La “Banda” nei secoli, tra sacro e tradizione
La tradizione bandistica in Puglia risale alla seconda metà del ‘700, come riportato nel volume: “I Nomadi del Pentagramma” di Bianca Tragni edito da Libreria Peucetia, il concetto di banda è spesso associato alla quotidianità cittadina.
Basti pensare che la funzione comune delle bande (fine ‘700) era, oltre che l’andar in giro a suonare alle feste religiose (di qui anche il nome bande da giro) era quella di suonare nel proprio paese ai funerali e alle ricorrenze religiose e civili; ma non solo, anche l’aspetto d’intrattenimento era fondamentale tanto da spingere gli amministratori delle grandi città alla costruzione di strutture in ferro simili a delle cassarmoniche moderne, collocate all’interno dei giardini pubblici o delle “Ville Comunali”.
La banda da giro per lo più composta da popolani ha subito notevoli evoluzioni, passando da occasionali suonatori ad abili maestri, con la fondazione di scuole di musica e con la formazione di musicisti esperti.
La scuola di musica rubastina ha una storia ultracentenaria, le fonti la fanno risalire al 1871 circa, anno in cui si è tenuto il primo concerto bandistico, e nello stesso anno il Maestro Breazzano avrebbe dovuto cominciare a tenere corsi di solfeggio, strumenti ad ancia e bocchino.
Dalla ricostruzione egregiamente fatta da Vincenzo Anselmi e Cinzia Berardi, nel volume: “La Tradizione Bandistica a Ruvo di Puglia” Papageno Edizioni, si evince che la Scuola di Musica esisteva in funzione della “Banda”, scuola che nel 1892 venne affidata al Maestro Giacomo Signorelli.
I Maestri che si sono susseguiti alla guida della Scuola hanno da sempre lasciato nella storia un segno ancora vivo del loro operato, come la marcia funebre: “Povero Ettore” composta per la prematura morte del figlio del Maestro Francesco Porto, marcia che ancora oggi viene eseguita durante i riti della Settimana Santa.
Il successore del Maestro Porto (dopo le brevi parentesi dei Maestri: De Franceschi e Miglionico) fu Antonio Amenduni, insignito dell’incarico nel 1923. A succedergli nel 1948 fu il fratello Alessandro Amenduni che continuò a guidare la Scuola di Musica rubastina perseguendo il sentiero cominciato dal fratello. Ormai la Banda non era più un dopolavoro ma una vera e propria professione per i musicisti.
Il rinato concerto bandistico, ripristinato nel 1946, si affermò in buona parte della Provincia e in diverse parti d’Italia anche se nonostante i riconoscimenti e gli onori la situazione economica non era idilliaca.
Rinomato autore di musica vocale, strumentale sacra e profana, trascrisse sinfonie di Beethoven, Puccini e Verdi; ma le composizioni più famose ed apprezzate del Maestro Alessandro Amenduni sono le composizioni funebri, come: Eterno Riposo, Rassegnazione, Grande Perdita, e molte atre che ancora oggi risuonano durante la Settimana Santa.
Lasciato l’incarico per raggiunti limiti di età, Alessandro Amenduni viene sostituito il 1° febbraio 1970 da un altro celebre musicista, ricercato solista e fine compositore; il Maestro Basilio Giandonato.
La formazione dei musicisti continuava incessantemente, musicisti che cominciavano il loro percorso artistico nelle fila delle due Bande locali, una quella Comunale diretta dallo stesso Maestro Giandonato e l’altra la “Banna Salvaggia”, sorta negli anni ’60 e sotto la direzione del Maestro Alessandro Amenduni, che nel 1982 si sarebbe legalmente costituita con il nome di “Associazione musico-culturale Nicola Cassano”.
Il Maestro Basilio Giandonato compose numerose marce per la Banda dando vita così ad un ampio repertorio ricco di marce funebri e trionfali.
Alla prematura morte del Maestro (Roma 1986) il concorso per ricoprire l’incarico di direttore della Scuola di Musica andò deserto e per la prima volta dopo oltre un secolo la Scuola di Musica non aveva un direttore.
È nel 1992 che la Scuola di Musica cambia forma, viene affidata alla Cooperativa “Basilio Giandonato”, non più totalmente gratuita e svolge le sue lezioni in concomitanza col l’anno scolastico ministeriale.
L’attuale panorama bandistico locale è caratterizzato da diverse Bande, non più una banda comunale, ma un vero e proprio laboratorio sperimentale con diverse sfaccettature e diversi attori che operano nel mondo musicale bandistico.
Ampio spazio hanno, nella tradizione bandistica rubastina, le marce funebri che caratterizzano la Settimana Santa, un susseguirsi di concerti che prendono vita nelle Confraternite e non solo che ospitano nella settimana Pasquale le Bande, facendo tornare in auge la loro primitiva funzione, ovvero quella di portare la musica del popolo, al popolo e per il popolo.
Un articolo de: “La Gazzetta del Mezzogiorno” datato 1982, riporta uno dei primi (se non il primo) concerti di marce funebri tenutosi presso la chiesa di San Domenico alla vigilia della processione della Maria SS. Desolata il concerto, diretto dal Maestro Basilio Giandonato era composto da marce che spaziano da Verdi a Porto (Maestro della Scuola di Musica rubastina) Caravaglios, Cirenei, Vella, Bartolucci, i fratelli Amenduni nonché marce dello stesso Maestro e direttore d’orchestra.
La tradizione continua, la funzione dei “trombadori” (suonatori di tromba che nel Medio Evo andavano nelle piazze a divertire il popolo – da qui la derivazione della parola banda-) ha subito evoluzioni epocali, si è adattata, ha cambiato stili, generi e funzioni senza perdere la sua mansione primaria, quella di intrattenere.
Un viaggio nel tempo che si potrà ripercorrere alla vigilia del giovedì Santo, prima dell’uscita del corpo statuario degli Otto Santi, quando sul Sagrato della chiesetta di San Rocco, in Piazza Matteotti, l’orchestra diretta dal Prof. Simone Salvatorelli per il decimo anno eseguirà quelle marce funebri di compositori che hanno fatto la storia della Banda rubastina.
Biagio Cantatore