Religione

L'editoriale di Luce e Vita: "La voce dei vescovi e il silenzio dei cattolici"

A voi lettori il consueto appuntamento con l’editoriale di “Luce e Vita” a cura di Luigi Sparapano.
Il Card. Bagnasco chiama in causa l’ONU sull’immobilità rispetto alle emergenze: “L’Occidente deve affrontare seriamente e trovare vie di soluzione efficaci a questa tragedia immane, a queste persone che fuggono dai loro Paesi per guerra, violenza, carestia e cercano un futuro migliore”, agendo non solo a livello europeo, ma “internazionale e mondiale”. “Mi chiedo – ha aggiunto – se questi organismi internazionali, come l’Onu, in modo particolare, che raccoglie il potere politico, ma sicuramente anche il potere finanziario, hanno mai affrontato in modo serio e deciso questa tragedia umana. È una vergogna, certamente, per tutta la coscienza del mondo, ma può essere e deve essere anche una sfida da affrontare con serietà”.
I vescovi di Treviso e di Vittorio Veneto, Mons. Mons. Gardin e Mons. Pizziolo, scrivono una lettera per sollecitare l’impegno di accoglienza suscitando un acceso dibattito e uno strascico di polemiche senza fine.
Il Vescovo di Melfi, Mons. Todisco, si rivolge ai dirigenti della Fca (Fiat Chrysler Automobiles) di San Nicola di Melfi per chiedere che “dopo la breve pausa estiva, quando a pieno ritmo riprenderà il lavoro, dalle ore 22 del sabato alle ore 22 di domenica tutti i lavoratori impegnati nella catena di montaggio possano trascorrere l’intera giornata di riposo festivo assieme ai loro familiari”. E adduce motivazioni sociologiche ed economiche, prima ancora che religiose.
Da Rossano Calabro Mons. Satriano, impegnato con la sua diocesi nel far fronte al post alluvione, appunta che “certamente quanto stiamo vivendo dovrà trovare spazio in una riflessione più ampia e attenta da parte di tutti gli organi preposti alla tutela del territorio (…) uno sviluppo sostenibile in cui il rispetto del territorio e della vita umana siano prioritari rispetto a qualsiasi altra esigenza o interesse”.
Mons. Angiuli, da Ugento, dà voce alla protesta contro le trivellazioni petrolifere in Salento: “Tutti i vescovi del Sud Salento, da Lecce in giù, hanno diramato un documento, letto in tutte le parrocchie e divenuto oggetto di riflessione da parte di tutto il popolo di Dio presente nel nostro territorio. Ciò ha suscitato una manifestazione comune; abbiamo fatto, insieme a tutti i vescovi e i rappresentanti delle associazioni, un momento di preghiera per fare poi un percorso fino a Leuca. Da questo sono nate tante altre iniziative. Quello che è importante sottolineare è la presa di coscienza anche dei sindaci dei nostri territori e delle Istituzioni regionali.”
Per non parlare del Papa che continuamente fa sentire la sua voce sulla dignità del lavoro non dissociato dalla dignità della famiglia per interessi economici e insiste su quella “globalizzazione dell’indifferenza” o “cultura dello scarto” che a livello mediatico non fa molta audience e poco viene considerata dai politici.
Ma su tutte, la polemica più infuocata è quella suscitata Mons. Galantino (segretario CEI) che ha alzato i toni tirando in ballo il Governo sull’immigrazione e il ruolo dei politici e ha argomentato abbondantemente con la lectio degasperiana (che ha inviato ai convegnisti, ritenendo opportuno non presentarla di persona).  Il testo del suo discorso, assolutamente da leggere, contiene un forte attacco alla politica di oggi, definita «un piccolo harem di cooptati e furbi». Molto diversa da quella politica, «ordine della carità», incarnata da De Gasperi e dalla sua generazione. Quella politica che viveva delle decisioni del Parlamento e che non cercava voti «sulla pelle degli altri», prosegue Galantino. Certamente non va fatto di tutta l’erba un fascio.
Contrariamente a quanto detto da molti – i vescovi facciano i vescovi – mi sembra doveroso per un Pastore scrutare e mettere in guardia il proprio gregge dai pericoli. Ricordo le parole di don Tonino Bello nella trasmissione “Samarcanda” di Michele Santoro, quando, attaccato dal giornalista Mario Cervi sulle questioni della guerra del Golfo e sull’obiezione di coscienza militare, chiedeva di cosa dovesse occuparsi un vescovo, se del numero di candele sull’altare o della dignità dell’uomo messa a repentaglio da politiche scellerate.
Le doverose prese di posizione dei vescovi, però, denotano dall’altra parte il silenzio di quanti invece per vocazione laicale (?) sono impegnati in politica, da cattolici, in qualsivoglia schieramento. Sempre più frequente è la subordinazione del valore e della dignità dell’uomo, al diktat di partito. Le voci di questi giorni di alcuni politici si sono levate per approvare o contestare Galantino e i suoi confratelli, ma prese di posizione nette sui diversi problemi sollevati dai vescovi, da parte di coloro che hanno questo ruolo – per investitura popolare o grazie ad altre vie – e sono abbondantemente foraggiati dalle tasche degli Italiani, non se ne sentono. Migranti, ambiente, lavoro, famiglia… non sono argomenti di forte caratura umanitaria e cristiana su cui esporsi anche a costo di denigrazioni e persecuzioni?
La lezione degasperiana, rilanciata da Galantino, può e deve essere un’occasione autoriflessiva per quanti, da cattolici, si impegnano nella più alta forma di carità. Con un’avvertenza: le parole non possono essere dissociate dai fatti, dai gesti, dal coinvolgimento personale. Altrimenti che carità è la politica?

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