L’EDITORIALE DI “LUCE E VITA”: “DOVE SONO LE NOSTRE RADICI?”
L’editoriale di questa settimana di “Luce e Vita” è firmato da Nunzia Di Terlizzi, presidente diocesana uscente.
«Di fronte a questo mondo che cambia, di fronte alla crisi di valori, nel cambiamento del quadro sociale e culturale, forse con una intuizione anticipatrice, o comunque con una nuova consapevolezza, l’Azione cattolica si chiese su cosa puntare. Valeva la pena correre dietro a singoli problemi, importanti, ma consequenziali, o puntare invece alle radici? Nel momento in cui l’aratro della storia scavava a fondo rivoltando profondamente le zolle della realtà sociale italiana che cosa era importante? Era importante gettare seme buono, seme valido. La scelta religiosa – buona o cattiva che sia l’espressione – è questo: riscoprire la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato».
Questo affermava 50 anni fa Vittorio Bachelet da Presidente nazionale dell’Azione Cattolica. Erano le domande che seguivano l’analisi di quel tempo in cui si stava dando forma e sostanza al nuovo Statuto dell’AC. Quelle scelte avrebbero segnato l’agire dell’Azione Cattolica fino alla storia presente e futura. Quelle attese e quelle ansie presenti in Bachelet sono ancora attuali. La sua visione profetica, da credente impegnato, da uomo delle istituzioni e da profondo conoscitore della società in cui viveva, resta per noi un’eredità che è destinata a dare ancora i suoi frutti più belli.
La società in cui viviamo ha bisogno di segni di speranza, riconciliazione, pacifica convivenza, libertà. Noi, come aderenti all’AC, a queste attese dobbiamo rispondere prendendo nutrimento dalle nostre profonde radici. Radici che devono ancora estendersi nel terreno fertile della preghiera, dell’azione, del sacrificio e dello studio. Abbiamo il dovere di rivoltare profondamente, come vomeri, quelle zolle di terra che soffocano o inaridiscono le radici e non permettono ai nuovi germogli della pianta di spuntare, crescere e dare nuovi fiori e frutti.
In noi cristiani è presente, e deve essere custodito, il seme buono che è Cristo: vita che si rinnova e diventa prossimità per gli altri, segno di cambiamento, inclusione, attenzione a ciò che può ferire l’altro. È la nostra scelta consapevole.
Da battezzati, laici di AC, siamo chiamati ad accorgerci dei bisogni, dell’urlo dell’umanità che chiede di essere ascoltata, perché le guerre cessino, le ingiustizie non diventino legge, i poveri abbiano di che vivere, l’economia diventi circolare e sostenibile, il creato sia custodito.
La presenza del seme buono in noi deve spingerci a formarci per formare gli altri a valori grandi, capaci di uscire e percorrere le vie del mondo affrontando le sfide con la passione evangelica dei primi cristiani. Dobbiamo sempre chiederci che ruolo vogliamo rivestire in questa società, che processi vogliamo generare, quali povertà dobbiamo abitare e quali fragilità custodire.
Animati dalla passione cattolica, non possiamo essere un’Associazione vacillante, tiepida, annoiata, abitudinaria, accondiscendente alla cultura dominante e talvolta clamorosamente incoerente, ma dobbiamo essere l’Associazione di una Chiesa che con impegno guarda l’umanità e vive insieme le sue vicende che guarda la globalità dell’esistenza ma agisce sempre nel locale, considerando l’altro suo fratello. La nostra AC deve, corresponsabilmente con la Chiesa, far crescere atteggiamenti di servizio, educando a confrontarsi e a non esprimere giudizi, volgendo lo sguardo l’uno verso l’altro, a riconoscere anche l’errore, l’incapacità, il limite umano per perdonare, fare discernimento e annunciare il Vangelo.
L’AC deve educare e accompagnare i suoi aderenti a vivere nuovi stili di vita, coinvolgendo e facendosi coinvolgere anche da altre associazioni, aderendo a nuove alleanze, con l’intento di contagiare la società in una riflessione sui diritti dell’uomo, per accogliere, abbattere barriere e confini fisici, umani e psicologici, sensibilizzare alla carità. Deve con i suoi educatori e animatori, formati e innamorati di Cristo e dell’umanità dei gruppi che sono loro assegnati, intervenire per contrastare le nuove dipendenze della globalizzazione.
Consapevole delle proprie radici, della propria storia, sostenuta nella preghiera dai suoi santi e beati, l’AC deve guardare, responsabilmente, al suo popolo numeroso e cercare risposte ai sogni di bellezza che porta ogni aderente nel cuore, formando donne e uomini maturi, perché vivano in pienezza la loro umanità e siano capaci di prendere il largo verso orizzonti infiniti.