Religione

L'EDITORIALE DI LUCE E VITA: "Politici, uomini di misericordia?"

Duro editoriale di “Luce e Vita” di questa settimana a firma di Luigi Sparapano:
“La scadenza elettorale prossima ha acceso gli animi di quanti sono coinvolti nella competizione politica, un po’ meno (o forse per niente o non ancora) quelli della gente comune. Anzi, le lotte intestine per le candidature scelte dal basso contro quelle dettate dall’alto, la scomposizione e ricomposizione degli schieramenti, le declamate amicizie politiche trasformate in inimicizie, i giochi di potere per occupare i ruoli strategici, i personalismi che predominano sui progetti e, soprattutto, gli sproporzionati benefici che si assicurano i politici, costi vivi sulle spalle dei cittadini, non fanno altro che approfondire il divario tra la gente e la classe politica.

Lo ripetiamo, avendolo scritto più volte su queste pagine, a costo di risultare noiosi: proprio l’esagerato indennizzo di quanti si coinvolgono nell’impegno politico, a certi livelli, e che costituisce un pugno nello stomaco per tante famiglie che arrancano, è l’elemento che opacizza la bontà e la serietà del proprio operato, che c’è e va ammirato.  Non si vuole disconescere quanto sia onerosa e rischiosa l’attività politica. Ma recentemente abbiamo riletto su La Gazzetta del Mezzogiorno le somme percepite ogni anno dai politici regionali e quelle assicurate per la vita, anche solo dopo un breve periodo di impegno politico. E a leggere le cifre e i giochi per garantirsi vitalizi e assegni, cumulando più incarichi, l’amarezza si trasforma in rabbia per quanti – amministrati – devono lottare ogni giorno per un minimo di dignitosa sussistenza, mentre altri – amministratori – godono e senza problemi.
Qualche timido tentativo di ridimensionamento, fatto negli ultimi anni nella Regione Puglia, è così pallido da risultare trasparente. Con buona pace di bei discorsi come la politica a servizio del cittadino, la politica a servizio del bene comune, la politica come alta forma di carità e così via.
Ecco perchè, non avendo come settimanale diocesano la missione di entrare nel merito della campagna elettorale, ma quella semmai di indicare alcuni riferimenti etici, rivolti principalmente a quanti si riconoscono come parte della comunità cristiana, osiamo offrire in questo numero una parte del discorso fatto da don Tonino Bello ai politici, nel Natale 1986, articolato sulla parabola del Buon Samaritano (dell’ora giusta, dopo e prima) citata anche da Mons. Martella nella lettera pastorale di quest’anno, di cui però riportiamo la prima parte, quella un po’ dimenticata, e che invece potrebbe servire come pista per un esame di coscienza. Mentre Papa Francesco annuncia l’Anno Santo della misericordia, rilanciamo quell’appello di don Tonino ai Politici: “Siate uomini capaci di misericordia”. “La più grande opera di misericordia che voi politici potete compiere – affermava il vescovo – è quella di rimanere fedeli a Dio e fedeli all’uomo”. Dopo aver citato alcuni autori e politici di spessore, egli fissava i due poli della misericordia su cui come politici occorre impegnarsi: “Dio, il cielo, la Bibbia da una parte. L’uomo, la terra, Goethe dall’altra. Per chi non crede in Dio potremmo dire: il senso globale delle cose, la visione metastorica, l’orizzonte complessivo da una parte. La concretezza, il mappamondo, il giornale dall’altra. Chi non fa sintesi partendo da questi due punti di fuga, non potrà essere “uomo di misericordia”. Da questi due poli don Tonino faceva scaturire una “galassia di interrogativi” (a pag. 2) su cui misurare la propria attitudine alla misericordia. Ed è su questo programma umano, prima ancora che cristiano, che chiediamo ad ogni candidato di verificarsi, di darsi un personale codice etico che sia visibile nella ordinarietà delle scelte e dello stile politico. Per rimanere sul versante economico chiediamo di compiere gesti significativi, forti, coraggiosi, proprio sul piano personale, cioè accontentarsi di un giusto compenso per il giusto impegno, con proporzione, con sobrietà, con rispetto dei cittadini, limitato al tempo della politica e non vita natural durante. Finchè non sarà una legge a ridimensionare i costi della politica lo si faccia personalmente o come schieramento, così come è stato fatto da qualche parte, ricercando le modalità più adeguate e visibili. Forse solo in questo caso la mano destra deve sapere cosa fa la sinistra e dobbiamo saperlo tutti.
Purificato dall’aspetto materiale, sarà più vero e credibile quel genuino impegno che davvero può fare dei politici degli uomini di misericordia. Lo auspichiamo sul serio.
Riportiamo una parte del testo: Capaci di misericordia. Riflessione dettata ai politici della diocesi, nel Natale 1986, in A. Bello, Scritti vari, interviste, aggiunte, Edizioni Luce e vita, Molfetta, 2007, pp. 60-62
Tre costellazioni di domande
«A) C’è nella mia esperienza di uomo impegnato nella vita politica la duplice dimensione del cielo e della terra? Dei valori immateriali e dei valori mondani?
— Del celebre affresco del Raffaello conosciuto come “La Scuola di Atene”, quale dei due personaggi mi affascina di più: Platone, i cui piedi sfiorano appena la terra e ha in una mano il libro del Timeo mentre con l’altra indica il cielo, o Aristotele ben piantato sul suolo e che in una mano stringe il libro dell’Etica mentre con l’altra indica la terra? Intuisco che il politico deve sintetizzare i due atteggiamenti di Aristotele e di Platone, e che la “misericordia” consiste nel penetrare nei cantieri della storia ma senza lasciarsi imprigionare nella rete delle cose?
— Nel mio dinamismo sono «chiuso tra le cose mortali», come dice Ungaretti nella poesia dal titolo emblematico Dannazione, o c’è il riferimento continuo a un Assoluto che possono essere Dio, il Vangelo, o le grandi idealità della pace, della giustizia, della libertà?
B) Questo riferimento all’Assoluto (sarà Dio o un’idealità, non importa) come si traduce nella prassi concreta della mia attività politica, perchè io possa dirmi uomo “capace di misericordia”?
— So che tradisco l’uomo, oltre che Dio, quando le mie scelte non tengono conto del bene comune, ma hanno come principio assiologico supremo solo gli interessi personali o di gruppo?
— Capisco che significa avvilire i più elementari principi di etica sociale quando, per giochi di potere, per manovre di sistemazione, per calcolo di poltrone, per lottizzazione di egemonie, si lascia morire una comunità, si abbandonano al degrado umano i fratelli indifesi, si blocca la crescita della vita cittadina?
— Sono convinto che, il popolo, io sono chiamato a servirlo e non a convocarlo come spettatore per le mie esibizioni di culturismo, o per i miei interminabili tornei con gli avversari, o per le mie logorroiche sfide con rivali sempre cangianti, o per i bizantinismi di schieramento che si attardano sulle procedure e rinviano «sine die» i provvedimenti concreti?
– Comprendo che la perfidia più sfacciata è quella di far passare, agli occhi dei poveri, come battaglia di principi ciò che è semplicemente guerriglia subdola di interessi economici contrapposti e di spartizioni di dominio?
— Sono persuaso che talvolta, in caso di conflitto irreversibile di valori (tra il mio prestigio da una parte e il bene comune dall’altra) essere uomo “capace di misericordia” significa far prevalere il valore dominante, fino al punto di ritirarsi dalla mischia, se indugiare ancora nella contesa vuol dire perdere tempo inutilmente e arrestare la crescita della comunità?
— Sono del parere anch’io che, a volte, la difesa a oltranza dei principi reca offesa all’uomo concreto, e che, come ha scritto Bernanos «perfino i principi morali, visti nella loro astrattezza, possono giungere a tale grado di falsificazione da rovinare il mondo»?
— In conclusione: nella mia attività politica di uomo “capace di misericordia” quanto pesa il cielo sulla terra, la Bibbia sul giornale, la trascendenza degli ideali sui meandri della storia, gli orizzonti complessivi sui cantieri della cronaca?
C) Mi lascio prendere spesso dalla tentazione sottile di piantare tutto e ritirarmi a vita privata?
— Cedo di frequente alla lusinga di finirla una buona volta con le cariche pubbliche, con le riunioni di sindacati, le responsabilità di partito, le assemblee di categoria… e ritirarmi nell’alveo gratificante degli affetti domestici, dei tepori casalinghi, delle ricerche intellettuali?
— Sogno il momento di smetterla con le partite defatiganti dei confronti con gli avversari, dei dibattiti politici, degli scontri elettorali… per ridurmi a giocare gli splendidi solitari della cultura per la cultura?
— Mi lascio sedurre talvolta dalla prospettiva di tradurre il mio impegno sociale, più che sul terreno infido della dialettica politica, su quello più sicuro e di resa più immediata della catechesi in parrocchia, dell’aiuto agli emarginati, della visita agli anziani, della vita di circolo?
— Riesco a capire che essere uomo “capace di misericordia” oggi significa accettare il rischio della carità politica, sottoposta per sua natura alla lacerazione delle scelte difficili, alla fatica delle decisioni non da tutti comprese, al disturbo delle contraddizioni e delle conflittualità sistematiche, al margine più largo dell’errore sempre in agguato?
— Comprendo che tenersi aggiornato (naturalmente, senza volontà di dominio) sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, o seguire i meccanismi complessi della legislazione sociale, o stimolare l’applicazione della riforma sanitaria… sono opere di misericordia corporale e spirituale tra le più meritorie davanti agli occhi di Dio e della storia?»”.

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