Attualità

L’ALTRO VOLTO DEL COVID-19, UNA LETTRICE “IL DRAMMA DI CHI è STATO ABBANDONATO IN ISOLAMENTO”

Una lettrice chiede di restare anonima e racconta la sua drammatica esperienza di donna isolata e abbandonata dalla Asl.

È passato un anno dallo sviluppo e dall’evoluzione dell’emergenza Covid-19 e fino ad ora abbiamo quotidianamente appreso notizie di quelli che sono i sintomi più comuni dell’infezione, delle regole da rispettare, dei casi positivi giornalieri, del numero di tamponi effettuati, ma raramente si è parlato dell’esodo che molte persone positive sono state costrette ad affrontare durante l’effettivo isolamento: una spiacevole situazione che gradualmente ha generato sfiducia nel Governo, nell’ASL e in tutti coloro che stanno cercando di gestire tale emergenza.

Se provassimo a digitare su Google “non sono stata ancora contatta dall’ASL dopo 21 giorni di isolamento”, “chi posso contattare per avere notizie sulle tempistiche per l’esecuzione del tampone?”, potremmo ritrovarci di fronte a migliaia di notizie su positivi dimenticati dal Sistema Sanitario nelle proprie case ad attendere una chiamata, a quanto pare, mai arrivata. Questo è ciò che è successo ad alcune famiglie ruvesi che si sono ritrovate catapultate nella propria casa, per numerosi giorni in attesa del primo o del secondo tampone; persone che nonostante i numerosi tentativi di chiamata e di e-mail all’ASL, al 1500, al S.I.S.P. non hanno ricevuto altro che il silenzio totale o forme di disinteresse, umiliazione andando nettamente ad aggravare quello che è lo stato psicologico e di salute dei soggetti stessi.

È stato necessario riferire a chi di dovere si occupa dell’emergenza nella cittadina ruvese la totale assenza e mancanza di rispetto da parte di organi superiori per la programmazione dei tamponi oltre alle continue sollecitazioni da parte del proprio medico di base e non solo. C’è di fatto che una di queste famiglie, dopo 50 giorni di isolamento in attesa del test molecolare, è riuscita dietro la propria forza e volontà ad abbattere i limiti imposti dal decreto e a chiedere i propri diritti dopo aver rispettato i doveri senza dimenticare che all’interno dello stesso periodo, membri appartenenti al nucleo, positivi e soggetti a complicanze, sono stati rifiutati e umiliati presso i pronto soccorso Covid dopo lunghe attese e chiamate al 118.

È mai possibile che di fronte ad un evento drammatico e globale, il funzionamento delle organizzazioni sia così inefficiente? Se in questo caso ci troviamo di fronte a famiglie che hanno trovato la forza di reagire, pensiamo a chi è fragile, solo e incapace, come sarebbe uscito da una situazione tale?

La rabbia vuole lasciare posto alla speranza, una speranza volta a credere nelle istituzioni, a pensare che errori come questi non devono assolutamente accadere più perché è in gioco la vita di ognuno di noi, perché solo con il senso del dovere da parte di tutta l’umanità si può riuscire a gestire l’emergenza in attesa della rinascita.

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