Ruvesi

L’ANTICA FARMACIA COMUNALE…

Giuseppe Leone, un uomo serio e affabile, sempre pronto a venire incontro alle esigenze di chi si rivolgeva a lui per qualsiasi problema. Era il direttore dell’antica Farmacia Comunale sita in Corso Carafa, in uno dei locali dell’attuale Polizia urbana.

Negli anni ’50 del secolo scorso, la situazione economica era ben diversa da quella odierna. Il Comune doveva far fronte alle esigenze di tanta gente che poteva usufruire della “tessera di povertà”, grazie alla quale poteva ritirare i medicinali prescritti gratuitamente. Il farmacista accoglieva tutti, mostrando grande disponibilità nel procurare al più presto quanto richiesto.

Nel retro della farmacia si trovava un laboratorio, dove venivano preparate al momento pomate o altri medicamenti galenici accuratamente conservati in appositi armadietti, poi dosati seguendo precise prescrizioni mediche e raccolti in cartine bianche.

Quando aveva un po’di tempo a disposizione, il dottore si soffermava a conversare sia con chi passava a salutarlo, sia con chi passava a ritirare i farmaci o con i pazienti; volentieri raccoglieva le confidenze di chi gli esponeva problemi personali, commentando a volte eventi locali o di portata nazionale.

Tuttavia, con il trascorrere del tempo, si diffusero farmaci prodotti dalle case farmaceutiche. Spesso era lo stesso farmacista a recarsi a Bari, quasi con cadenza settimanale, per ritirarli personalmente e rispondere a quanto desiderato dai clienti. Gli assistiti gli riconoscevano per questo la tempestività e la disponibilità.

La notte, di tanto in tanto, qualcuno si recava al suo domicilio per richiedere medicinali urgenti e il dottore, senza indugio, si dirigeva velocemente in farmacia per fornirli.

Poi, nel 1968, la legge Mariotti istituì la “cassa mutua”, che purtroppo accentuò la disuguaglianza fra i cittadini (erano tutelati solo i lavoratori che realizzavano un fondo destinato alla copertura delle spese mediche).

Il 23 dicembre del 1978 fu la volta del Servizio Sanitario Nazionale, con cui venne sancito il concetto di salute inteso come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della comunità. Non passò troppo tempo da quando la farmacia venne chiusa poiché aveva perso la sua funzione.

Così il dottore andò in pensione con suo sommo disappunto: la farmacia infatti costituiva per lui un’appagante fonte di realizzazione professionale. A colmare tale vuoto subentrò la possibilità di dedicare le sue giornate all’amministrazione dei suoi poderi, sebbene rimanesse ancora vivido il ricordo di una vita vissuta tra quelle mura, con le sue cartine, le efficaci pomate e le immancabili polverine, lampante testimonianza di un mondo che stava pian piano scomparendo.

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