L'EDITORIALE DI "LUCE E VITA": "INSEGNANTI DI RELIGIONE: DOCENTI COME GLI ALTRI"
Pubblichiamo l’editoriale di “Luce e Vita” di questa settimana a firma di Luigi Sparapano, esprimendo la nostra solidarietà agli insegnanti di religione.
Le discriminazioni nei confronti degli Insegnanti di Religione (IdR), precari da oltre 15 anni, non sono più sostenibili! Si rende necessaria una nuova mobilitazione, come quella che portò al fatidico e unico concorso del 2004, a seguito della legge n.186/2003 sullo stato giuridico degli IdR. Si legittimò così l’Insegnamento della Religione (IRC) nelle scuole, non come istruzione catechistica, ma come disciplina che si colloca a pieno titolo nel quadro delle finalità educative e culturali della scuola italiana. Con tanto di riconoscimento dei titoli accademici per l’accesso all’insegnamento (che le Facoltà Teologiche hanno allineato alle disposizioni del Processo di Bologna) e delle Indicazioni nazionali per il Curricolo, emanate dal MIUR nel 2012.
A tale riconoscimento non corrisponde un riscontro nella posizione lavorativa degli IdR. Infatti la legge 107/2015 (La buona scuola) ha in pratica declassato gli IdR incaricati annuali alla condizione di supplenti, come negli anni Ottanta. Le conseguenze, in sintesi, sono riportate nel manifesto del sindacato degli IdR che, per quanto provocatorio per l’immagine pugilistica, evoca comunque una stagione di lotta, democratica, ma determinata, che le famiglie e la comunità ecclesiale e civile non possono ignorare.
«In particolare, gli insegnanti di religione con incarico annuale – recita il comunicato dello Snadir, il sindacato che rappresenta la stragrande maggioranza degli IdR – sono rimasti esclusi dal piano straordinario di assunzione. Purtroppo, non ha fatto seguito nessun bando di concorso o altra procedura assunzionale che permettesse ai docenti di religione di essere immessi in ruolo con contratto a tempo indeterminato.
A ciò si aggiunge il preoccupante e deleterio silenzio del Governo circa l’applicazione o meno della norma della legge suddetta, che impedisce la stipula dei contratti di lavoro a tempo determinato oltre i 36 mesi (comma 131) anche agli incaricati annuali di religione.
Tra gli IdR e gli altri Docenti, “La buona scuola” affonda un solco di netta separazione: ai docenti a tempo determinato è stata negata la possibilità di usufruire della “Carta del docente” per l’aggiornamento professionale (500 euro annui); estromessi dal bonus per la valorizzazione del merito (che nei prossimi giorni sarà ripartito fra tutti gli altri); esclusi dalla funzione di animatore digitale (di fatto ricoperta per anni da tanti di noi che hanno trainato le scuole verso l’uso delle Nuove Tecnologie). Nelle ultime disposizioni ministeriali l’insegnamento di religione è considerato sempre più un “corpo estraneo” della scuola, dato che è stato escluso dall’organico dell’autonomia. Un provvedimento discriminatorio e vessatorio verso chi da anni svolge con merito la funzione di collaboratore vicario (non riconfermabile nell’incarico per i prossimi anni).
Più volte lo Snadir ha inoltrato richieste al Miur per l’istituzione di una classe di concorso per l’Irc e l’introduzione della valutazione numerica al pari degli altri insegnamenti. A settembre 2016, concluse le ultime assunzioni dalle graduatorie ad esaurimento, rimarrà soltanto la categoria degli IdR tra i precari della scuola, a partire da quanti 16 anni fa non avevano i requisiti per accedere al concorso, ma per 15 anni hanno continuato a lavorare nella scuola: in molti casi ricoprendo incarichi di collaborazione dei Dirigenti Scolastici, di Funzione strumentale al Piano dell’Offerta Formativa, di formazione in corsi di aggiornamento con i colleghi, di esperti e facilitatori in Progetti PON, di progettazione e realizzazione di spazi di apprendimento e di innovazione tecnologica (laboratori, attrezzature, sperimentazioni…), di referenza in progetti vari, di riferimento per le famiglie, di realizzazione e gestioni di siti scolastici, qualche volta di supporto al personale di segreteria, di disponibilità ampia a condividere le proprie competenze… E tutto questo in aggiunta all’ordinario lavoro disciplinare con gli alunni e studenti, condotto con passione, con stile relazionale non comune, con metodologie innovative e interdisciplinari.
Solo chi è fuori dal mondo scolastico non conosce il lavoro degli IdR, ciascuno con le sue specificità e competenze, e può ancora attardarsi su questioni ideologiche che la legge italiana ha superato da anni. Alla faccia della legislazione comunitaria sul precariato, i contratti a tempo determinato degli IdR – come già detto – continuano a superare di gran lunga il limite dei 36 mesi. Una condizione di precariato che non può essere più tollerata come strutturale all’IdR anche perchè ci sono circa 11.300 posti vacanti e disponibili dopo il primo e unico concorso.
Nella vita privata, poi, tale condizione di precariato non consente una serenità famigliare, non permette l’accensione di mutui o prestiti, tiene sulla lama del rasoio cattedre che ogni anno si ricostituiscono in base alle iscrizioni e al numero di studenti che si avvalgono di tale insegnamento.
Per fortuna, contrariamente a quanto viene spesso ventilato da alcuni media, l’IRC in Italia conserva un alto tasso di avvalentesi: in media l’88.9% degli studenti. A scegliere di non frequentarla sono, in prevalenza, gli studenti delle scuole superiori, fenomeno più marcato al Nord e quasi inesistente al Sud Italia. Ma c’è un problema di denatalità che preoccupa. Nella nostra Diocesi la frequenza arriva alla quasi totalità, oltre il 98% (vedi tabella) e chi non si avvale sono in genere alunni stranieri che però rimangono in classe e si coinvolgono pure nelle lezioni, vista l’impossibilità della scuola di organizzare le attività alternative. Vorremmo considerare così sciocchi i ragazzi e le famiglie che compiono ogni anno tale scelta? Vogliamo ritenere più ingenui o più arretrati gli studenti e le famiglie del Sud?A tutto questo impegno non corrisponde una adeguata posizione contrattuale. Sul tema del lavoro, e del lavoro precario, Papa Bergoglio si è espresso più volte e in varie circostanze e a lui ha fatto eco il Card. Bagnasco quando ricorda che la Chiesa italiana ribadisce il diritto al “lavoro stabile, sicuro e dignitoso”. “Senza questo elemento del lavoro stabile, sicuro e dignitoso – ha aggiunto – diventa difficile parlare di bene comune”. Nel messaggio per il 1° maggio 2015 i Vescovi hanno chiaramente affermato che: “Il grido dei precari è realmente la periferia che, più di tutte, domanda luce, che ci chiede premura”. Varrà anche per i Docenti di Religione Cattolica tale premura?