L'EDITORIALE DI LUCE E VITA: "Politici, uomini di misericordia?"
Duro editoriale di “Luce e Vita” di questa settimana a firma di Luigi Sparapano:
“La scadenza elettorale prossima ha acceso gli animi di quanti sono coinvolti nella competizione politica, un po’ meno (o forse per niente o non ancora) quelli della gente comune. Anzi, le lotte intestine per le candidature scelte dal basso contro quelle dettate dall’alto, la scomposizione e ricomposizione degli schieramenti, le declamate amicizie politiche trasformate in inimicizie, i giochi di potere per occupare i ruoli strategici, i personalismi che predominano sui progetti e, soprattutto, gli sproporzionati benefici che si assicurano i politici, costi vivi sulle spalle dei cittadini, non fanno altro che approfondire il divario tra la gente e la classe politica.
Riportiamo una parte del testo: Capaci di misericordia. Riflessione dettata ai politici della diocesi, nel Natale 1986, in A. Bello, Scritti vari, interviste, aggiunte, Edizioni Luce e vita, Molfetta, 2007, pp. 60-62
Tre costellazioni di domande
«A) C’è nella mia esperienza di uomo impegnato nella vita politica la duplice dimensione del cielo e della terra? Dei valori immateriali e dei valori mondani?
— Del celebre affresco del Raffaello conosciuto come “La Scuola di Atene”, quale dei due personaggi mi affascina di più: Platone, i cui piedi sfiorano appena la terra e ha in una mano il libro del Timeo mentre con l’altra indica il cielo, o Aristotele ben piantato sul suolo e che in una mano stringe il libro dell’Etica mentre con l’altra indica la terra? Intuisco che il politico deve sintetizzare i due atteggiamenti di Aristotele e di Platone, e che la “misericordia” consiste nel penetrare nei cantieri della storia ma senza lasciarsi imprigionare nella rete delle cose?
— Nel mio dinamismo sono «chiuso tra le cose mortali», come dice Ungaretti nella poesia dal titolo emblematico Dannazione, o c’è il riferimento continuo a un Assoluto che possono essere Dio, il Vangelo, o le grandi idealità della pace, della giustizia, della libertà?
B) Questo riferimento all’Assoluto (sarà Dio o un’idealità, non importa) come si traduce nella prassi concreta della mia attività politica, perchè io possa dirmi uomo “capace di misericordia”?
— So che tradisco l’uomo, oltre che Dio, quando le mie scelte non tengono conto del bene comune, ma hanno come principio assiologico supremo solo gli interessi personali o di gruppo?
— Capisco che significa avvilire i più elementari principi di etica sociale quando, per giochi di potere, per manovre di sistemazione, per calcolo di poltrone, per lottizzazione di egemonie, si lascia morire una comunità, si abbandonano al degrado umano i fratelli indifesi, si blocca la crescita della vita cittadina?
— Sono convinto che, il popolo, io sono chiamato a servirlo e non a convocarlo come spettatore per le mie esibizioni di culturismo, o per i miei interminabili tornei con gli avversari, o per le mie logorroiche sfide con rivali sempre cangianti, o per i bizantinismi di schieramento che si attardano sulle procedure e rinviano «sine die» i provvedimenti concreti?
– Comprendo che la perfidia più sfacciata è quella di far passare, agli occhi dei poveri, come battaglia di principi ciò che è semplicemente guerriglia subdola di interessi economici contrapposti e di spartizioni di dominio?
— Sono persuaso che talvolta, in caso di conflitto irreversibile di valori (tra il mio prestigio da una parte e il bene comune dall’altra) essere uomo “capace di misericordia” significa far prevalere il valore dominante, fino al punto di ritirarsi dalla mischia, se indugiare ancora nella contesa vuol dire perdere tempo inutilmente e arrestare la crescita della comunità?
— Sono del parere anch’io che, a volte, la difesa a oltranza dei principi reca offesa all’uomo concreto, e che, come ha scritto Bernanos «perfino i principi morali, visti nella loro astrattezza, possono giungere a tale grado di falsificazione da rovinare il mondo»?
— In conclusione: nella mia attività politica di uomo “capace di misericordia” quanto pesa il cielo sulla terra, la Bibbia sul giornale, la trascendenza degli ideali sui meandri della storia, gli orizzonti complessivi sui cantieri della cronaca?
C) Mi lascio prendere spesso dalla tentazione sottile di piantare tutto e ritirarmi a vita privata?
— Cedo di frequente alla lusinga di finirla una buona volta con le cariche pubbliche, con le riunioni di sindacati, le responsabilità di partito, le assemblee di categoria… e ritirarmi nell’alveo gratificante degli affetti domestici, dei tepori casalinghi, delle ricerche intellettuali?
— Sogno il momento di smetterla con le partite defatiganti dei confronti con gli avversari, dei dibattiti politici, degli scontri elettorali… per ridurmi a giocare gli splendidi solitari della cultura per la cultura?
— Mi lascio sedurre talvolta dalla prospettiva di tradurre il mio impegno sociale, più che sul terreno infido della dialettica politica, su quello più sicuro e di resa più immediata della catechesi in parrocchia, dell’aiuto agli emarginati, della visita agli anziani, della vita di circolo?
— Riesco a capire che essere uomo “capace di misericordia” oggi significa accettare il rischio della carità politica, sottoposta per sua natura alla lacerazione delle scelte difficili, alla fatica delle decisioni non da tutti comprese, al disturbo delle contraddizioni e delle conflittualità sistematiche, al margine più largo dell’errore sempre in agguato?
— Comprendo che tenersi aggiornato (naturalmente, senza volontà di dominio) sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, o seguire i meccanismi complessi della legislazione sociale, o stimolare l’applicazione della riforma sanitaria… sono opere di misericordia corporale e spirituale tra le più meritorie davanti agli occhi di Dio e della storia?»”.