Politica

"Ora o mai più. Votare SI' farà uscire tutti dalla palude": così al comizio del Comitato pro riforma

In politica il momento è strategico: se si vogliono cambiare veramente le cose, se si vuole bonificare la palude nella qual viviamo, è necessario votare “Sì” al referendum confermativo del 4 dicembre. Perché quella data è il “D-day” ossia la prima tappa, se dovesse vincere il “Sì”, di un cambiamento che porterà solo benefici alla comunità e garantirà la stabilità del governo.

Sono diventate un mito, quasi da leggenda metropolitana, le domande lievemente ironiche che i ministri rivolgono al loro collega italiano come “Bel discorso! Ma al prossimo vertice ci sarà lei o qualcun altro?” ad attestare la fragilità su cui poggiano i governi italiani.

Sinteticamente è così espresso il pensiero di Marco Lacarra, consigliere regionale e segretario regionale del Partito Democratico, il sindaco Pasquale Chieco e Vito Cantatore di “Un Cantiere in Comune” in occasione del comizio, organizzato dal Comitato Referendario del “Sì”, che si è svolto, ieri , nella Sala Conferenze della Pinacoteca Comunale.

Con la vittoria del Sì, si sancirebbe la fine del bicameralismo perfetto, dove il potere legislativo è affidato alla Camera dei Deputati e ai Senatori con funzioni e prerogative identiche per cui può accadere, come è avvenuto per la legge contro il femminicidio, che ci sia una specie di navetta da una Camera all’altra per gli emendamenti che fa perdere molto tempo prezioso. Inoltre i decreti legge, che se non si convertono in legge  entro sessanta giorni decadono con tutte le conseguenze che comportano e quindi rendendo incerta la disciplina delle situazioni sviluppatesi nel frattempo, non saranno più la regola per governare lo Stato ma saranno sostituiti da “leggi a data fissa” che dovranno essere votate entro tempi ragionevoli.

“Tra l’altro – ha ribadito Lacarra – gli stessi Padri della Costituzione hanno previsto che la legge suprema dello Stato potesse essere cambiata e questa opportunità viene data ai cittadini attraverso questo referendum. Non è possibile che in settant’anni ci siano stati sessantatré governi!”.

“La prima parte della Costituzione, quella dedicata ai diritti fondamentali – ha sottolineato Chieco – non andrà toccata. La riforma riguarderà solo la seconda parte, sulla quale da decenni si parla di cambiare. Il “Senato delle Autonomie” che si verrà a comporre, se passa la riforma, sarà composto da amministratori e consiglieri che non percepiranno alcuna indennità relativa ma saranno i punti di riferimento per noi sindaci che ci troviamo a combattere con mille problemi e poche risorse, a causa della Legge di Stabilità. Poi, la normativa regionale sarà più ordinata in quanto tutte le regioni dovranno attenersi, per determinate materie, a linee guida uniche: le stesse materie, spesso, sono disciplinate in modo diverso da regione a regione”. 

Tre sono comunque le motivazioni, secondo il comitato referendario del Sì, che dovrebbero indurre gli italiani a votare in tal senso: il preventivo parere obbligatorio della Corte Costituzionale su tutte le leggi elettorali senza che penda, su di esse, la spada di Damocle della sentenza di illegittimità; la modifica del quorum per il referendum abrogativo, cioè il referendum passa con il 50% +1 di coloro che sono andati a votare. Il referendum abrogativo sulle trivelle, per esempio,  sarebbe passato se fosse stata in vigore tale norma; infine, nelle nuove leggi elettorali, sarà garantita la parità di genere, si cercherà di rompere il “tetto di cristallo” che separa le donne da ruoli istituzionali.

Vito Cantatore ha evidenziato come molti sindacati si siano alleati, pur avendo storie e idee differenti, per combattere tale riforma. Un atteggiamento comune anche ai partiti, che vede Salvini, Berlusconi, Grillo e altri seduti allo stesso tavolo contro il nemico comune, Matteo Renzi. E magari fanno leva sui malumori delle persone per raccogliere consensi. Ma questa è una via che non porta lontano, secondo il comitato del “Sì”, perché si fanno prevalere i personalismi a scapito della collettività e del progresso del nostro Paese.

 

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