L'EDITORIALE DI "LUCE E VITA": "LIANG CHE VOLEVA ANDARE A SCUOLA"
L’editoriale di “Luce e Vita” n. 23 del 5 giugno 2016 è firmato da Franca Maria Lorusso.
«L’argomento non è di competenza del Consiglio di circolo». È questa la risposta che Maria, madre e rappresentante dei genitori del Consiglio di Circolo di una nostra scuola, ha ricevuto dopo l’appello lanciato a favore di Liang (nomi di fantasia), un vivacissimo bambino con gli occhi a mandorla iscritto alla prima elementare che ha trascorso i primi sette mesi della sua esperienza scolastica affidato alle attenzioni di docenti affettuosi, ma inidonei a superare il limite invalicabile della diversità linguistica; tra bambini che non lo capivano e che non capiva.
“Ha passato questi mesi solo. Sordo tra sordi – scrive la mamma nel suo appello –. Liang possiede un’intelligenza vivace, vivacissima. è molto simpatico, tenerissimo, certamente non un disturbatore. Sta con un insegnante gentile, che sostiene pure bimbi con bisogni educativi speciali, e intanto lo intrattiene, mentre sta in silenzio.
Ha avuto un nome diverso per mesi.
Appena ieri però hanno scoperto il suo e ora non è più Marco per nessuno.
Si abitua a se stesso, ma è solo come prima.
E nel fragore del vocio incomprensibile che ogni giorno un po’ di più lo assorda, si fa piccolo, introverso. Gli altri attorno a lui son tutti più grandi adesso: hanno imparato i numeri, le lettere, scrivono, raccontano…
Liang intuisce, …qualcosa, ma fa fatica. Fa una fatica immensa a colmare la distanza del silenzio che lo separa dagli altri: si fa sempre più diverso, lo avverte chiaramente e crede sia colpa sua.
Guarda le smorfie sui volti di chi giudica i risultati che non raggiunge: oggi è convinto di avere anche lui un mucchio di esigenze speciali». Che fare? Maria sollecita gli organi scolastici competenti affinché si affianchi il piccolo cinese con una figura ponte tra la sua e la nostra cultura, ma c’è chi fa spallucce tra indifferenza e rassegnazione e chi offre risposte cortesi, ma vaghe. Se fosse stato vostro figlio? “Ho sofferto di visioni in questi ultimi mesi. Vedevo mio figlio ovunque.
Mi è sembrato di scorgerlo anche in Liang, nei suoi occhi a mandorla
– ci confida M. –. Perciò, ne ho voluto parlare.
Ci sono stanze però in cui le parole sono inutili, hanno finto ascolto e ho cominciato a scrivere per lui. A tutti.” Per la rappresentante del Circolo è una resa inaccettabile: “Perché negare a un bambino, come i miei, come moltissimi oggi in Italia, il diritto a imparare, a essere con gli altri, a giocarsi la partita della vita con i suoi dadi, senza che qualcuno glieli abbia malamente truccati?”.
Liang e la sua storia interpella tutti, soprattutto in quest’anno in cui troneggia nelle nostre comunità parrocchiali la parola “Misericordia”. Per questo avvertiamo forte il dovere di essere a fianco della mamma nel suo appello alle Istituzioni Scolastiche affinché si restituisca a Liang il tempo in cui è dovuto essere Marco e la possibilità di essere se stesso nonostante la diversità linguistica e culturale.
Intanto sentiamo nel profondo di ringraziare Maria e Liang che hanno declinato in modo concreto e immediato il paradigma della misericordia senza ipocrisie, sintetizzandolo in tre passi fondamentali. Innanzitutto il vedere: non è sufficiente guardare e passare oltre, ma occorre essere svegli e vigilanti schivando la globalizzazione dell’indifferenza, o peggio la mentalità del “mi faccio i fatti miei”. Non si tratta di incrociare l’altro, ma vederlo con uno sguardo che sappia leggerlo nella sua identità altra da noi. Farsi prossimo fino a “toccare” l’altro, a incrociare il suo sguardo che pone domande e accende la nostra responsabilità. L’ultimo passo è il provare compassione con viscere che fremono e si commuovono. Se si compiono questi tre passi, la misericordia non sarà solo un sentimento o un’idea, ma diverrà pulsione incontenibile a fare, senza arrendersi.
È questa la semplice grammatica che abbiamo urgenza di imparare per fare della misericordia l’intelaiatura delle nostre città, dei nostri gruppi, delle Istituzioni, della politica, dell’economia. Perché la misericordia è l’unica via per la sopravvivenza dell’umanità.