“Nessuno dà all’Ucraina la possibilità di essere se stessa”. Così Livio Minafra condanna la guerra
Un momento delicato, a tratti surreale ma maledettamente vero e che nessuno mai, oggi, avrebbe pensato di vivere.
Parlare di guerra, specialmente alla luce dei fatti del secolo scorso, ci sembra addirittura surreale e, al tempo stesso insicuri dell’oggi e ancor di più del domani. È per questo che, nonostante i 3mila chilometri di distanza, quello che sta accadendo in Ucraina ci tocca così tanto. È come se quella distruzione che vediamo in uno schermo tv fosse la nostra; è come se quella gente fossimo noi. Così accogliamo, doniamo, mostriamo tutta la massima solidarietà e mandiamo più aiuti possibili come a cercare di soffocare quel senso di inerzia e impotenza nei confronti di una cosa molto più grande di noi e impossibile da immaginare, o almeno tale sino a qualche settimana fa.
Mette ancor di più i brividi sentire le testimonianze di chi in Ucraina c’è stato. Sentire parlare di una terra così prosperosa e vederla al tempo stesso distrutta da un giorno all’altro: non sovvengono parole.
C’è un ruvese, Livio Minafra. La sua musica, il suo jazz, negli anni, è andato oltre i confini della sua stessa città natale, della sua stessa nazione, andando a toccare terreni nuovi e internazionali. Quello dell’Ucraina è, infatti, uno di questi.
Cinque anni fa suonò al conservatorio “Tchaikovsky” di Kiev, lo stesso che oggi rivede in tv, “ancora fortunatamente intatto” dice. Poi ad agosto 2021 nel museo della grandiosa cattedrale di Santa Sofia.
E così Livio ci racconta l’Ucraina tramite le esperienze artistiche, le amicizie e tutto ciò che ha maturato in quella terra.
Racconta di un paese fertile e ricco di arte e musica, con una storia molto forte ma costantemente contesa e strattonata da Stati più influenti e spesso autoritari.
“Nessuno dà all’Ucraina la possibilità di essere se stessa – dice il jazzista ruvese – Il mio dolore non è solo per il sangue che si sta spargendo o per l’impossibilità di fornire loro aiuti ma è anche per il fatto di stare a guardare un paese ricco, con una grande Storia che sì, è collegata alla Russia ma che non per questo deve genuflettersi ad essa. È un dolore“.
Racconta ancora di una paese in cui tutti sono fratelli: ricorda quando ad agosto scorso, nel corso del suo viaggio artistico, ha constatato del fatto che molti ucraini hanno parenti in Russia, o comunque hanno avuto sempre rapporti con questa, “Tuttavia – dice – c‘era già un clima di tensione ma non si pensava si arrivasse addirittura a questo“.
Parla nostalgicamente della convivenza delle religioni e delle culture che ha meravigliosamente scoperto lì, e poi degli ucraini, alcuni suoi conoscenti, gli stessi che, da un momento all’altro, si sono ritrovati come catapultati in una dimensione assurda:
“Al centro di Kiev, dove sono stato io – spiega – ci sono delle persone che conosco e che adesso hanno abbandonato la casa: che fine farà? Qualcuno invece è rimasto a combattere: gente che suona – e ricorda un clarinettista – che ora, invece, si mette a imbracciare un fucile, una pistola o delle bottiglie molotov. Sembra che loro non abbiano il diritto di essere se stessi“.
Poi aggiunge:
“È una guerra che ora ci sembra vicina per via degli aiuti che stiamo fornendo e perché certamente ci sentiamo minacciati ma dobbiamo ricordarci che il mondo ha lo Yemen, la Siria, paesi che guardiamo alla tv come fossero il terzo mondo e ci dispiacciamo ma non più di tanto: questo è sbagliato – afferma – perché ogni guerra ha il suo dolore e una sua dignità“.
C’è un forte legame, dunque, tra l’Ucraina e Livio Minafra: “C’è un pezzo di cuore che sanguina pensando all’Ucraina in questo momento” rivela all’inizio della nostra conversazione, ed è impossibile non notarlo anche nella sua stessa discografia. Si veda Balcan Trip, un viaggio immaginario che lo porta dalla Puglia ai Balcani, lo stesso che ha editato, tra l’altro, insieme alla fisarmonicista ucraina Eugenia Cherkazova.
Ci confida un racconto che gli fu fatto dalla stessa Cherkazova. La musicista gli riferì come la Russia, paese economicamente più ricco per via di gas e petrolio, cercava di acquistare territori ucraini. E chiacchierando con la stessa, Minafra paragonò il Presidente Zelenskyy, un attore sempre più vicino alla politica, come il nostro Beppe Grillo. Nulla faceva presagire che un destino assurdo lo avrebbe condotto a fronteggiare l’impensabile.
Alla fine della conversazione, Livio conclude:
“La musica è fatta in maniera naturale per incontrare gli altri; gode della diversità dell’altro perché, alla fine – dice – non è importante farti capire con le parole, ma con le note. Dunque, in maniera naturale, la musica crea ponti, al contrario della politica. Perché l’America ha fatto la guerra in Iraq? Per l’interesse al petrolio. Putin, invece, non ha altri motivi se non quello del potere: crea, così, una forma hitleriana della guerra“.
Conclude:
“Speriamo che il conflitto finisca presto anche se le ferite rimarranno. Io penso che i nostri bambini saranno cittadini migliori. Il covid gli ha educati al senso della responsabilità e, avendo vissuto la mascherina, godranno della bocca e del viso aperto. Adesso stanno vedendo la guerra alla tv perciò sapranno cos’è la fame e la sofferenza. Saranno cittadini forti e motivati a fare del bene. Speriamo che un giorno ci sia solo pace“.
In foto Livio Minafra e Eugenia Cherkazova in concerto a Kiev lo scorso 31 agosto 2021.
Articolo di Ruvesi.it