Mons. Cornacchia: “Un cuore sempre aperto”. L’omelia per la Messa crismale
L’omelia della Messa Crismale celebrata da Mons. Cornacchia.
Carissimi confratelli nel sacerdozio, diaconi, religiosi, religiose, consacrati, fedeli tutti, con particolare gioia, ma anche con un velo di mestizia nel cuore celebriamo insieme l’Eucaristia, vero sacramento di comunione con Cristo e con la Chiesa. Sono spiritualmente a noi vicini, S.E. Mons. Felice di Molfetta, S.E. Mons. Nicola Girasoli e don Paolo Malerba, missionario fidei donum in Kenya. Sono con noi Padre Luigi Cannato, missionario in Albania e don Vincenzo Marinelli, alunno dell’Accademia Pontificia. Li salutiamo con affetto sincero e fraterno.
Oggi, in qualche modo, respiriamo l’atmosfera del Mercoledì Santo, allorquando avremmo voluto vivere comunitariamente la Liturgia della benedizione degli Oli Santi. Ho atteso questo bellissimo momento in cui, noi sacerdoti e il popolo dei fedeli, ci uniamo in preghiera e in ringraziamento al Signore. Sì, diciamo grazie al buon Dio per il dono della salute e della guarigione di tanti ammalati. Nel medesimo tempo però, siamo rattristati perché molti, non solo in Italia, ma nel mondo intero, piangono per la perdita di tanti loro cari. Per tutti i defunti eleviamo al Signore, una speciale preghiera di suffragio.
Sembra di esserci risvegliati da un inquietante sonno! Alcuni mesi fa nessuno si sarebbe immaginato di vivere, da recluso, nella propria abitazione, per parecchie settimane, con le innumerevoli limitazioni che sono seguite al dilagare del morbo del Coronavirus.
Si stringe il cuore al pensiero di tanti che sono morti, senza neppure una carezza dei parenti ed amici. Esprimiamo ancora la nostra vicinanza a don Michele Bernardi che proprio in questo periodo ha perso il suo papà.
Molti sono stati privati di una persona cara, così come tanti hanno perso il lavoro e altri beni. Nessuno però deve perdere la speranza. Per questo siamo qui in preghiera. Sentiamo a noi vicini quanti ci stanno seguendo dalle loro case, specie i malati, gli anziani e i bisognosi di qualsiasi necessità.
Nostro Signore, nella Sinagoga di Nazaret, ha letto il noto passo del profeta Isaia: “Lo Spirito del Signore è su di me: mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri” (Is 61,1). Questo versetto vorrei fosse ripetuto da ognuno di noi, sacerdoti e fedeli laici. È proprio il nostro programma di vita.
Mi rivolgo a voi carissimi confratelli nel sacerdozio affinché, insieme, siamo sempre più consapevoli del delicato mandato ricevuto dal Signore.
Chiediamoci: chi sono oggi i poveri? Dove sono? In che modo si manifestano? Cosa facciamo per essere credibili ai loro occhi? Papa Benedetto XVI, nel giorno inaugurale del suo pontificato (24 aprile 2005), ha definito “deserto”, tante forme di “povertà”, dicendo: “Vi è il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto. Vi è il deserto dell’oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati più ampi”.
Molte volte i deserti esteriori non sono altro che l’effetto di una desertificazione interiore. Come il deserto può mutarsi in giardino rigoglioso e fruttifero?
Noi per primi, chiamati alla sequela di Cristo, in modo speciale con la Sacra Ordinazione, dobbiamo essere sempre più coscienti e consapevoli di questa sublime missione: vivere in modo da trasformare il deserto in vita, mai il contrario. Paolo VI, agli inizi degli anni ’30, commentando alcune lettere paoline, diceva: “L’unica ambizione che un sacerdote dovrebbe avere è quella di essere conosciuto, stimato, cercato come direttore di anime, come maestro di spirito, come intermediario tra Dio e gli uomini”.
Tra poco, noi sacerdoti rinnoveremo, dinanzi a voi fedeli, le nostre promesse sacerdotali. Siamo così invitati a chiederci se ciò che diamo e predichiamo sia frutto di quanto è già in noi.
San Bernardo, a tal proposito, così si esprimeva: “Se sei saggio, ti dimostrerai conca e non canale. Il canale, quasi istantaneamente riceve e riversa, la conca invece, attende fino a quando è ricolmata e così condivide, senza proprio danno, ciò che è sovrabbondante. […] In verità, oggi ci sono nella Chiesa molti canali e poche conche”!
Miei cari sacerdoti, siamo coscienti della nostra fragilità umana, dei nostri limiti, tuttavia, se il Signore ripone in noi la sua fiducia, cerchiamo di non deluderlo e di corrispondere a tanta benevolenza.
“Portare il lieto annunzio ai poveri” significa dunque mostrare con il nostro agire che, noi per primi, siamo lieti, felici, fieri di quanto proclamiamo agli altri. E dobbiamo far sì che questi se ne accorgano.
Permettetemi, prima di concludere, di esprimere un grande e riconoscente sentimento di gratitudine ai nostri sacerdoti per la vicinanza spirituale, morale e caritativa dimostrata a favore di tanti fratelli e sorelle provate in questo tempo di pandemia. Non solo le porte, ma soprattutto il loro cuore è stato sempre aperto, vicino e disponibile. Grazie ai tanti collaboratori, benefattori e volontari che, a piene mani, sono andati incontro a Gesù stesso nascosto nei poveri.
Concludo con una bellissima riflessione del Dottore della Chiesa San Gregorio Magno, che possiamo indirizzare a ciascuno di noi sacerdoti: “Un pastore d’anime dev’essere vicino a ciascuno con il linguaggio della compassione e della comprensione. Deve, in modo singolare, essere capace di elevarsi per la preghiera e la contemplazione. I sentimenti di pietà e di compassione gli permetteranno di fare sua la debolezza degli altri. La contemplazione lo porti a superare e vincere se stesso, con il desiderio di cose celesti. Tuttavia, il desiderio della conquista delle cose spirituali non gli faccia dimenticare le esigenze dei fedeli. Come pure: il provvedere e il soddisfare alle esigenze del prossimo, non gli faccia trascurare il dovere di elevarsi alle cose celesti” (Gregorio Magno, Regola Pastorale, II, 5).
Gli Oli, che tra qualche istante saranno benedetti, ci facciano già pregare per coloro che saranno raggiunti con la sacra unzione. Innanzitutto preghiamo per il nostro giovane don Luigi Ziccolella che il prossimo 27 Giugno, in questa Cattedrale di Molfetta, riceverà l’Ordine Sacro del sacerdozio ministeriale. Auguri anche ai cari confratelli che quest’anno celebrano rispettivamente l’anniversario di sacerdozio: il 50° don Nicola De Palo e don Vincenzo Speranza; il 60° Mons. Ignazio de Gioia, don Pasquale de Palma e don Saverio Minervini.
Affidiamo al Signore i piccoli che saranno battezzati, gli adolescenti che si preparano a ricevere il dono dello Spirito Santo con la Confermazione e gli infermi che riceveranno la consolazione della preghiera quale conforto nella loro sofferenza.
A voi, fedeli laici, mi rivolgo con le parole di San Giovanni Paolo II: “Amate i vostri sacerdoti! Stimateli, ascoltateli, seguiteli. Pregate ogni giorno per loro. Non lasciateli soli né all’altare, né nella vita quotidiana. E non cessate mai di pregare per le vocazioni sacerdotali e per la perseveranza della consacrazione al Signore e alle anime”.
O Signore, Tu che hai scelto i tuoi sacerdoti come collaboratori della tua redenzione, fa’ che gli uomini trovino sempre nelle loro labbra la Tua parola. Maria, la nostra Madre celeste ci guidi oggi e sempre.
Così sia.