Ruvesi

LA BOTTEGA DI FELUCCIO DAGLI INEBRIANTI PROFUMI SOPRAFFINI

Erano gli anni del boom economico, quelli che avrebbero segnato il passaggio dal secondo dopoguerra alla prima repubblica e anche Ruvo, più lentamente certo rispetto alle grandi realtà italiane, si metteva al passo con i tempi. Il decisivo aumento del tenore di vita, unito altresì ad uno smanioso anelito di rinascita, incoraggiava un paese come il nostro, da sempre tacciato di taccagneria, a spendere presso ottime botteghe che  si annidavano perlopiù nel centro storico.

Qui, un uomo sorridente dai folti baffi neri lavorava assiduamente nel suo negozietto, tutto a conduzione familiare, coadiuvato da apprendisti che imparavano il mestiere. Così il suo esercizio commerciale situato in Via De Gasperi, dove attualmente sorge una gioielleria, veniva preso d’assalto da frotte di ragazzini che, dopo un’interminabile partita di pallone, desideravano rifocillarsi con soffici pagnotte sfornate dal vicino panificio e farcite con deliziosi abbinamenti da chi, come lui, conosceva bene l’antidoto per placare la fame di una banda di scalmanati.

Raffaele Lamura, meglio noto con il simpatico diminutivo dialettale di Felucce, era un generoso salumiere che faceva della qualità un vero e proprio marchio di fabbrica, introducendo nel circondario prodotti che all’epoca erano sconosciuti o alla portata di pochi, tra i quali il vero prosciutto San Daniele, formaggi tipici come il taleggio e l’asiago o salumi pregiati quale il felino. Lo inorgogliva inculcare nei suoi clienti la certezza di trovare nel suo esercizio solo alimenti prelibati, ad esempio il vero ed originale, nonché molto apprezzato, Emmenthal svizzero.

Un carissimo ricordo che lega Feluccio alla sua terra risale ad alcuni decenni fa, precisamente agli anni 1958/ 1959. Per far sì che questa testimonianza rimanga impressa nella mente dei più giovani, è necessario immergersi nell’atmosfera di quegli anni lontani, quando non vi erano le comodità odierne e le uniche occasioni per uscire dall’onerosa routine lavorativa era l’osservanza delle tradizioni e delle feste comandate.

Alla vigilia di Natale era infatti d’obbligo uscire la notte verso le 3.00 per recarsi alla piazza del pesce dove si potevano ammirare le infinite varietà del pescato, in particolare l’anguilla comunemente denominata capitone. La gente si riversava lungo le strade del centro storico per ammirare lo sfavillio dei pochi negozi all’epoca esistenti. Spiccava per bellezza la bottega di Feluccio che, in quegli anni, decideva di adornare la porta di accesso mettendo in mostra un maialino, simile alla più nota porchetta, la cui originalità era messa in risalto da una lampadina che l’animale reggeva in bocca. La meraviglia che un tale spettacolo suscitava nei numerosi passanti, ravvisabile anche nei succosi commenti derivanti dal desiderio di gustare una leccornia mai assaggiata prima, arricchisce ancor di più il profilo di un uomo buono e prodigo di consigli nonché di un padre esemplare, mai dimenticato dai compaesani per la sua vita piena di sacrifici e altrettante ricompense.

A lui un ringraziamento speciale da parte di quanti hanno voluto gioiosamente rievocarlo con la lettura di questo approfondimento.

 

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