La storia di Paola Clemente è la storia di tutti i lavoratori sfruttati, i moderni schiavi
Per Enrica Simonetti, autrice del libro «Morire come schiavi. La storia di Paola Clemente nell’inferno del caporalato», edito da Imprimatur, le leggi che combattono lo sfruttamento sul lavoro, tra cui la recentissima legge n.199 del 29 ottobre 2016 contro il caporalato, non sono sufficienti se manca l’Etica.
E’ il senso dell’incontro letterario svoltosi ieri, a Palazzo Caputi, nell’ambito della rassegna teatrale “Attraversamenti”, dedicata ai diritti civili.
Con l’autrice hanno dialogato Dino Mangialardi di Amnesty International – Bari e la drammaturga Valeria Simone, dell’Associazione “Acaša” e autrice della pièce teatrale “Paradise”, nella quale si affronta il dramma dello sfruttamento dei lavoratori e del caporalato attraverso un punto di vista inedito. Tra il pubblico, anche Leonardo Palmisano, autore con Yvan Sagnet, di “Ghetto Italia”.
La presenza della Simone non è casuale, come ha sottolineato l’Assessora alla Cultura Monica Filograno. Il 24 marzo prossimo, presso il Teatro Comunale di Ruvo di Puglia, andrà in scena “Paradise” e questo incontro, dedicato a un’inchiesta, rigorosa ed empatica, è propedeutico a una maggiore comprensione delle vicende di Krystyna, la protagonista della piéce.
Enrica Simonetti ha voluto scavare nella vicenda di Paola Clemente, la donna spentasi a quarantanove anni nei campi di Andria, sotto il rovente sole estivo, mentre faceva l’acinino ai grappoli di uva per due euro l’ora: ritta su una cassetta di plastica, doveva separare gli acini più piccoli. Paola Clemente, una donna che segnava su un calendario le ore di lavoro, quello stesso calendario che ha consentito agli inquirenti di ricostruire i fatti e di svolgere un’inchiesta conclusasi con l’arresto di sei persone. Paola Clemente, sfruttata perché donna; Paola Clemente che doveva mantenere un marito disoccupato perché nessuno disposto ad assumerlo; Paola Clemente considerata senza diritti alla stregua degli extracomunitari che raccolgono i pomodori, le arance, le olive, i mandarini. E spesso, la frutta, la verdura che compriamo a “prezzi convenienti” provengono da una filiera che si fonda sulla schiavitù. Il lavoro dei nostri nonni infangato da logiche economiche aberranti.
Ma il caporalato non esiste solo nei campi e non è un fenomeno meridionale. Esiste il caporalato nel campo della logistica, quello che garantisce che la merce ordinata on line arrivi a casa propria in pochissimi giorni. Si pensi ai ragazzi e ragazze, assunti mediante agenzie interinali – proprio come Paola – che smistano ordini e merci; ai trasportatori, sottoposti a ritmi stressanti, che girano per l’Italia. Il caporalato è anche in Piemonte, Lombardia, nelle regioni “un tempo” floride. Schiavi sono i ragazzi dei call center – emblematica, in tal senso, la commedia amara di Paolo Virzì “Tutta la vita davanti”.
Ma la schiavitù è anche intorno a noi. Si odono spesso storie raccapriccianti – termine che non è una forzatura – di persone pagate per lavori a ritmi massacranti a tre euro l’ora, storie raccontate quasi sottovoce, in confidenza, perché «è meglio essere sfruttati che non lavorare».
Ora, garantire il rispetto della legge nel lavoro è uno degli obiettivi a cui mira il sindaco Pasquale Chieco, intervenuto non solo come primo cittadino, ma anche come testimone della vicenda di Paola – è uno dei legali della famiglia della donna – e come giuslavorista.
Per il primo cittadino la Costituzione e le leggi sono un presidio importante per tutelare il lavoro e i lavoratori e non si deve mai prescindere da essi anche se, nella realtà, esiste un “gap” tra quanto studiato sui testi e la realtà, come gli confidano i suoi discepoli ed ex studenti.
Lo sfruttamento sul lavoro va combattuto, pertanto, non perdendo o, almeno, recuperando il senso etico in ognuno di noi, ribadendo il concetto espresso dalla Simonetti. E’ il primo e fondamentale passo per il rispetto degli altri e di sé stessi.