Religione

L'editoriale di "Luce e Vita": Comunicatori, testimoni di verità e prossimità

Un’intensa riflessione di Luigi Sparapano rappresenta l’editoriale di questa settimana del settimanale “Luce e Vita”.

Creare ponti, favorire l’incontro e l’inclusione, arricchire la società, far crescere la comunione, fare di e-mail, sms, reti sociali, chat… delle forme di comunicazione pienamente umane, trasformare il potere della comunicazione in prossimità…
Questi ambiziosi obiettivi ha cercato di perseguire la prima Settimana della Comunicazione appena conclusa in Diocesi, in un crescendo di interesse e di partecipazione che fa ben sperare per una possibile programmazione futura, che sia stabile nella nostra comunità ecclesiale.
Difficile contare i giornali, cartacei e digitali, operanti nelle quattro città, ancor di più conoscere quanti rivestono il ruolo di comunicatori, tra iscritti e non ad un albo professionale. Prova di un’ampia azione comunicativa sul territorio che non può essere ignorata dalla Chiesa.
Cinque eventi diocesani e le iniziative parrocchiali per proporre in vari modi e con diversi linguaggi il tema lanciato dal Papa “Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo” e rilanciato dal Vescovo sul precedente numero di questo settimanale, anch’esso ampiamente diffuso e celebrato nelle parrocchie.
Abbiamo parlato di giornale parrocchiale, di comunicazione digitale coi suoi rischi e opportunità, specie per i più piccoli; di relazionalità come forma vera e autentica di comunicazione; di deontologia e di etica di quanti esercitano il ruolo di comunicatori. Di impegno della Chiesa e nella Chiesa di quanti si pongono a servizio della Comunicazione e della Cultura, quale nuova scommessa pastorale, incalzata dai tempi attuali. A questo proposito, ribadiamo l’attenzione richiesta a ciascuna comunità parrocchiale perchè si affronti questo tema e si dia una saggia impostazione pastorale, anche alla luce del vademecum diffuso per il quale si auspicano incontri monotematici nei consigli pastorali.
Particolarmente efficace è stato l’incontro dei Giornalisti, da più parti apprezzato e auspicato come appuntamento stabile di dialogo tra Chiesa e mondo della Comunicazione sul territorio. Non che già non ci fossero tali momenti, ma è sempre più reale l’esigenza di un dialogo costante e continuativo, nella diversità di punti di vista culturali e religiosi. L’enucleazione dei codici deontologici, purtroppo spesso trasgrediti nella smania di dare notizie ad ogni costo, ha richiamato una decisa posizione: o si torna ad un giornalismo etico, oppure non c’è più spazio per una professione di qualità, affossata da un libero uso della rete che chiunque può fare, improvvisandosi giornalista. E sappiamo che la deontologia, pur scaturendo dall’etica, non la esaurisce; senza etica, la norma è subìta come restrizione. A questo rischio è stato associato anche quel triplice pericolo che lambisce l’attività dei comunicatori: l’autoreferenzialità, il narcisismo e l’arroganza intellettuale, virus che vanno in direzione opposta rispetto a quella dimensione di misericordia che il Papa auspica nella comunicazione, anche nei confronti di chi può aver sbagliato.
Sono dinamiche non estranee al nostro territorio, dove le posizioni espresse sui media sono talvolta ricondotte forzatamente a posizioni partitiche e in questa dinamica viene catalogata ogni opinione espressa anche da realtà civili ed ecclesiali che nella loro identità non hanno appartenenze politiche, ma hanno il diritto/dovere di esercitare un ruolo di cittadinanza, di laicità che la Chiesa stessa gli riconosce. Occorre  una forte capacità di mediazione, come dice il Papa, di persone impegnate “a scegliere con cura parole e gesti per superare le incomprensioni, guarire la memoria ferita e costruire pace e armonia”. Non è e non vuol essere buonismo! Piuttosto un impegno a decentrarsi qualche volta dalle proprie angolazioni per mettersi in corpo l’occhio dell’altro. É esercizio difficile, ma possibile. Anzi, necessario.

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