Cronaca

MUORE UN DICIASSETTENNE SULLA TERLIZZI – GIOVINAZZO. FREQUENTAVA L'ITSET DI RUVO DI PUGLIA

Giuseppe De Chirico è morto in un incidente stradale sulla provinciale per Giovinazzo, nel pomeriggio di ieri, intorno alle 14. Aveva 17 anni e avrebbe frequentato il quarto anno dell’Istituto Tecnico “Padre A. M. Tannoia” presso la sede di Ruvo di Puglia.

Era in sella a un ciclomotore che per cause da accertare si è scontrato con una Peugeot. Sul motorino viaggiava anche un suo amico 16enne, di origine albanese, che è ricoverato in fin di vita nell’ospedale Bonomo di Andria.

I carabinieri si sono occupati dei rilievi per cercare di venire a capo della dinamica degli eventi che hanno portato alla tragedia.

Sulla sua bacheca facebook, il ricordo di docenti e compagni di classe: “Ti ho guidato x due anni… – scrive una professoressa – sei cresciuto con me…mai un professore vorrebbe leggere tutto questo…che Dio ti benedica…ragazzo dagli occhi belli“. E ancora: “Ho scelto questa foto perché ti descrive.. eri sempre sorridente! Quante cazzate abbiamo fatto a scuola, qualche volta ci siamo beccati ma è normale tra compagni di classe.. Mi mancherai portierone!“.

Infine, riportiamo questa intensa riflessione: “E ora che la vita non c’è più, che resta da fare? I sorrisi, le avventure, le “cazzate”, il divertimento, le trasgressioni, il ballo in discoteca e poi? Uno schianto ed è tutto finito. 
Stop. Il capolinea è lì. Tremendo e inesorabile.
Sì, diranno tutti che non ti dimenticheranno mai – e molti sono sinceri e lo pensano per davvero. Ma quanto durerà? – e che sei un angelo – sarà per questo che i corpi disanimati vengono subito coperti da un lenzuolo bianco, sudario triste d’un destino assurdo? – ma, intanto, c’è solo il vuoto, oggi. Dentro, fuori, ovunque.
Un vuoto sgomento pieno di nulla. L’abisso di dolore nel quale stanno affondando i parenti disperati. Le loro urla ancora feriscono la “campana fioca del cielo”. Un cucciolo cresciuto e d’improvviso perduto ti sommerge di sensi di colpa grossi quanto macigni invincibili. Sopravvivere ad un figlio è la condanna più straziante che un genitore possa subire.
Gli sguardi smarriti degli amici che non ti trovano più accanto, soprattutto nel momento del bisogno, perché a te bastava una parola per ridonare luce persino alle giornate più buie della comitiva…
Ma, poi, si può ad un’età così verde essere su una strada così pericolosa, un sabato di finta primavera? Si può morire all’alba come capita ai sogni bambini? Non è che forse la turboesistenza sta facendo un crudele falò di tutte le esperienze che, un tempo neppur tanto lontano, si vivevano gradualmente e che, prim’ancora che farci maturare dentro, ci davano la consapevolezza del cambiamento interiore, anche a costo di sacrifici e rinunce?
Avere tutto e subito, ad ogni costo, ci sta facendo dimenticare che siamo soprattutto “essere”? Chiudere gli occhi e smemorarsi di vivere non vuol dire assolutamente sognare.
Sì, il piccolo resterà pure in pace, ma la comunità terlizzese tutta, che ha perduto un fiore così piccolo, può trovare pace questo sabato sera, che non è un giorno qualsiasi, ma è sempre il giorno di una tragedia?“.

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