L'editoriale di "Luce e Vita": "Lo spaesamento per la morte del Vescovo lasci il posto alla riflessione"
Come di consueto pubblichiamo su ruvesi.it l’editoriale di “Luce e Vita” a firma di Luigi Sparapano tratto dal sito www2.diocesimolfetta.it. Il settimanale di riferimento della nostra diocesi non viene pubblicato nel corso della fase estiva. Si tratta di un editoriale molto intenso che spiega il momento che i cattolici di questa diocesi stanno attraversando.
Poco più di otto giorni, senza il vescovo don Gino, in una sensazione di spaesamento che riusciamo a vincere solo grazie alla fedeltà all’impegno che egli ha affidato a ciascuno, in diocesi come in parrocchia.
Il clamore dell’evento lascia lo spazio alla riflessione e alla rielaborazione (favorita, se possibile, dalla documentazione multimediale che stiamo producendo); anche le esternazioni estemporanee e gratuite si vanno stemperando.
Come spesso accade, solo quando non c’è più si rivaluta con più profondità il valore di una persona, in questo caso del vescovo. E rileggendo alcune sue pagine scopriamo che hanno certamente un sapore diverso, rivelano un senso quasi inedito. É successo la sera della veglia funebre in Cattedrale come anche l’altra sera a Terlizzi, in una manifestazione per la legalità in cui egli doveva esserci, quando sono stati letti alcuni passaggi di un suo intervento. Le sue parole hanno una carica diversa, che se fossimo stati più disponibili quando sono state scritte o pronunciate le avremmo colte nella loro carica dirompente.
Il tempo che verrà sarà prezioso per tentare di inquadrare i quasi 15 anni di Episcopato di Mons. Martella. Stanno già emergendo aspetti inediti della vita e delle passioni di don Gino, che ce lo restituiscono in una luce più famigliare e ne daremo conto prossimamente sul giornale, ma riassumiamo qui i tratti biografici salienti della sua vita.
Ottavo di 10 figli, (adesso 7 viventi) nato a Depressa (LE) il 9 marzo 1948 da Cosimo Rocco e Vita Maria Rizzello, don Gino entrò da ragazzo nel Seminario della sua diocesi, compiendo gli studi fino alla maturità classica. Dopo il biennio filosofico-teologico nel Seminario di Treviso, proseguì gli studi di Teologia nel Pontificio Seminario Interregionale di Posillipo, ricevendo l’ordinazione presbiterale il 10 aprile 1977 per le mani di Mons. Riezzo. Conseguì la licenza in Sacra Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, e il dottorato in Teologia morale presso l’Accademia Alfonsiana in Roma. Diversi gli incarichi diocesani: rettore e parroco della “Madonna del Rosario” in Castro, docente nei licei, nell’Istituto di Scienze Religiose di Otranto, presso la Scuola allievi infermieri dell’ospedale di Tricase. Assistente diocesano e regionale della Pastorale famigliare e dei Consultori cristiani. Dal 1994 fu chiamato a svolgere l’ufficio di Direttore Spirituale nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta dove insegnò anche Teologia Morale fondamentale.
Il clamore dell’evento lascia lo spazio alla riflessione e alla rielaborazione (favorita, se possibile, dalla documentazione multimediale che stiamo producendo); anche le esternazioni estemporanee e gratuite si vanno stemperando.
Come spesso accade, solo quando non c’è più si rivaluta con più profondità il valore di una persona, in questo caso del vescovo. E rileggendo alcune sue pagine scopriamo che hanno certamente un sapore diverso, rivelano un senso quasi inedito. É successo la sera della veglia funebre in Cattedrale come anche l’altra sera a Terlizzi, in una manifestazione per la legalità in cui egli doveva esserci, quando sono stati letti alcuni passaggi di un suo intervento. Le sue parole hanno una carica diversa, che se fossimo stati più disponibili quando sono state scritte o pronunciate le avremmo colte nella loro carica dirompente.
Il tempo che verrà sarà prezioso per tentare di inquadrare i quasi 15 anni di Episcopato di Mons. Martella. Stanno già emergendo aspetti inediti della vita e delle passioni di don Gino, che ce lo restituiscono in una luce più famigliare e ne daremo conto prossimamente sul giornale, ma riassumiamo qui i tratti biografici salienti della sua vita.
Ottavo di 10 figli, (adesso 7 viventi) nato a Depressa (LE) il 9 marzo 1948 da Cosimo Rocco e Vita Maria Rizzello, don Gino entrò da ragazzo nel Seminario della sua diocesi, compiendo gli studi fino alla maturità classica. Dopo il biennio filosofico-teologico nel Seminario di Treviso, proseguì gli studi di Teologia nel Pontificio Seminario Interregionale di Posillipo, ricevendo l’ordinazione presbiterale il 10 aprile 1977 per le mani di Mons. Riezzo. Conseguì la licenza in Sacra Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, e il dottorato in Teologia morale presso l’Accademia Alfonsiana in Roma. Diversi gli incarichi diocesani: rettore e parroco della “Madonna del Rosario” in Castro, docente nei licei, nell’Istituto di Scienze Religiose di Otranto, presso la Scuola allievi infermieri dell’ospedale di Tricase. Assistente diocesano e regionale della Pastorale famigliare e dei Consultori cristiani. Dal 1994 fu chiamato a svolgere l’ufficio di Direttore Spirituale nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta dove insegnò anche Teologia Morale fondamentale.
Eletto vescovo il 13 dicembre 2000 e ordinato il 10 marzo 2001, nella Basilica di Otranto, per l’imposizione delle mani di Mons. Cacucci, Mons. Negro e Mons. Musarò, fece il suo ingresso a Molfetta il 17 marzo 2001, cominciando 14 anni di intenso episcopato, all’insegna del Propter nomen suum, scelto come motto episcopale.
Durante la visita pastorale, dal 2006 al 2008, momento esaltante e rigenerante del suo ministero episcopale, Mons. Martella accusò un primo malessere che superò tenacemente. Poi un vortice di iniziative pastorali che ha saputo gestire con fruttuosa ponderatezza: la presenza frequente nelle parrocchie, la scelta pastorale per i giovani e il progetto pastorale sull’educazione, la premura per la pastorale delle famiglie, anche di quelle ferite, i problemi sociali e del lavoro, la valorizzazione del patrimonio artistico e l’istituzione del Museo diocesano, l’impegno per la Caritas diocesana e il Seminario, l’attenzione ai Migranti, la cura delle chiese e la costruzione di nuovi edifici di culto; il crescente interesse per le comunicazioni sociali, con un orgoglio evidente per Luce e Vita, di cui ha celebrato l’80° e il 90°, e gli inserti di giovani e ragazzi, nonché per la comunicazione digitale per la quale non si vergognava di lasciarsi illuminare e istruire. Recentemente la Conferenza Episcopale Pugliese lo aveva delegato proprio alla Commissione Comunicazione e Cultura e poche settimane fa convocò un primo incontro regionale in cui si gettarno alcune linee di impegno futuro.
Da alcuni anni era anche Visitatore dei Seminari d’Italia, compito poco conosciuto da noi, ma molto apprezzato negli ambienti ecclesiali. Dall’ottobre 2013 la Santa Sede lo aveva nominato Commissario Apostolico per tutte le Comunità della Congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza, esprimendo la totale fiducia nel suo limpido operato, come emerge anche dal messaggio di Mons. Carballo, pubblicato su questo sito.
Da alcuni anni era anche Visitatore dei Seminari d’Italia, compito poco conosciuto da noi, ma molto apprezzato negli ambienti ecclesiali. Dall’ottobre 2013 la Santa Sede lo aveva nominato Commissario Apostolico per tutte le Comunità della Congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza, esprimendo la totale fiducia nel suo limpido operato, come emerge anche dal messaggio di Mons. Carballo, pubblicato su questo sito.
Tanti i passi compiuti da don Gino nella nostra diocesi, che fu del Servo di Dio Mons. Antonio Bello, dalle comuni origini salentine, e forse proprio il suo processo di beatificazione, concluso positivamente a livello diocesano, è stato il dono più bello che ci ha lasciato. Egli volle avviare la causa muovendo saggiamente i giusti passi. Dopo aver ottenuto il nulla osta della Congregazione delle Cause dei Santi, il 27 novembre 2007, introdusse la causa con l’editto del 20 aprile 2008, istituendo gli Organi necessari e avviando, il 30 aprile 2010, la Prima sessione pubblica del Processo; concluso il processo diocesano il 30 novembre 2013, a venti anni dalla morte di don Tonino, qualche settimana fa, il 17 aprile 2015, ricevette, con visibile gioia, la nota vaticana che constatava “la validità della medesima Causa Diocesana sul caso e secondo le finalità di cui si tratta, fatto salvo tutto ciò che c’era da salvare secondo la legge. Senza opposizione alcuna sui pro e sui contro”.
“Mons. Antonio Bello, vescovo della speranza” aveva titolato la sua lettera a 10 anni dalla morte del Servo di Dio, e proprio per dar corpo a questa speranza, ormai indissolubile con la diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, don Gino Martella ha silenziosamente, e non senza fatica, ostacoli e indebite considerazioni, mantenute vive le opere istituite da don Tonino, come la CASA per i tossicodipendenti, la Casa di accoglienza di Molfetta, in qualche caso anche ampliandole, come l’istituzione dei centri Caritas in tutte le città della diocesi.
Ci piace pensare che adesso che si sono reincontrati in cielo, certamente don Tonino avrà abbracciato don Gino e, fissandolo negli occhi, avrà chiesto scusa se la sua grande eredità spirituale e pastorale lasciata in diocesi, possa aver involontariamente adombrato il suo ministero episcopale.
E dobbiamo chiedere scusa tutti noi, a don Gino Martella e prima ancora a don Donato Negro, fiduciosi nella loro comprensione di Pastori, di Padri e di Fratelli nella fede, se la straordinaria esperienza di don Tonino, che loro stessi hanno avuto modo di riconoscere ed esaltare, ci ha qualche volta resi incapaci di osare con più slancio le nuove vie che i Vescovi ci hanno profeticamente indicato: la famiglia, l’evangelizzazione degli adulti, i giovani, l’educazione…
Dobbiamo allora disporci con uno stato d’animo diverso nel pregare e nell’accogliere il Vescovo che Papa Francesco vorrà donarci quanto prima, per coglierne l’originalità, la novità, la peculiare capacità – che è propria di ogni singolo Pastore e non può essere clonata – di scrutare e discernere ciò che è bene per il proprio gregge, lasciandoci condurre con fiducia.
“Mons. Antonio Bello, vescovo della speranza” aveva titolato la sua lettera a 10 anni dalla morte del Servo di Dio, e proprio per dar corpo a questa speranza, ormai indissolubile con la diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, don Gino Martella ha silenziosamente, e non senza fatica, ostacoli e indebite considerazioni, mantenute vive le opere istituite da don Tonino, come la CASA per i tossicodipendenti, la Casa di accoglienza di Molfetta, in qualche caso anche ampliandole, come l’istituzione dei centri Caritas in tutte le città della diocesi.
Ci piace pensare che adesso che si sono reincontrati in cielo, certamente don Tonino avrà abbracciato don Gino e, fissandolo negli occhi, avrà chiesto scusa se la sua grande eredità spirituale e pastorale lasciata in diocesi, possa aver involontariamente adombrato il suo ministero episcopale.
E dobbiamo chiedere scusa tutti noi, a don Gino Martella e prima ancora a don Donato Negro, fiduciosi nella loro comprensione di Pastori, di Padri e di Fratelli nella fede, se la straordinaria esperienza di don Tonino, che loro stessi hanno avuto modo di riconoscere ed esaltare, ci ha qualche volta resi incapaci di osare con più slancio le nuove vie che i Vescovi ci hanno profeticamente indicato: la famiglia, l’evangelizzazione degli adulti, i giovani, l’educazione…
Dobbiamo allora disporci con uno stato d’animo diverso nel pregare e nell’accogliere il Vescovo che Papa Francesco vorrà donarci quanto prima, per coglierne l’originalità, la novità, la peculiare capacità – che è propria di ogni singolo Pastore e non può essere clonata – di scrutare e discernere ciò che è bene per il proprio gregge, lasciandoci condurre con fiducia.
La dipartita del nostro Vescovo ha lasciato negli animi di molti dolore, smarrimento e un vuoto non facilmente colmabile.
Non posso dimenticare, la mattina della notizia, i volti smarriti e desolati del mio parroco, don Vincenzo Speranza, e dell’altro sacerdote più giovane che lo accompagnava, Don Silvio Bruno; fu come se a loro fosse venuto a mancare un padre.
E don Gino era come un padre per tutti noi: come tale agiva, nella sua timida riservatezza, prodigo di consigli e incoraggiamenti!
Ho avuto occasione di conoscerlo molto bene quando fui sindaco di Ruvo; in quel periodo era sua ferma volontà investire i proventi della vendita di un terreno edificabile, vicino all’Elaiopolio, di proprietà della Chiesa, nella costruzione di un Albergo a Calendano che potesse essere utile per ritiri spirituali o accoglienza a studenti in trasferta. Poichè il terreno della Chiesa, a Calendano, non poteva essere edificato in quanto ricadente nei cento metri dal santuario, Sua Eccellenza aveva chiesto aiuto alla nostra amministrazione che di buon grado fu disponibile a cedere un’area a d.m. per la costruzione della struttura utile alla Diocesi ma anche alla comunità Ruvese. Purtroppo il disegno del nostro Vescovo non potè andare in porto perchè qualche proprietario confinante, spalleggiato da alcuni consiglieri dell’epoca, si oppose al progetto raccogliendo firme e ricorrendo al TAR. Complice anche la caduta dell’amminiostrazione da me presieduta.
Ricordo che affrontava i numerosi problemi della comunità ruvese con discrezione e delicatezza, consigliandone con semplicità paterna la soluzione, qualche volta parlando anche della sua salute, con un velo di tristezza negli occhi.
Un altro suo grande desiderio era quello di creare sempre a Ruvo, un museo diocesano che potesse raccogliere tutta l’arte sacra in possesso della diocesi. Sentiremo per lungo tempo la sua mancanza.