MADE IN ITALY: GIU' LE MANI DELL'EUROPA DAL PIATTO; VIA DATA DI SCADENZA OLIO, MIGLIAIA DI AGRICOLTORI E TRATTORI IN STRADA A BARI
Dopo un lungo applauso a testimoniare il cordoglio e la vicinanza ad un popolo colpito al cuore da vili atti di terrorismo, i 4000 agricoltori di Coldiretti, partiti dalle campagne di Puglia e Basilicata con i loro trattori e riuniti a Bari, hanno messo sotto ‘procedura di infrazione’ l’Europa, rea di minacciare quotidianamente il ‘made in Italy’ con provvedimenti dannosi per il tessuto agricolo ed i consumatori.
“Il settore agricolo diventa merce di scambio senza alcuna considerazione del pesante impatto sul piano economico, occupazionale ed ambientale sui nostri territori” ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel chiedere che “si attivino urgentemente le clausole di salvaguardia previsti dagli accordi bilaterali, vista la grave perturbazione di mercato creata dall’eccessivo aumento delle importazioni. In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza”, ha continuato Moncalvo nel sottolineare che “l’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004 grazie alla quale è diventato obbligatorio indicare in etichetta la provenienza del latte fresco e quella della passata di pomodoro in Italia”. Da allora molti risultati sono stati ottenuti anche in Europa ma – continua la Coldiretti – l’etichetta resta anonima per quasi la metà della spesa, dai formaggi ai salumi, dai succhi di frutta, dalla pasta al latte a lunga conservazione, dal concentrato di pomodoro ai sughi pronti fino alla carne di coniglio. A livello comunitario il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto.
Novità dell’ultima ora l’ipotesi di togliere la data di scadenza dell’olio di oliva per favorire lo smaltimento delle vecchie scorte a danno dei consumatori. “Dopo il via libera all’accesso supplementare di olio tunisino – denuncia Gianni Cantele, Presidente di Coldiretti Puglia – è l’ultimo affronto inaccettabile all’olivicoltura. Si intende favorire lo smaltimento di olio vecchio e fa invece venir meno una importante misura di salvaguardia per il consumatore, dato che l’olio di oliva modifica le proprie caratteristiche con il passar del tempo. Non possiamo più accettare il totale disinteresse dell’Europa verso il settore agroalimentare che in Puglia ha segnato anche nel quarto trimestre del 2015 l’aumento del 26% degli occupati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Con il nuovo Piano di sviluppo rurale, tra l’altro, ci sono opportunità di insediamento nell’agricoltura pugliese per circa 2000 giovani, con premi al primo insediamento e interventi regionali che vanno dal sostegno all’ammodernamento delle imprese alle filiere corte, dalla gestione del rischio fino alla biodiversità”.
Con l’invecchiamento – precisa la Coldiretti – l’olio comincia a perdere progressivamente tutte quelle qualità organolettiche che lo caratterizzano (polifenoli, antiossidanti, vitamine) e che sono alla base delle proprietà che lo rendono un alimento prezioso per la salute in quanto rallentano i processi degenerativi dell’organismo. Secondo la Coldiretti è necessario mantenere il termine minimo di conservazione, prevedendo una possibilità di deroga solo qualora il produttore adotti ulteriori accorgimenti per la conservazione organolettica del prodotto, da riportare in etichetta. Sarebbe importante introdurre l’obbligo dell’indicazione in etichetta dell’annata della raccolta.
Ma il disegno di legge europea 2015 rischia di modificare in peggio l’etichettatura degli oli di oliva, abrogando le norme che prevedono che “l’indicazione dell’origine delle miscele di oli di oliva deve essere stampata con diversa e più evidente rilevanza cromatica rispetto allo sfondo, alle altre indicazioni e alla denominazione di vendita”, con l’effetto – denuncia la Coldiretti – di attenuare i livelli di tutela nella commercializzazione dell’olio di oliva.
A guadagnare – continua Coldiretti – sono solo le grandi multinazionali che hanno già avuto dall’Unione Europea un regalo da 110 milioni di euro grazie allo sconto di 1,24 euro a chilo che è stato concesso con il nuovo contingente agevolato di 35 milioni di chili dalla Tunisia va ad aggiungersi alle attuali 56.700 tonnellate a dazio zero già previste dall’accordo di associazione Ue-Tunisia, portando il totale degli arrivi “agevolati” annuale oltre quota 90mila tonnellate, praticamente pari a tutto l’import in Italia dal Paese africano.
“Con un + 8,59% della PLV (Produzione Lorda Vendibile) che torna a superare nuovamente i 3 miliardi di valore l’agroalimentare pugliese si rivela – sottolinea Angelo Corsetti, Direttore di Coldiretti Puglia – il traino dell’economia regionale nel 2015. E’ boom per le esportazioni agroalimentari pugliesi all’estero che nel 2015 raggiungono il massimo storico salendo oltre quota 1,6 miliardi di euro, con un incremento del 16 per cento nel confronto con l’anno precedente. E’ un settore che va assolutamente tutelato e messa in protezione rispetto al mercato parallelo di prodotti provenienti magari da migliaia di chilometri di distanza, spesso sofisticati, spacciati per prodotti di qualità, quando di qualità non sono, utilizzando il marchio ‘made in Italy’, a danno dell’imprenditoria agricola pugliese e dei consumatori”.
Con due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, come pure la metà delle mozzarelle e il concentrato di pomodoro dalla Cina i cui arrivi sono aumentati del 379% nel 2015 per un totale di 67 milioni di chili, occorre introdurre senza esitazione in Italia l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti, come ha chiesto il 96,5% degli italiani sulla base della consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole. Oggi quasi la metà della spesa dei cittadini resta è anonima con prodotti importati dall’estero che vengono spacciati come italiani, perché non è obbligatoria alcuna indicazione in etichetta. Finalmente ci sono le condizioni per cambiare le norme comunitarie nel senso della trasparenza sotto la spinta di Italia e Francia, alla quale è stata già concessa l’autorizzazione dalla Commissione europea per l’etichettatura di origine per i derivati del latte e della carne. Un via libera venuto sulla base del regolamento comunitario N.1169 del 2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014, che consente ai singoli Stati Membri di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti qualora i cittadini esprimano in una consultazione parere favorevole in merito alla rilevanza delle dicitura di origine, ai fini di una scelta di acquisto informata e consapevole.
Intanto, crollano i prezzi nelle campagne italiane, dal -43% per cento dei pomodori al -35 % per il grano duro fino al -30% per le arance rispetto all’anno scorso, a causa oltre che dall’andamento climatico, soprattutto della pressione delle importazioni, determinate dall’accordi agevolati.
E’ il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli, zucchine, aglio, olio di oliva, all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi, oltre all’olio di oliva dalla Tunisia. L’Egitto invece – ha precisato la Coldiretti – nel periodo 1° febbraio – 14 luglio può esportare a dazio zero uva da tavola nei territori dell’Ue con un impatto sulla produzione nazionale che nel mezzogiorno arriva sul mercato già a partire da maggio.
L’accordo con il Marocco – ha sottolineato la Coldiretti – è fortemente contestato dai produttori agricoli perché nel paese africano è permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera. Il risultato – ha evidenziato la Coldiretti – è che le quotazioni al produttore agricolo sono praticamente dimezzate rispetto allo scorso anno su valori inferiori ai costi di produzione che sono insostenibili e mettono il futuro della coltivazione in Italia.
In difficoltà – precisa la Coldiretti – pure gli agrumi con una pianta di arance su tre (31%) che è stata tagliata negli ultimi quindici anni, mentre i limoni si sono dimezzati (-50%) e le piante di clementine e mandarini si sono ridotte del 18 per cento. Sotto accusa è il fatto che “a distanza di un anno e mezzo dall’approvazione da parte del Parlamento italiano della legge che aumenta la quantità’ minima di succo nelle bibite a base d’arancia dal 12 al 20% non è stato ancora emanato il decreto applicativo. Ma manca trasparenza anche – continua la Coldiretti – sulla reale origine dei succhi di frutta in etichetta.