Enogastronomia

La Quaresima e il mangiar di magro: cristianità a tavola

I giorni della Quaresima, secondo il precetto cristiano, sono giorni di penitenza, preghiera e digiuno.

In passato il cristiano, sotto pena di morte o di scomunica, aveva l’obbligo di digiunare o mangiare di magro durante il periodo quaresimale e i giorni di precetto.

Ma cosa significa l’espressione “mangiare di magro”? Significa che fino alla fine della Quaresima e tutti i venerdì dell’anno – Cristo muore di venerdì- non bisogna mangiare carne rossa, bianca e insaccati.

Il divieto di consumare questi cibi risale al Medioevo, quando arrosti, selvaggina ed ogni altra preparazione a base di grassi erano elevati a cibo per eccellenza mentre il magro era relegato a semplice surrogato.

Divieto assoluto anche per tutti i tipi di condimento di origine animale come burro, strutto, lardo. Addirittura, fino al XX secolo, fu proibito anche il consumo di uova e latticini, soprattutto nei giorni di totale astinenza.

I cibi ammessi durante la Quaresima, quindi, furono pesce, verdura e legumi. Nelle case dei nostri antenati ruvesi l’aringa, pesce povero, regnava in tutte le declinazioni, fresco, essiccato o salato.

Dopo il Concilio Vaticano II, le limitazioni alimentari nei giorni di magro si ridussero.

A pensarci bene, il mangiar magro non dovrebbe essere considerato una forma punitiva di nutrimento perché asseconda i precetti che la medicina moderna impone per mantenere uno stile di vita salutare.

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