La principessa ruvese delle ambre a Vicenza
Nell’antica Ruvo di Puglia, viveva una principessa che adorava le ambre, pietre taumaturgiche.
A lei è dedicata una mostra alle Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari, sede museale di Intesa Sanpaolo, a Vicenza, dal 4 febbraio 2017 e sino al 7 gennaio 2018: “Le ambre della principessa. Storie e archeologia dall’antica terra di Puglia”, quarto appuntamento del progetto “Il Tempo dell’Antico”, dedicato alla valorizzazione delle ceramiche attiche e provenienti dalla Magna Grecia della collezione Intesa Sanpaolo, nella quale sono confluiti i reperti della collezione Caputi, antico casato ruvese.
La mostra è curata da Federica Giacobello, in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e l’Università degli Studi di Bari, e intende studiare il fenomeno del collezionismo classico che interessò il Regno di Napoli e poi Regno delle Due Sicilie nell’Ottocento.
Il nome dell’esposizione deriva dal sontuoso corredo funerario, adornato di ambre e pietre preziose, di una donna peuceta di elevato rango, proveniente da Ruvo di Puglia e risalente al VI-IV secolo a.C., come tutti gli altri reperti esposti, tra cui uno degli affreschi parietali de “La Tomba delle Danzatrici”.
Il corredo della “Tomba delle Ambre” fu scoperto nei fondi Caputi, nel 1876, con vasellame e gioielli in ambra. I vasi entrarono a far parte della collezione Caputi, mentre le ambre e gli altri ornamenti furono acquistati dal Ministero della Pubblica Istruzione e assegnati al Museo Archeologico di Napoli.
Nella “Tomba delle Ambre” fu ritrovata anche la kalpis con ceramografi, la punta di diamante della Collezione Intesa Sanpaolo.
Se è dai pochi conosciuta la tomba della “principessa” con le sue ambre, è celeberrima la “Tomba delle danzatrici”, rinvenuta il 15 novembre 1833, in un terreno appartenente al canonico Ficco, sul quale doveva sorgere l’omonimo palazzo, sull’attuale Corso Cotugno.
Essa era una tomba ipogeica a semi-camera, risalente agli inizi del IV secolo a. C. L’affresco delle danzatrici fu staccato dalle pareti, smembrato e venduto al Real Museo Borbonico di Napoli (ora Museo Archeologico Nazionale di Napoli), nel 1838. Accanto all’affresco, è esposto un acquerello del pittore Vincenzo Cantatore, che ritrae la tomba al momento del rinvenimento. Un video, realizzato da Al.T.A.I.R., azienda spin-off dell’Università degli Studi di Bari, ricostruisce la tomba originaria in 3D.
A Palazzo Montanari si possono anche ammirare tavole ottocentesche, alcune delle quali prese in prestito dal Pontificio Seminario Regionale Pugliese di Molfetta, che illustrano le campagne di scavi e i reperti antichi rinvenuti a Ruvo di Puglia. Notevole è la ricostruzione dello studiolo di un collezionista di vasi, che si ispira alle dimore nobiliari del XVIII-XIX secolo, con i reperti archeologici esposti in un armadio-libreria, secondo la consuetudine ottocentesca. Il Museo Jatta, le sue stanze, le sue teche, sono un chiaro esempio del gusto di adornare gli ambienti in cui si viveva con preziose antichità, spesso attestanti il prestigio del casato. Tre video approfondiscono lo studio delle ambre, degli scavi di Ruvo di Puglia e del collezionismo delle nobildonne dell’Ottocento.
E’ esposta anche una copia del primo catalogo dell’intera collezione Caputi, edito nel 1877 da Giovanni Jatta, e la “pelike degli amanti”.
Un cenno merita la storia della collezione Caputi, confluita nell’attuale collezione Intesa San Paolo.
Essa è composta da oltre cinquecento vasi, rinvenuti a Ruvo di Puglia, risalenti a un periodo che va dal VI al III secolo a.C. e realizzati nell’antica Apulia, in Lucania o importati da Atene.
Le famiglie illustri ruvesi, come Caputi, Jatta, Fenicia e Lojodice furono vivaci parti attive nel fenomeno del collezionismo ottocentesco, e Ruvo di Puglia ne fu uno dei centri fiorenti. All’epoca, accanto a campagne di scavo autorizzate dal Re, si sviluppò una parallela attività illegale, gestita da “tombaroli”, che portò alla depredazione delle tombe, alla vendita dei reperti sul mercato nero e alla disgregazione degli antichi corredi funerari.
L’arcidiacono Giuseppe Caputi, intorno al 1830, diede avvio alla collezione di famiglia, selezionando i soli vasi che i suoi fondi restituivano, volendo salvaguardare il patrimonio archeologico ruvese. La sua “missione” fu gestita, poi, dal nipote Francesco, che incrementò e ordinò l’intera collezione, conservata all’interno di Palazzo Caputi. E questa collezione, ora, è di Intesa Sanpaolo.
“Le ambre della principessa. Storie e archeologia dall’antica terra di Puglia”
Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari, Vicenza
COSTO DEL BIGLIETTO: intero € 5, ridotto € 3, gratuito per le scuole e nelle prime domeniche del mese
TELEFONO PER INFORMAZIONI: 800.578875
E-MAIL INFO: informazioni@palazzomontanari.com
SITO UFFICIALE: http://www.gallerieditalia.com