LA LETTERA DI UNA FIGLIA DI UN IMPRENDITORE TERMOIDRAULICO AI TEMPI DEL COVID-19
Riceviamo e pubblichiamo il pensiero di una giovane cittadina ruvese, figlia di un imprenditore termo-idraulico, che si è rivolta alla redazione di Ruvesi.it per commentare questa emergenza che sta mettendo in ginocchio tantissimi settori.
“Inizio premettendo che esempi e situazioni a cui si fanno riferimento sono a puro scopo descrittivo, non per offendere o screditare qualcuno. Leggo molti commenti sgradevoli per le persone che da lunedì 4 maggio hanno ripreso a lavorare e tra queste c’è anche mio padre.
Molti di voi si lamentano, gridando all’ingiustizia: ”il 4 maggio o tutti o nessuno”. Mio padre è un imprenditore termo-idraulico e differentemente da altre categorie, non ha un’entrata fissa, manda avanti una azienda con tutte le tasse che ci sono e il cappio al collo quale quello degli “studi di settore”.
Nel 90% dei casi, non lavora a cliente per un arco di tempo di un ora o due, per riscuotere subito dopo. Quindi vi rincuoro: lui che è ripartito lunedì, non riscuoterà nemmeno per l’inizio di giugno e in alcuni casi potrebbe volerci pure un anno o più.
Il cliente decide se e quando pagare, quando può e, diciamolo pure quando si ricorda, dal lavoro più costoso a quello che lo è meno.
Eppure, mio padre deve pagare il materiale, pagare le tasse, se c’è pagare l’operaio, mandare avanti una famiglia e nel frattempo, in alcuni casi, cercare di mantenersi il cliente, che nonostante i precedenti accordi, vuole imporre un nuovo prezzo.
Lo Stato chiede, ma a quelli come mio padre non concede un bel niente. I 600 euro di marzo ci sono stati erogati (so di chi non ha ricevuto ancora nulla e me ne dispiace) e a prescindere dagli altri se arriveranno o meno, le tasse ci sono e ci saranno. Non è giusto che oggi se ne debba sentir dire di tutti i colori, mentre è il primo che si mette nei panni di chi purtroppo dovrà tenere ancora chiusa la propria attività.
Perché qui sta la debolezza di questo popolo: il non essere unito e solidale nelle battaglie che contano.
Penso che lamentarci ora di questa situazione, che non è dipesa dal Conte di turno o da falsi complotti, ci faccia essere un po’ come i nostri politici : parlano e si scaldano tanto tra loro per poi attuare nulla di concreto. Questa Nazione chiede troppo per aprire una attività e mandarla avanti è quasi impossibile!
Piuttosto che metterci l’uno contro l’altro, quando tutto questo sarà finito, dovremmo attivarci tutti insieme per far sentire la nostra voce anche seguendo l’esempio recente della Francia; perché non si può continuare a lavorare per mantenere lo Stato, le banche e chi voglia di rimboccarsi le maniche proprio non ne ha.
Le disparità non ci sono ora in tempo di pandemia, ma ci sono da sempre, ahimè a chi troppo e a chi nulla.
Poi, vorrei ricordare a chi giustifica quelli che lavorano a nero: quello che loro non pagano, lo paga al triplo chi è onesto!
Ora, preoccupiamoci di rispettare al massimo le normative inerenti alla convivenza con il virus, che della fase due non è stato avvertito continuando a circolare tra noi e ribelliamoci domani quando qualcuno si permetterà di associare il termine “tagli” a quelli di “Sanità e Ricerca” perché avere un sistema sanitario gratuito ,ma avere reparti o interi ospedali chiusi con macchinari moderni e mai usati, è ridicolo solo a pensarsi“.