LA TRADIZIONE DELLA QUARANTANA DI PIAZZA DANTE
Una delle storiche tradizioni pasquali riguarda la “Quarantana”. La tradizione più remota è quella di Piazza Dante ed è portata avanti da tre generazioni dalla famiglia Sibilani: da nonno Matteo Sibilani al nipote Matteo Miccoli.
Dal nonno “Iucc” al nipote “Mattiucc”, è cambiata la posizione, ma la tradizione continua. Uno dei personaggi simbolici, più strani e nello stesso tempo interessanti del periodo quaresimale ruvese è la Quarantana: un pupazzolo dalle sembianze di vecchia vestita di nero, posto a penzoloni per le vie del paese a partire dalla mezzanotte del martedì grasso, ultimo giorno di carnevale. Le sue origini derivano dai riti antichi del mondo greco, esportato poi alle popolazioni della Magna Grecia. Con il passare del tempo questi riti si sono fusi con le tradizioni carnevalesche locali e con quelle quaresimali.
La Quarantana viene considerata la “moglie di Carnevale” e porta con se una serie di simbologie: il fuso, simbolo del lavoro femminile e del tempo che passa, in riferimento alle parche della mitologia; un melograno, simbolo dell’inverno che va via, con conficcate sette penne di gallina, tante quante sono le settimane della Quaresima, tolte una per settimana; l’aringa, simbolo dell’astinenza, che nel periodo quaresimale sostituiva carne, grassi, uova e latticini. Persino le padelle venivano ripulite con cura per sviare
gli odoti tentatori delle succulente pietanze consumate a Carnevale.
Il giorno di Pasqua, al passaggio della processione della statua del Cristo Risorto, una delle poche in Puglia, avviene il rito – spettacolo dello scoppio della Quarantana tra il tripudio generale dei presenti. Dal modo in cui la Quarantana veniva inghiottita dalle fiamme, i nostri avi traevano gli auspici dell’annata agraria.
La sua esplosione rappresentava e rappresenta tutt’oggi la vittoria della vita sulla morte, delle gioie sugli stenti e sui sacrifici, della primavera sul freddo inverno.