LA STORIA DEL CORTEO PROCESSIONALE DELLA DESOLATA
Il Venerdì di Passione, nelle prime ore pomeridiane, quando la bianca pietra della facciata della chiesa di San Domenico viene baciata da un timido sole primaverile, ecco che due novelli musicisti, uno con un tamburo ed un altro con una grancassa si incamminano per le vie della città.
La grancassa con colpi gravi e il rullare del tamburo chiamano a raccolta i confratelli e le consorelle che di lì a poco accompagneranno il Simulacro della Beata Vergine Maria Desolata. Un rituale che a Ruvo di Puglia, si perde nel tempo.
Innanzi alla chiesa, si formano capannelli di devoti e man mano si avvicina l’ora prestabilita, il numero di essi cresce sempre di più. Il grande portone della chiesa si schiude ed esce il gonfalone con l’immagine di Maria Santissima Addolorata.
Il gonfalone apre il corteo processionale; affianco ad esso il tamburo e la grancassa.
Seguono le associate che un abitino con le effigi della Madonna.
Lo stendardo è portato da una associata, insieme ad altre due, una a destra e l’altra a sinistra con a fianco altre due: in testa portano un velo di pizzo nero. A seguire le Consorelle e anche per loro, lo stendardo apre le due file; loro sono vestite con uno scapolare di colore nero, con al centro sulla parte davanti e su quella di dietro le iniziali in colore bianco M – D che stanno a significare Mater Dolorosa. A seguire le due file delle consorelle.
La Croce Confraternale apre le due schiere dei confratelli che si predispongono secondo l’anzianità di iscrizione al sodalizio, iniziando dai novizi. Vestono: un camice color bianco, con al cinto un laccio di colore celeste come il nastrino posto alla sommità del camice, una tracolla di colore nero con al centro un medaglione a sbalzo con l’effige della Madonna Addolorata, in testa un cappuccio detto “buffa”. L’abito dei confratelli completo comprende anche una “mantellina detta mozzetta” di colore avorio, colore della Purificazione, che però non viene indossata solo durante la processione della Madonna. Tutto l’abbigliamento (con mozzetta, tracolla e buffa) era in uso al tempo della fondazione delle misericordie, quando i confratelli portavano una sorta di “divisa”, costituita da una lunga veste di colore scuro, cinto da un cordone con
una corona del rosario. A coprire il volto un cappuccio dello stesso colore che impediva, a chi riceveva un’opera di carità, di riconoscere il suo benefattore.
Appena tutto è predisposto, appare sull’uscio della chiesa la statua di Maria Santissima Desolata, adagiata su una base dallo stuolo di fiori bianchi che viene portata a spalla da circa quaranta portatori vestiti con camice bianco, al cinto un lacciuolo di colore celeste, al collo un medaglione a sbalzo con l’effige di Maria Santissima Addolorata.
Dal 2010, appena uscito dal luogo di culto il simulacro, viene intonato il canto “Preghiera alla Vergine Maria”, composto dal Maestro Rocco Di Rella nel 2009, ispirato
dalla preghiera alla B.V. Addolorata scritta dal Servo di Dio S.E. Monsignor Tonino Bello che la donò alla Confraternita il 1° marzo 1993, nell’anno del centenario della
processione della Madonna Desolata.
Come la tradizione vuole, in questo giorno, soffiano folate di vento, tanto che i Ruvesi hanno posto alla Desolata l’appellativo di “Maduònne du Vinde”, ossia Madonna del
vento.
Dietro alla statua, prende posto il Priore della Confraternita con i due assistenti e il Padre Spirituale; a seguire le autorità Civili e Militari della Città e i devoti.
Segue la banda, elemento essenziale dei cortei processionali, che esegue marce “Funebri” dei maestri ruvesi Antonio e Alessandro Amenduni, Basilio Giandonato, e dei maestri più giovani come il Prof. Di Rella, il Prof. Iurilli ed altri.
Lungo le strade attraversate dal simulacro, dai balconi pendono bianchi lini che ricordano il sudario dove venne avvolto Cristo.
Tradizione vuole che, nell’ultimo tratto del percorso, i confratelli si dispongono all’inizio del corteo processionale, mentre le consorelle prendono il loro posto a seguirli, stringendosi in un simbolico abbraccio alla Vergine.
I verbali contenuti nell’archivio della Confraternita si fermano al 1941 per poi riprendere il 1947. Probabilmente in questo periodo a causa del secondo conflitto mondiale il corteo processionale non si tenne.
Spesso durante il corteo processionale la pioggia o addirittura la neve hanno interrotto il cammino.
Nel 1957 imperversò una “bufera” di neve tanto da accelerare il rientro deciso dal Priore della Confraternita, allora in carica, Sig. Francesco Cantatore.
Correva l’anno 1993, il Priore era il Sig. Matteo Lobascio: mentre la processione percorreva Via Nello Rosselli, un improvviso acquazzone costrinse i portatori della statua a ripararsi nell’ampio portone della Vanella di Via Mario Pagano. Stessa sorte era già accaduta l’anno precedente, quando un acquazzone sorprese la Confraternita mentre percorreva Corso Cotugno e la statua fu riparata sotto Arco Palumbo.
Spesso a causa delle condizioni meteo la processione non si è tenuta nel giorno prestabilito, il Venerdì di Passione, come nel 2007, 2015, 2016, 2018 spostata al Sabato. Il 2019 la processione si tenne il Martedì Santo. Il 17 Marzo del 1989, a causa dei lavori di restauro della Chiesa Parrocchiale di San Domenico la processione uscì e
fece rientro nella chiesa di San Giacomo al Corso.
Nel 2015, il Priore in carica era il Sig. Simone Salvatorelli: fu confezionato, dalle mani di quattro consorelle e di una devota, tutte sarte, il nuovo vestito e il nuovo manto per la Madonna. Inoltre, fu realizzata la nuova base processionale.
Nel 2018, il Priore in carica Sig. Antonio De Venuto, dopo un accurato lavoro di restauro eseguito da Leonardo Marrone, decide di ripristinare la vecchia base in noce,
datata con ogni probabilità 1973, donata dalla Famiglia del Dott. Leone.
Ringrazio, gli amici Confratelli Michele Montaruli, Simone Salvatorelli e Lucia Di Bisceglie (di Vincenzo), per avermi dato notizie immateriali che potrebbero essere utili ad eventuali approfondimenti alle future generazioni.
Michele Pellicani