Religione

L'EDITORIALE DI "LUCE E VITA": "ANCHE UNA CANONICA PUO' BASTARE"

E’ firmato da Luigi Sparapano l’editoriale di “Luce e Vita” di questa settimana.
Si conclude il Giubileo e tanti sono i segni che lascia, ad ogni livello, come quelli diocesani già presentati su queste pagine.
Uno parrocchiale, in particolare, vogliamo condividere perchè importante, forte, profetico.
Da fine settembre la parrocchia Madonna della Pace, a Molfetta, ospita nella canonica una famiglia del Camerun, scelta conseguente all’adesione del Comune al bando SPRAR (Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) del Ministero dell’Interno. Si tratta di un progetto di seconda accoglienza (ma la famiglia è sbarcata da poco) finalizzato all’integrazione sociale ed economica di soggetti già ritenuti beneficiari di una forma di protezione, quali rifugiati o titolari di una protezione sussidiaria o umanitaria.
«La famiglia – scrive Nora Caputi sul sito della parrocchia – composta dal papà André Marie, dalla mamma Cristiane e da tre splendidi bambini, Gustave di 11 anni e dai gemelli Pierre e Déchateau di circa 5 anni, ha già cominciato un percorso di integrazione all’interno della nostra comunità con grande gioia dei bambini, curiosi, entusiasti e desiderosi di conoscere e sperimentare realtà nuove e differenti dalle proprie. Gustave, il figlio maggiore, frequenta la scuola media e, nonostante le difficoltà oggettive dovute alla scarsa conoscenza della lingua italiana, non si perde d’animo e lascia trasparire tanta gioia e vitalità in tutte le sue azioni. I gemelli, invece, hanno intrapreso il loro percorso didattico presso la scuola materna.
Non conosciamo la storia di questa famiglia.
Non sappiamo esattamente da quali problemi sia fuggita e in quale realtà viveva. Il suo percorso di integrazione è affidato, nello specifico, alla cooperativa “Oasi 2” di Trani che, con l’ausilio di educatori e psicologi, segue da vicino le vicende personali di queste famiglie.»
Il parroco don Angelo Mazzone è entusiasta per questa esperienza che sta provocando lui stesso e la parrocchia ad una riflessione profonda su una forma di carità che non è episodica, ma totalizzante, coinvolgente e sconvolgente. «Non è una scelta eroica o da esibire – mi dice con pacatezza don Angelo – ma una provocazione a misurare quanto siamo in grado di tradurre le parole in fatti, con tutto quello che comporta la presenza in parrocchia di cinque persone che ci vivono, per diversi giorni e che parlano solo francese».
La comunità compie questa scelta anche per un’esigenza di autoformazione e di promozione concreta della cultura di accoglienza e di integrazione alla quale il Papa ci ha invitato quando ha rivolto un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo accogliendo una famiglia di profughi, “un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo della Misericordia”.
Mentre sosto sul sagrato della chiesa vedo con emozione che i due più piccoli giocano con altri bambini della parrocchia, mentre il padre esce per farli coprire, data la fredda serata; tra i corridoi della struttura non manca un odore di cucina che rende l’ambiente proprio famigliare e di questo don Angelo non si preoccupa molto, cogliendo il segno di una chiesa aperta, accogliente, famiglia di famiglie. Bella anche la condivisione religiosa dal momento che loro sono cristiani cattolici, quindi accomunati dalla stessa fede che li porta a partecipare a Messa con la comunità.
L’entusiasmo degli inizi sta facendo spazio a una mobilitazione della parrocchia, anche per dare risposte in termini di scolarizzazione, di inserimento e di lavoro, in vista di una sistemazione. É un’esperienza che deve interrogarci; don Cesare Pisani, direttore Caritas, auspica che ne nascano e che la Caritas è disponibile a offrire indicazioni ad altre comunità parrocchiali che volessero aprirsi a profughi come a famiglie locali che avessero bisogno di alloggio.
Nella viva certezza che “per i poveri anche una sacrestia può bastare” questa è una tra le modalità per vivere il monito evangelico: “Tutto quello che avete fatto ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me” (Mt, 25, 40).

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