Paolo Angeli e Sanna Myllylahti al Talos Festival
La serata si concluderà con il primo concerto di questa edizione del Talos Festival. Dalle 20 in Piazzetta le Monache (POSTI ESAURITI – in caso di pioggia nella Chiesa di San Domenico), introdotto dal giornalista Fabrizio Versienti, il musicista, compositore e virtuoso della chitarra sarda preparata Paolo Angeli proporrà Talea. Lo spettacolo in solo è il punto di arrivo di una ricerca e convivenza ventennale, in cui ha abbracciato questo strumento unico come naturale propaggine delle proprie idee musicali. Partendo dallo strumento tradizionale ha ideato, infatti, una vera e propria chitarra orchestra: 18 corde, ibrido tra chitarra baritono, violoncello e batteria, dotato di martelletti, pedaliere, eliche a passo variabile. Con questa singolare creazione il musicista sardo rielabora, improvvisa e compone una musica inclassificabile, sospesa tra free jazz, folk noise, pop minimale, post-rock. Nel 2018 Angeli si è esibito alla Carnegie Hall di New York, entrando così nella rosa dei più importanti musicisti ‘innovatori con radici’ della scena mondiale. Se determirante negli anni ’90 fu l’incontro di Paolo Angeli con l’anziano custode delle forme galluresi e logudoresi Giovanni Scanu e con il maestro indiscusso dell’avanguardia Fred Frith, altrettanto importante si rivela nel 2003 la richiesta di un nuovo modello di chitarra sarda preparata da parte del chitarrista statunitense Pat Metheny. Ha improvvisato e collaborato con Fred Frith, Iva Bittova, Hamid Drake, Evan Parker, Antonello Salis, Pat Metheny, Jon Rose e molti altri. «Talea è una versione ‘extended play’ delle musiche a me più care, che hanno caratterizzato con continuità i tour intercontinentali degli ultimi anni», racconta Paolo Angeli. «Decido sul palco quale sarà la scaletta della serata, basata su oltre quattro ore di repertorio, per cui nessuna esibizione è uguale alla precedente, mutando profondamente a seconda delle latitudini e del contesto. In un certo modo non è molto diverso dal veleggiare tra diverse isole, tenendo conto delle onde, delle correnti e di tutti gli imprevisti che avvengono nelle esplorazioni sottocosta. Il viaggio in solitario è quanto di più bello possa esistere. Ti confronti con la tua intimità, con il passare del tempo, con musiche che ti appartengono. Ogni volta cerco di spostare il margine di rischio con la consapevolezza che ad attendermi c’è la terra ferma. E li affiorano le composizioni, isole da esplorare e abbandonare per continuare ad assaporare la bellezza della navigazione nell’immenso mondo della musica», prosegue. «L’improvvisazione costituisce il cuore pulsante di questo processo creativo, intesa come materiale di collegamento e come sviluppo delle strutture. In alcuni casi i brani sono realizzati assemblando suite estemporanee, lavorando con un taglia-incolla di composizioni, aspetto che mi ha permesso di costruire una partitura ideale cangiante».