LA DIOCESI RICORDA MONS. MARTELLA
Domenica 4 luglio, alle ore 20.00, in Cattedrale, ci sarà la concelebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Domenico Cornacchia, con la partecipazione del Capitolo Cattedrale, del Clero cittadino, delle autorità civili e militari e di una rappresentanza delle Confraternite e del popolo, in onore di San Corrado.
Sarà anche l’occasione per fare memoria del sesto anniversario della morte del compianto Vescovo S. Ecc.za Rev.ma Mons. Luigi Martella, avvenuta il 6 luglio 2015.
Luce e Vita lo ha ricordato sul n.26, con le parole del suo segretario don Luigi Amendolagine.
Nella celebrazione eucaristica, memoriale della passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, non ricordiamo semplicemente un evento passato, seppur importante. Per opera dello Spirito Santo siamo resi contemporanei ad un evento di grazia unico e irripetibile. Fare memoria dunque per noi cristiani non significa soltanto portare alla mente qualcosa di passato che non c’è più, ma è renderlo presente perché continui a vivere oggi, con noi, in questo preciso istante.
Ricordare un uomo, un padre, un pastore, come mons. Luigi Martella, quindi, non può essere semplicemente uno sforzo mnemonico e intellettuale. Richiede la capacità di vivere oggi quei valori e quei vissuti che egli ha testimoniato con la sua fede e il suo ministero. Forse oggi avremmo bisogno di recuperare quella discrezione che lo contraddistingueva, tante volte confusa con la timidezza, che in realtà non gli apparteneva. Essere presenti con leggerezza, senza fare tanto rumore, nella vita delle persone a noi affidate è senz’altro un insegnamento da celebrare, tutti i giorni. Essere come un padre, che con coraggio lascia che il figlioletto compia i primi passi, anche a rischio che cada e si faccia male, ma sempre presente per intervenire con prontezza per evitare il peggio. Dare la giusta distanza, non per paura di “immischiarsi” nelle vicende altrui, ma con la consapevolezza di chi sa attendere il suo momento, il suo spazio, il suo compito. Saper osservare con oculatezza e precisione, dando all’altro tempo e modo per esprimersi prima di dare “giudizi” affrettati.
Osservare e custodire per dire la cosa giusta e al momento giusto, con parresia e anche un pizzico di ironia per stemperare situazioni delicate e complicate. Avere l’occhio del pastore significa saper andare con lo sguardo oltre gli orizzonti sconfinati del pascolo, senza perdere di vista chi ti è vicino, che è lì con i suoi bisogni e i suoi tormenti. La prudenza poi, non è la scusa di chi ha paura di compiere scelte, di chi è lento nei processi decisionali, di chi teme il giudizio altrui prima di fare un passo, ma è la virtù di chi dà importanza alle persone che gli sono affidate, di chi è attento al peso delle parole, di chi è consapevole della responsabilità personale sulla vita degli altri.
Io penso che abbiamo bisogno di queste doti per essere accompagnatori che hanno a cuore la vita degli altri, più che la propria “fama”.
Don Gino era una persona con “competenza adulta”, non semplicemente un adulto. Non basta l’età per essere adulti, non sono sufficienti nemmeno i capelli bianchi. Essere consapevole della propria missione, viverla con abnegazione, lasciare che il nuovo emerga senza soffocarlo, impegnarsi dietro le quinte senza attribuirsi meriti altrui, tessere una rete di relazioni positive per il bene di chi ti è affidato, smussare i propri limiti per non “intralciare” il percorso di chi incontri sul tuo cammino, essere liberi e non possessivi, provare ad immaginare come il nuovo possa crescere, mettere a disposizione i tuoi carismi perché l’altro emerga.
Credo che queste siano alcune delle caratteristiche che dovremmo celebrare, provare ad imitare, vivere, e non solo ricordare, di chi ci ha generati e ci accompagna sempre.