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Cenni storici sulla Confraternita “Opera Pia” San Rocco

In occasione della processione degli Otto Santi di questa notte, ripercorriamo alcuni cenni storici circa la Confraternita “Opera pia” di San Rocco, custode del grande complesso statuario.

Quelle che seguono sono le informazione forniteci dai confratelli Domenico Tambone e Giuseppe Altamura.

Non possiamo cominciare a parlare della Confraternita se prima non esaminiamo le origini che hanno portato il culto del Santo titolare nella terra di Bari e in particolare sino alla nostra città.

Il culto del Santo di Montpellier, con molta probabilità è stato fatto attecchire e successivamente sviluppato nei nostri territori e su tutte le terre affacciate sull’ Adriatico dalla Serenissima Repubblica di Venezia agli inizi del 500, in particolare il culto a Ruvo si è esteso quando secondo la tradizione che vuole che proprio San Rocco, durante una terribile pestilenza scoppiata in città nel 1502, causata anche dal conflitto in corso tra spagnoli e francesi sia apparso vestito da viandante al primo magistrato e al Vescovo invitandoli a non abbandonare la città e abbia esortato la stessa comunità alla preghiera, grazie proprio a questa intercessione il flagello della pesta ebbe termine.

I ruvesi in segno di profonda gratitudine e mossi da una devozione sempre più crescente, fecero edificare nel 1503 una chiesa dedicata a San Rocco, l’edificio fu consacrato lo stesso anno dal Vescovo , Francesco Spalluzio, nativo di Bisceglie.

Come si è detto la devozione al Santo andava sempre più aumentando, infatti in quegli anni proprio nella stessa chiesa un gruppo di devoti ferventi si unisce in una congregazione intitolata a San Rocco, nasce così la nostra Confraternita.

La testimonianza della Confraternita si evince dalla lapide con bassorilievi, inscritta sul lato nord della chiesa dove sono elargite le indulgenze concesse da Papa Gregorio XIII, il 28 ottobre 1576, tale iscrizione colloca la congrega di San Rocco come più antico sodalizio della città.

La Confraternita era contraddistinta per la sua modestia in quanto i suoi congregati di estrazione sociale molto umile, in gran parte costituita da contadini che non possedevano terre e che vivevano dei lavori stagionali della mietitura e della vendemmia, per questa sua caratteristica che andava anche ad incider sull’ aspetto spirituale anch’esso molto semplice, portarono il vescovo Gaspare Pasquali nella sua relatio del 1593 a definirla povera.

Per far fronte alle spese dei restauri e l’addobbo della chiesa, i sodali dovettero far ricorso molto di frequente alle elemosina, a causa di questa situazione socio-economica molto precaria per il periodo compreso tra il XVI e XVIII secolo non sono giunte a noi delle informazioni certe sulla reale continuità della Confraternita, infatti si ritiene che la stessa si sia estinta nel corso del Seicento, vista anche la richiesta di regio assenso che nel 1781 giunge al re Ferdinando IV, richiesta che viene avanzata dai sodali forse per ripristinare la disciolta congrega.

L’ipotesi dell’estinzione del Sodalizio durante il periodo sopraccitato non trova però conferma anzi sarebbe addirittura confutata dalle citazioni nelle relationes ad limina dei vescovi Saluzio (1607), Mammolo (1621), Caro (1668), Alitto (1689-1691-1693-1697), Morgione (1701). Come già detto i sodali inviarono il 27 giugno del 1781 al re Ferdinando IV, la richiesta per il Regio Assenso alla fondazione e allo statuto confraternale, a testimonianza delle approssimative condizioni culturali, la richiesta giunta a corte era stata sottosritta da 50 confratelli di cui ben 40 firmarono il documento con una croce.

Per l’assenso era obbligatorio redigere le regole come previsto dal Regio Dispaccio del 26 giugno 1776, le stesse regole furono vagliate con parere favorevole dal Cappellano maggiore e della Regio Camera di Santa Chiara, così si arrivò all’ approvazione definitiva col Rescritto del re Ferdinando IV il giorno 8 agosto 1781. Il regolamento prevedeva l’adempimento di attività di solidarietà e assistenza, vicendevole tra i sodali in caso di malattia e garantivano gli uni agli altri il viatico, la preghiera, la sepoltura e il suffragio dopo la morte.

La Confraternita gestiva un ospizio, il Monte di San Rocco, su cui non abbiamo a disposizione molte notizie e del quale ignoriamo sia le origini che le finalità, ma che doveva sicuramente essere molto antico.

Alla fine del XVIII secolo alla luce degli ultimi Regi Assensi avvenuti a favore della Confraternita Purificazione-Addolorata avvenuta nel 1777 e la nostra Confraternita avvenuta appunto nel 1781, sorsero tra le congreghe della città delle controversie legate alla precedenza nelle processioni e nelle manifestazioni religiose, questa diatriba fu sedata dal Vescovo di Ruvo Mons. Pietrangelo Ruggeri, il quale dettò l’ordine delle quattro Confraternite ancora oggi rispettato, egli nel fare questo tenne conto delle prime origini di ogni singolo Sodalizio.

Per quanto attiene al decoro e abbellimento della chiesa non va sottovalutata l’importanza della confraternita la quale ha commissionato presso riconosciuti artisti opere che con il tempo hanno assunto notevole importanza artistica e storica, e che oggi fanno parte del bagaglio culturale della città di Ruvo.

Infatti tra le opere più significative troviamo la statua in legno policromo raffigurante San Rocco del XVII secolo attribuita a Nicola Antonio Brudaglio, il dipinto ad olio, di scuola napoletana, autore anonimo in cui viene ritratta la Madonna del Buon Consiglio, due croci processionali del XIX secoli dipinte a olio su legno di autore anonimo riportanti i simboli della passione.

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