma di cui nessuno parla, ma che è attaccata, nella sua interezza, quando alcuni commettono scelleratezze.

Ha ragione quel sacerdote. Ma quello che non è giusto e non è ammissibile è il silenzio.

(Fonti LaRepubblica.it, Ansa)

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