Politica

LETTERA APERTA ALLA CITTÀ DI PRC: “IL SUICIDIO NON È UN TABÙ”

Una settimana fa la nostra comunità è stata scossa da un evento tragico e tremendo. Una settimana dopo, quel fatto sembra già distante, oltrepassato dalle incombenze quotidiane di settimane che sanno ormai di festa.
Un suicidio avvenuto tra le mura scolastiche. Non è un episodio a sé stante. Il 9 novembre a Barletta si è verificato un tentativo simile, sempre all’interno di una scuola. Il 10 ottobre a Bologna un giovane universitario si è tolto la vita dopo aver annunciato una seduta di laurea inesistente.
Sono casi analoghi, diversi tra loro nell’intensità del dolore intimo e privato che ha condotto al gesto, ma collegati nella disperazione di un fallimento al di là del quale non si vedono alternative.
Come collettivo politico pensiamo che questa dimensione privata sia da tutelare e rispettare, ma allo stesso tempo non possiamo ritenerci estranei davanti a questi episodi che sono fatti sociali.
Qualcuno ha sostenuto che bisogna impegnarsi affinché tragedie come queste non si verifichino mai più. Pensiamo sia un approccio errato, perché invece sono episodi che potranno ripetersi, rappresentando l’espressione più drammatica di quanto la nostra società neghi cittadinanza alle fragilità e difficoltà individuali.
Pensiamo che la nostra comunità sia chiamata a riflettere pubblicamente su quanto accaduto, non ponendo al centro dell’attenzione il profilo personale della vittima ma i contesti sociali in cui maturano questi atti.
È opportuno che la nostra comunità si interroghi quando atti estremi come quelli menzionati sono compiuti in tenera età? È opportuno interrogarsi quando questi atti maturano e addirittura si manifestano all’interno di contesti educativi? È opportuno che la nostra comunità rifletta sui modelli educativi e culturali che permeano la nostra società? È opportuno che la nostra comunità prenda atto dell’insostenibilità della retorica del merito, dell’eccellenza, di una competizione che punta tutto sui primati e sull’individualismo mentre lascia indietro tanti, troppi ragazzi? È giusto che la nostra comunità si interroghi sul futuro che spetta alle giovani generazioni cresciute negli anni della pandemia? Una pandemia che non è solo crisi economica, ma anche impoverimento sociale e relazionale. È opportuno che la nostra comunità provi a fare esperienza di quanto accaduto e mettere in campo politiche che possano arginare questi fenomeni?
Noi pensiamo che tutto questo non sia solo opportuno, ma necessario. Crediamo sia doveroso in una società che ancora stigmatizza le fragilità, nascondendo la polvere sotto il tappeto.
Il suicidio non è un tabù, ma un fenomeno sociale del quale abbiamo bisogno di discutere. Noi siamo a disposizione per costruire un percorso di discussione comune.

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