Attualità

LA PASSIONE DEI “SS. MISTERI”

Cleto Bucci delinea una descrizione approfondita riguardante i “SS. Misteri”.

Tra le statue che rievocano la Passione di Cristo, quella del “Cristo Morto” era considerata, un tempo, la più importante.

Lo si deduce, infatti, da un documento della Confraternita del Carmine, risalente al 2 aprile 1876, che assegna gli undici simulacri, facenti parte de “I Misteri”, ai portatori delle quattro Congreghe locali secondo il seguente ordine:

  1. “Gesù nell’orto”e “San Pietro” ai Confratelli del Carmine;
  2. “Gesù alla Colonna” e l’“Ecce Homo” ai Confratelli della Purificazione – Addolorata;
  3. “Gesù al Calvario” e la “Veronica” ai Confratelli di San Rocco;
  4. “Gesù Crocifisso” e “San Giovanni” ai Confratelli del Purgatorio;
  5. “Cristo morto” ai Confratelli delle quattro Congreghe;
  6. l’“Addolorata” ai Confratelli del Carmine;
  7. il “Legno Santo” a due amministratori di ogni Congrega e ai quattro sacerdoti “i quali dovranno realmente portarlo a spalla, vietandosi assolutamente di poggiare la mano sulla base di legno”.

Quello appena letto è un ordine che riflette il prestigio e la rilevanza attribuita ad ogni simulacro. Il fatto che la statua di “Cristo Morto” fosse portata da esponenti delle quattro Congreghe è indicativo della sua maggiore importanza rispetto agli altri dieci simulacri.

Tra l’altro, la statua è stata restaurata di recente svelando nuovi scenari. Il titolo, chiodato sul cuscino e posto lateralmente alla testa del “Cristo Morto” non riporta la scritta “INRI” che si leggeva prima del restauro. Eliminate le ridipinture, è apparsa un’accurata iscrizione che riporta fedelmente il passo del Vangelo di Giovanni “Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce. Vi era scritto: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”. Molti giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco …”.

Non è possibile, purtroppo, conoscere con certezza il nome dello scultore, nonostante alla base della statua si intravedano parti di lettere dipinte. Alcuni studiosi, anche se altri non sono d’accordo, ipotizzano trattarsi di Filippo Altieri che ha realizzato, per la chiesa del Carmine, “Gesù al Calvario”, “Ecce Homo” e “Gesù alla Colonna”. Un’altra ipotesi, non da tutti accreditata, è quella che fa riferimento a Nicola Antonio Brudaglio, artista andriese del XVIII secolo.

La statua di “Cristo al Calvario”

La sera del Venerdì Santo, in paese, non furono accesi i lampioni delle strade ma su tutti i balconi apparvero lumini colorati, come se dal cielo fossero cadute le stelle. In fondo alla strada si udivano intanto i lugubri colpi del gran tamburo che annunciava la processione[…]Via via che si avvicinava, si susseguiva l’accensione dei lumi di mano in mano tra i fedeli. […]Apparve la prima statua di “Gesù nell’orto”. Alla vista della prima immagine tutti nel nostro balcone si inginocchiarono e la fissarono con occhi lacrimosi. Seguivano altre statue e la processione si allungava perdendosi all’altra estremità della via. Al “Cristo che sale il Calvario” (in veste scarlatta resa scura dai fumi delle candele) seguiva un uomo scalzo, anch’egli con una pesante croce sulle spalle che trascinava a stento. Si accodava una lunga colonna di donne piangenti con le facce ingiallite dalla luce dei ceri”.

E’il passo di uno dei tanti articoli scritti, tra il 1935 e il 1938, da Domenico Cantatore per il quotidiano milanese “L’Ambrosiano”. E’ un brano che rievoca le struggenti emozioni di un fanciullo nel veder sfilare la processione dei Misteri di Ruvo di Puglia.

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