L’attore ruvese Livio Berardi in “Santo Genet” al Petruzzelli
«Il Teatro per me è un posto dove rifugiarmi e far rifugiare il pubblico da quello che ci circonda. Il teatro è una parte di me, non sono mai stato forzato nel fare questo mestiere: è il mio corpo, il mio cuore ad averne bisogno. Il Teatro per me è piangere, facendo ridere, e ridere, facendo piangere».
In queste parole è racchiusa l’anima di Livio Berardi, attore ruvese di ventiquattro anni, che, sabato 25 e domenica 26 marzo, al Teatro Petruzzelli di Bari, sarà co-protagonista degli attori-detenuti nell’opera “Santo Genet” della Compagnia “La Fortezza”, per la regia di Armando Punzo e vincitrice, nel 2014, del Premio Ubu come migliore allestimento scenico.
“Santo Genet” è una pièce ispirata al saggio del 1952 di Jean-Paul Sartre “San Genet, comédien et martyr”, dedicato al controverso Jean Genet, scrittore, poeta e drammaturgo francese il cui leitmotiv poetico sono il mondo del carcere, dei bassifondi e l’omosessualità.
I due spettacoli sono la summa del percorso di avvicinamento allo spettacolo, “Verso Genet-La Fortezza a Bari”, progetto del Teatro Pubblico Pugliese e della “Compagnia della Fortezza”, in collaborazione con la Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Bari e la Libreria Laterza in cui, fino al 25 marzo, sarà ospitata la video-installazione “Nei salotti di Irma” di Stefano Vaja, fotografo ufficiale della compagnia.
In questo lavoro, Livio Berardi sarà accompagnato dal suo sodale e fraterno amico Domenico Santarella, giovane attore di Corato, con il quale ha studiato all’Accademia di Arte Drammatica “Cassiopea”, a Roma.
Livio, ci parli della sua esperienza in “Santo Genet”.
«“Santo Genet” è uno spettacolo che Armando Punzo ha creato con i detenuti-attori del carcere di Volterra. Per le date baresi del 25 e 26 marzo, ha voluto inserire giovani attori per alcune scene dello stesso. Io e Domenico ci siamo subito candidati, inviando i nostri curricula; infine, siamo stati scelti».
Come vi state preparando a lavorare nell’opera ispirata al tormentato Jean Genet e quale rapporto avete instaurato con la visione “punziana” dell’opera di Sartre?
«Allora, parteciperemo, dal 24 al 26 marzo, a un workshop con Punzo per imparare coreografie e partiture fisiche e per apprendere, assimilare la metodologia, elaborata dal regista, in quasi trent’anni di laboratorio con gli attori della “Compagnia della Fortezza”.
In realtà, non parlerei di vero e proprio rapporto con lo spettacolo perché io e Domenico non siamo i protagonisti di “Santo Genet”, non siamo stati presenti nel processo creativo, ma, sicuramente, sarà interessante chiederlo proprio a loro, ai “veri protagonisti” e questo lo faremo con piacere entrambi nei giorni di prova».
Un’esperienza ricca di spunti e arricchente per entrambi, come uomini e come attori. Come lo sarà stato anche il suo percorso di studi, Livio.
«Certo. Sono un attore che, da piccolissimo, ha respirato il palcoscenico, l’ha vissuto, seguendo i propri fratelli nei laboratori teatrali dell’Associazione “Tra il dire e il fare” a Ruvo di Puglia. Crescendo, ho iniziato a parteciparvi, seguendo seminari con Cesar Brie, Robert McNeer e collaborando con la compagnia “La Luna nel Letto”, sempre a Ruvo di Puglia, città di gran fermento artistico. Dopo il diploma all’Istituto d’Arte di Corato, nel 2012, volo a Milano dove, per un anno, seguo il corso propedeutico per Attori dell’Accademia “Paolo Grassi”. Nel 2013, affronto il provino per l’ ammissione all’Accademia di Arte Drammatica “Cassiopea” a Roma e sono ammesso con il massimo dei voti. Per tre anni, ho avuto una formazione completa e complessa. Una formazione condivisa con il mio amico Santarella».
Dopo il periodo formativo, arrivano le prime scritture…
«Sì. Nel 2016 torno in Puglia perché sono coinvolto nel progetto “Versoterra” di Mario Perrotta, in Salento. Contemporaneamente, sono scritturato dalla “Compagnia Bottega degli Apocrifi” di Manfredonia per lo spettacolo “Lorenzo Milani”. Da novembre, collaboro con la Compagnia “Menhir” di Giulio De Leo, affiancando Giulio nei suoi molteplici laboratori che, tuttora, portiamo avanti presso il Liceo Scientifico “Orazio Tedone” e in alcune scuole d’infanzia. E ora, la grande opportunità con Armando Punzo».
Un’occasione che darà una nuova sensibilità a Livio e Domenico, la cui “biografia artistica” è interessante.
Classe ’94, Domenico sin da piccolo è appassionato di teatro. Frequenta corsi formativi con i Maestri Luigi Palumbo e Claudia Lerro. Durante “il periodo accademico romano”, lavora con Andrea Pangallo, Ilaria Amaldi, la Compagnia Biancofango, Silvia Calderoni, Carlotta Natoli e altri maestri e artisti. Recita e canta in “C’era una volta Mimì”, spettacolo dal vivo di cui cura anche la regia ed è dedicato a Domenico Modugno. Da novembre 2016 interpreta Aladin nel musical “Aladin e la lampada meravigliosa” ed è performer nel musical “Pippi Calzelunghe”. E’un tour che ha toccato i più importanti palcoscenici italiani come il Teatro “Manzoni” di Milano, il “Sistina” di Roma, “Casa della Musica” di Napoli e il “Teatro Team” di Bari. Da giugno 2017 sarà in una prestigiosa tournée teatrale con “Il sogno di Clio”.
Livio, ci racconti dei suoi prossimi progetti?
«Nel futuro ci sono sicuramente i “saggi” di laboratorio con le varie scuole. Poi, se sarò selezionato, parteciperò ad un seminario con Eimuntas Nekrosius».
Livio Berardi è attore ma prevede di diventare anche autore di testi teatrali?
«In realtà già lo sono. Infatti, sto ultimando il mio nuovo spettacolo, “17 km”, ispirato a “ I dolori del giovane Werther” di Goethe. Non vedo l’ora di dare vita a questa opera con il mio corpo, con la mia anima, con la mia mente, da “buon artigiano” di quel piccolo, meraviglioso e grande mondo “su assi di legno”».
(Nella foto in evidenza, Livio e Domenico in “Festino in tempo di peste” di Puškin, per la regia di Luciano Colavero)