LA DENUNCIA DEL SAPPE: “ALTRO DETENUTO SUICIDA IN PUGLIA”. ERA COINVOLTO NELL’OMICIDIO DI TERLIZZI
A riportare l’attenzione delle istituzioni sull’annoso problema dei suicidi in carcere è ancora una volta il Sappe, il sindacato di Polizia Penitenziaria. «Ma è possibile che in un cosiddetto paese civile ci si indigni per un animale maltrattato, e nessuno si preoccupi di affrontare seriamente il problema delle carceri, diventate ormai una discarica sociale ove buttare le anime ed i corpi degli ultimi, dei pazzi, dei diseredati -scrive in una nota il segretario nazionale Sappe, Federico Pilagatti -. Era stato portato in carcere nella serata di ieri 27 giugno, il detenuto trentenne della provincia di Bari condannato per omicidio (fine pena 2042) con problemi psichiatrici, che questa mattina si è impiccato alla finestra della propria stanza dopo aver annodato le lenzuola alle inferriate. Lo stesso era stato allocato nell’inferno del carcere di Bari, che è diventata la sezione ex femminile chiusa per inagibilità, ma riaperta per l’emergenza covid e poi diventata la discarica dei detenuti psichiatrici».
L’uomo era stato condannato fino al 2042 ed era coinvolto nell’omicidio del ruvese Pino Di Terlizzi, freddato all’interno della sua salumeria.
Proprio il Sappe, nelle scorse settimane aveva prima chiesto all’amministrazione locale e regionale di chiudere quella sezione, e poi aveva denunciato ai mass media le pessime condizioni igienico sanitarie e gli ambienti fatiscenti in cui si ritrovano i detenuti, quasi tutti con problemi psichiatrici, abbandonati a se stessi. «Che quella sezione fosse diventata un lager non lo ha denunciato solo il Sappe, ma anche i medici psichiatri che lamentavano il fatto che non era corretto ammassare i detenuti psichiatrici in quel reparto (poiché gli altri detenuti non li volevano nelle loro stanze) , poiché è impensabile curarli con le sole terapie, senza poter accedere ad un minimo programma di trattamento – è scritto nella nota del sindacato -. Ci dicano i vertici del carcere di Bari , se lo sanno, a quale trattamento vengono sottoposti i detenuti con patologie psichiatriche. Di fatto la sezione ex femminile fatta chiudere dal DAP poiché inagibile e pericolosa, è diventato il piccolo manicomio del carcere di Bari con un solo poliziotto a gestire la situazione . Nei giorni scorsi i vertici del carcere di Bari hanno informato del loro difficile lavoro con tutte le problematiche collegate al sovraffollamento e carenza di poliziotti, “dimenticando” però di segnalare quello che accade in quella sezione che doveva essere chiusa da tempo. Il Sappe diffida perciò l’amministrazione penitenziaria nel praticare il solito gioco di scarico di responsabilità, per poi incolpare i poveri poliziotti costretti a lavorare in quel reparto in una situazione di emergenza sia per quando riguarda le condizioni igienico sanitarie, sia per la tipologia di detenuti abbandonati da tutti al loro destino».
«Vorremmo infine capire – conclude Pilagatti – il perché la senatrice Cirinnà (ed i professionisti del carcere), invece di riempirsi la bocca dell’ articolo 27 della costituzione per la rieducazione che nei fatti non esiste, oppure di preoccuparsi delle casette dell’amore per malavitosi, non si preoccupa di assicurare condizioni di vita dignitose e di cura ai detenuti affetti da problemi psichiatrici, a quelli che hanno patologie anche gravi che non vengono curati adeguatamente, nonché a tutti quei detenuti che vorrebbero avere la possibilità concreta di reinserimento».