Enogastronomia

L’alta cucina per “intolleranti” di Angelo Berardi

Il raviolo di pasta fresca,  ripieno di burrata pugliese e spuma di mirtilli, è il piatto senza glutine che conduce i celiaci  in un reame gourmet. A consentire di vivere questa sontuosa quanto singolare esperienza sensoriale a tutti, soprattutto a chi soffre di intolleranze alimentari,  è lo chef Angelo Berardi, ruvese da anni trapiantato nel Sud Tirol – Dolomiti.

«Al ristorante – mi racconta –  notavo che aumentava la richiesta di portate senza glutine. Mi dispiaceva che un cliente fosse costretto a rinunciare ad alcuni piatti particolari, per cui ho  deciso di intraprendere un percorso di ricerca, specializzazione e sperimentazione di cucina senza glutine e altre intolleranze- al lattosio, alle proteine del latte e nickel, per esempio –  per soddisfare questo tipo di esigenze. Il risultato è la creazione e preparazione di pietanze, con glutine e senza glutine, che appagano, tuttavia,  in egual modo  la vista».

La cucina di Berardi a Hotel Villa Madonna, a Siusi allo Sciliar, è stata lodata su “Eventi Cultural”, testata web e su carta stampata  distribuita in teatro, gallerie e ambasciate.

Quando Angelo Berardi decide di diventare chef?

«Il mio percorso nella ristorazione ha inizio nel 1987, nella pasticceria di Giuseppe Berardi. Anni lunghi, intensi, dove apprendo e mi perfeziono nell’arte della  pâtisserie.

Poi decido di fare stage, frequentare corsi di formazione e  affinare la mia arte in altre città  italiane e all’estero. Sono state esperienze colme di sacrifici, rinunce e altrettanto impegno e passione tanto da forgiarmi come professionista e come uomo».

Anni di lavoro e di incontri, di arricchimento professionale e umano.

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«I miei mentori, i miei punti di riferimento professionali – prosegue – sono coloro che realizzano piatti innovativi senza alterare l’essenza della materia prima: un incontro fra tradizione e innovazione dove non c’è alcuno sbilanciamento».

Berardi, intanto, amplia il suo patrimonio culinario studiando altri ambiti, anche la cucina molecolare.

«La mia cucina è fatta soprattutto di prodotti pugliesi assemblati a quelli del Sud Tirolo: una combinazione interessante, in chiave moderna, che i clienti apprezzano.  Amano molto, per esempio, la contaminazione tra dolce e salato. Oltre al  raviolo citato poco prima, amano la tartare di bue con sbriciolata di grana, gel di prezzemolo e vincotto di fichi; o la tartelletta con cremoso di mandorle, arachidi e sfera liquida di balsamico al lampone».

Pensa di ritornare in Puglia?

«Mi piacerebbe e penso che in futuro si possa realizzare».

Cosa consiglia a un ragazzo che voglia diventare chef?

«Deve avere molta passione per questo lavoro fatto per la maggior parte di sacrificio, rinunce, impegno; deve essere umile e pronto a mettersi in gioco, a formarsi – una carissima persona mi disse “O ti formi o ti fermi” – e non lasciarsi abbagliare dai cooking show in televisione: spesso non rispecchiano la realtà».

(Foto su concessione di Angelo Berardi)

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