“Luce e Vita” titola: “Non c’è pace senza sobrietà”
Non c’è pace senza sobrietà. La sobrietà è la via maestra per riequilibrare le ingiustizie del mondo, tutte riconducibili al dualismo ricchezza/povertà.
Dualismo non è la parola corretta, in verità, poiché la povertà è la condizione più diffusa nel mondo e potrebbe vincere sulla ricchezza se non ci fosse il potere.
Il potere, che è in ultima analisi l’ostentazione della ricchezza, ha bisogno della povertà perché senza non può essere esercitato.
Il potere è l’antitesi della sobrietà. Le democrazie sono il compromesso per esercitare il potere senza ostentare ricchezza. Almeno le democrazie compiute in cui il voto universale riesca ad esprimersi in totale libertà.
Ma esistono democrazie compiute? O piuttosto il continuo compromesso è la scalata al potere di classi sociali più abbienti a danno dei poveri?
La sobrietà, però, non può essere considerata semplicemente uno stile di vita. Essa deve coniugarsi con concetti essenziali della vita stessa agli antipodi di ogni ideologia, come la fraternità, la solidarietà, la condivisione.
Trasformare a loro volta questi concetti in ideologia è sbagliato perché ci porta sul terreno dei numeri e non della cultura, che in quanto tale è condivisione.
I numeri sono importanti in democrazia ma, ideologizzati, portano allo scontro tra classi, dove è sempre la ricchezza a vincere assestandosi di compromesso in compromesso, a scapito dei più poveri che restano la maggioranza.
Occorre educare alla sobrietà in un processo culturale generazionale in famiglia, a scuola, nelle catechesi che noi cristiani troppo spesso riduciamo ad un Vangelo enunciato, estraneo alla praticità della vita quotidiana.
Sobrietà vuol dire rinunciare alla ricchezza, all’accumulo, ai privilegi, agli agi a scapito degli altri, alla supremazia su altri fratelli.
Un cambiamento culturale radicale nelle nostre vite consumistiche da “usa e getta”, per cercare il senso della vita nella condivisione del Creato, che è un dono per tutti.
Sobrietà vuol dire essere giusti, ed essere giusti vuol dire essere in pace con sé stessi e con gli altri.
La cultura dominante del ‘900 post guerre mondiali è stata l’edonismo, in economia l’idea di raggiungere il massimo profitto con il minimo sforzo. Dall’economia abbiamo mutuato questo concetto a tutta la vita sociale, compresi i rapporti tra le persone.
Il piacere fine a sé stesso prima di ogni cosa. Prima, appunto, della fraternità, della solidarietà, della condivisione. Si è così, invece, moltiplicato l’opportunismo, l’egoismo, l’utilitarismo tra le persone, come tra le comunità e tra gli Stati.
Se il pianeta Terra grida “Aiuto” in questi ultimi anni più di quanto sia mai successo in passato è colpa di tutto questo.
Negli anni 50-60 abbiamo inventato la plastica ed attraverso essa il “nuovismo”, convincendoci che ciò che è nuovo è moderno, ciò che è vecchio è inutile, superato, inservibile. Mezzo secolo dopo forse cominciamo a capire il danno fatto al Creato, alle altre specie, a noi stessi.
Forse cominciamo a capire che non siamo i padroni del mondo da poterne fare e disfare come vogliamo, ma che il mondo non ci metterebbe nulla ad estrometterci.
Forse cominciamo a capire che il troppo storpia, sempre. Non è mai amico del bene. Non è mai amico della giustizia. Non può proprio coniugarsi con la fraternità.
Forse cominciamo a chiederci cosa sia necessario nelle nostre vite e cosa no, e se abbiamo effettivamente il diritto di disporre di beni essenziali che tanti altri non possono permettersi.
Il dato certo è che i poveri nel mondo aumentano a dismisura. Hanno sempre meno opportunità. Scarseggiano per loro le stesse risorse naturali, depredate dai più ricchi.
Anche i ricchi sono sempre meno, più terribilmente ricchi però. Siamo forse al punto di non ritorno persino per l’economia utilitaristica, e per ottenere un minimo risultato occorre un grande sforzo. Il contrario del principio con cui ci siamo illusi di vivere in eterno.
Quarant’anni fa non avevamo gas nelle case in Italia. è stato fonte di ricchezza, certo, ma a che prezzo?
Dobbiamo ridimensionare i nostri consumi, ridisegnare le nostre vite, magari rispettando anche i tempi della Natura e non costringendola a vivere con e per noi h24.
Dobbiamo imparare a comprendere il valore della sobrietà e a condividerlo con gli altri, perché in fin dei conti siamo sulla stessa barca e non ha senso accumulare ricchezze in un mondo malmesso che finirà per estromettere l’uomo.
Enzo Quarto, Giornalista, Scrittore, poeta